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Overbooking: Andrea De Alberti

Nota di lettura

di Romano A. Fiocchi

La cospirazione dei Tarli. L’universo di Don Chisciotte ( Interlinea edizioni) può essere letto come una biografia poetica di Cervantes”, recita la quarta di copertina. Non è così, va oltre. De Alberti fa come il Pierre Menard di Borges: assimila Cervantes al punto di essere Cervantes, di parlare con i suoi fantasmi letterari, di sentire l’assenza della sua mano sinistra (di cui perse l’uso durante la battaglia di Lepanto), di immedesimarsi nel suo alter ego, Don Chisciotte. Con una differenza sostanziale. Menard riscrive il Chisciotte tale e quale l’aveva scritto Cervantes perché Borges, nel parossismo della sua finzione, gli attribuisce una conoscenza così meticolosa dell’opera dello scrittore spagnolo che l’unico risultato possibile di una riscrittura non può essere se non quello dello stesso Cervantes. Menard non copia il Don Chisciotte, lo riscrive uguale. De Alberti, al contrario, interiorizza l’opera di Cervantes immergendola nel proprio mondo poetico e inventa un nuovo Chisciotte: il suo. Dirò di più. Borges ci racconta l’esperimento riuscito di Menard ma non ce lo mostra, e il solo parlarne diventa un racconto di Finzioni (1944). De Alberti invece ce lo mostra, e ci fa comprendere il suo obbiettivo: essere Cervantes – e quindi Don Chisciotte – nel XXI secolo. E, soprattutto, esserlo nelle vesti di poeta.

Al di là di queste considerazioni, la Cospirazione dei tarli è un’interessante raccolta di brevi componimenti modulati su un numero di versi liberi che varia da uno a sedici. Molte le analogie strutturali e stilistiche con la precedente raccolta di De Alberti, Dall’interno della specie (Einaudi, 2017). A cominciare dal numero identico delle sezioni – sei in entrambe le sillogi, tutte contrassegnate da numeri romani – e dal numero delle liriche: quarantasette nella Cospirazione, quarantanove in Dall’interno della specie. Ma se nella raccolta del 2017 tutto gira intorno al motivo del ritrovamento dello scheletro incompleto di Lucy e sulle conseguenti tematiche antropologiche, con un distacco marginale dal tema che varia da lirica a lirica, nella Cospirazione il testo assume una maggior compattezza, una levigatezza di stile, come se il poeta lirico evolvesse in un poeta storico, meno introspettivo, che non guarda più ai fenomeni sociali contemporanei ma conserva il gusto per la citazione più o meno velata e la sottile ironia. Pronta, quest’ultima, a sdrammatizzare e alleggerire il concetto stesso di poesia. Lo sottolineano due versi simmetrici posti come paletti a delimitare l’inizio e la fine della silloge: “Don Chisciotte è un po’ di noia sotto il braccio” / “Cervantes è un po’ di noia sotto il braccio”.

Pochi i casi i cui torna il De Alberti più triviale di Dall’interno della specie, uno in particolare va citato perché di formidabile efficacia: (…) “mi trasferii a Valladolid e qui fui incolpato di un delitto; / rimasi cinque anni schiavo ad Algeri, / ma nel 1605 uscì il Don Chisciotte. / Adesso andate tutti affanculo. / Gridai in una giornata di sole / con la faccia rivolta al soffitto”. C’è poi tutta la serie di personaggi che il lettore del Don Chisciotte di Cervantes si aspetta di trovare: il buon Ronzinante, Aldonza Lorenzo alias Dulcinea del Toboso, Sancho Panza con la sua euforica agonia, sino agli immancabili mulini a vento, ai sentieri lunghi e caotici della Mancha, alle greggi che diventano eserciti arabi, ai burattini che si fanno demoni. Perché “la realtà ha sempre occhi rotanti”.

La cospirazione dei tarli è un libro curioso anche nel titolo, che si rifà a un verso della lirica dedicata a Francisco Pacheco, pittore che ritrasse gli spagnoli più celebri ma che non riuscì mai a terminare il ritratto di Cervantes. Colpa del rumore che proveniva dalla tavola di legno piena di insetti: “Ci mise della biacca e poi iniziò. / Mentre dipingeva sentiva ancora / la cospirazione dei tarli nel legno”. Ancora più curioso che gli stessi versi tornino nell’ultima pagina, appena prima del catalogo della collana, mascherati in un colophon di forma triangolare.

Ma la chiave di volta è in un verso che è in realtà una citazione o forse, direbbe Eliot, un frammento con cui De Alberti puntella le sue rovine: “Non fare mai entrare uno scrittore nella stanza di un altro scrittore, / perché o sarà molto infelice, o vorrà subito sedersi a quel tavolino. / (Cees Nooteboom a Argamasilla dove Cervantes / fu imprigionato per non aver saldato un debito)”. De Alberti vi entra, si siede, e diventa Cervantes.

 

 

 

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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