Carta Laniena: tre poesie di Franco Scataglini

 

 

Una quartina di questo libro dice un pezzettino di porto visto dalla finestra di casa nel grigio della sua fisionomia, opaco, come un frammento di mare morto che, pur di non andare anch’esso verso il silenzio, si chiama in poesia per consegnarsi all’evidenza oltre le trame d’uno scomparire eterno. Se in quell’immagine cogliamo quanto di più profondo è in essa, avvertiamo la paura relata ad un destino vecchio quanto il mondo che è solo di coloro ai quali è toccato in sorte di eclissarsi sotto lo sguardo ignaro di chi ha avuto i mezzi per continuarsi in altri lasciando traccia di sé.

Francesco Scarabicchi, dall’introduzione a Carta Laniena (Residenza Edizioni, 1982) di Franco Scataglini (1930-1994). Proprio da questo volume ripubblico tre poesie, a rinnovata testimonianza:

 

O cità, crucifisse

a ochi de poeta

estragne case, in seta

(come chi se confisse

 

da bregno siderale

su marciapiede cupo)

va i àngioli a lo sciupo

senza resiste.

 

Vale

 

come nodo scursore

che stròza la parola

al nasce scura in gola

(però senza dulore)

 

ogni lògo.

 

Ah le bare

vòte, de nisciun evo,

del cimitero abrevo

portato via dal mare

 

***

 

Omo che cade in mare

e che s’aprende a ‘n dio

(el franto remotare

sul niente del desio)

 

a fronte de le care

stelle, el zito brusio,

in ato d’afogare

vol compimento pio,

 

e poi, eco, sucede:

da longo el mare calvo

viene barche legere

 

piene d’ochi per vede

cristiani da pia’ in salvo

for da le mischie nere.

 

***

 

Tutta t’ha traversata

stanote, via de morte,

vita, la bondonata

de vechio ombra de sorte

 

con el glu glu de gola

da verso de picioni

-aborti de parola

‘ntra sordi cornicioni

 

e l’aria trasmeteva

lumi come cerase

a la sua angoscia abreva

‘nt’un tramestà de case

 

(forme de l’esistenza

comune, dolce modo,

sgramate a la violenza

come intonaco a chiodo).

 

La primordiale tara

del vive: sortì al niente,

pesci per la bogara,

sul fil de la corente,

 

omini soto al giallo

astro de l’agonia

spinti da dietro al vallo

dei persi – in atonia

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Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. È poeta, scrittore, regista, performer e redattore di «Nazione indiana». Ha co-diretto la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato La consegna delle braci(Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli), La specie storta (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano), L’Ufficio delle tenebre e il saggio Fossili di rivolta. Immaginazione e rinascita (Tlon Edizioni). Ha curato il progetto Ogni creatura è un popolo (NERO Editions)e per Argolibri, l’inchiesta letteraria La radice dell’inchiostro. La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. Con le sue opere ha partecipato a festival e spazi come Biennale Venezia College, Mostra internazionale del nuovo cinema, Rencontres internationales paris/berlin, Centrale Fies. È il vincitore di FONDO 2024 (Santarcangelo Festival), uno dei direttori artistici della festa “I fumi della fornace” e dei curatori del progetto “Edizioni volatili”. È laureato al Trinity College di Dublino e dottorando allo Iuav di Venezia.
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