Marco Ercolani, «14 luglio 1929. Due lettere a Freud»

di Massimo Morasso

Oltre che facondissimo scrittore, Marco Ercolani è (stato) uno psichiatra (il participio fra parentesi non significa che è morto, ma, testiculis tactis, che è andato in pensione). Da sempre, però, alla sua prosa creativa non corrisponde la voce di uno psichiatra, ma, si direbbe, quella di un parapsicologo che parli sotto inquieta dettatura nel corso di una seduta medianica in cui lo spirito evocato… può essere chiunque. Beninteso, purché quel chiunque sia un uomo tormentato, o a volte addirittura dilaniato nel sottosuolo della coscienza, che il sensitivo medium ercolaniano “cattura” in qualche non-tempo della storia e trascina nel flusso etereo della sua visione – per ricomporla, frammento su frammento, nell’interminabile casa di parole piena d’anime che chiama a raccontarsi sulla carta.

Tramite il suo ultratrentennale tirocinio in più libri, e centinaia di voci, nella sua scrittura, fatta, per lo più, di segmenti eterogenei, Ercolani ha cercato interferenze e associazioni con l’urgenza inflessibile di un’ossessione, per far circolare una linfa impersonale. E lo ha fatto replicando in molteplici fogge una parola neutra, una parola- riverbero di una presupposta mescolanza autoriale, dove l’io parlante non parla mai per sé anche quando parla di sé, perché quel “sé” è già il “resto” del suo destino, per così dire, e l’io scrivente ha sempre il profilo di un intruso a malapena tollerato.

Ora con questo 14 luglio 1929. Due lettere a Freud, Robin edizioni 2022. Ercolani offre un iperbolico esempio dell’ampiezza del cerchio metapsichico che va tracciando col suo inesauribile gesto di frantumazione dell’io, e, di riflesso, della duttilità stilistica che gli consente la sua vocazione apocrifa, e si doppia. Scegliendo di immedesimarsi in due alter ego numinosi: Hugo con Hofmannsthal e Arthur Schnitzler; che coglie “per analogia” in un medesimo punto di massima crisi esistenziale – l’elaborata elaborazione del lutto per i suicidi dei figli Franz (von Hofmannsthal) e Lili (Schnitzler Cappellini) –, disegnando davanti ai nostri occhi due parabole interiori molto diverse eppure disperatamente convergenti nel “terzo” psicopompo Sigmund Freud, a un tempo deus ex machina e convitato di pietra nel singolare passo a due fra gli scrittori. Giacché, nella finzione del librino, è proprio il padre della psicanalisi il destinatario dei pensieri che Hofmannsthal gli avrebbe affidato in una lunga lettera di 50 pagine, il giorno dopo la morte di Franz, appunto il 14 luglio 1929 evocato nel titolo, e dei 30 racconti in forma di sogno che Schnitzler gli avrebbe raccontato, per iscritto, pochi giorni dopo.

In 14 luglio 1929 ogni blocco testuale è una scossa dei nervi, e fa breccia verso una zona d’ombra della psiche. Ercolani sa rendere credibile l’improbabile, e, a furia di invenzioni, coltiva con coerenza l’hortus apertus di una fantasmatica logopedia, che mette in pratica un salutare principio di pluralità della parola applicata alla scienza dell’anima.

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Bateaux Ivres Anonymes

di Igor Antonio Lipari
Sia detto a mezza voce: di recente in certi ambienti ben informati si sta facendo un gran parlare di una neonata start-up, i cui soci fondatori si nascondono dietro l'astruso nickname collettivo di "astemi"

Granchio reale

di Matteo Crescenti
Era figlio unico. Sin dai diciott’anni, aveva seguito gli affari dell'azienda e, data l’età avanzata dei suoi, si preparava all’imminente cambio di testimone. Ora arriva questo granchio blu e spazza via tutto

Entravo nella città di Roma, l’otto settembre del quarantatré

di Davide Orecchio
E così mi ritrovai condannato da me stesso a raccontare una storia piena di biografemi e date cubitali. Quell’8 (e 9) settembre 1943 a Roma fu uno dei pochi episodi che mi raccontò mio padre, sempre avaro riguardo al proprio passato

Monnezza

di Monica Pace
Raccogliamo anche davanti a casa mia, ma al Rosso non l’ho mai detto dove abito. Di solito iniziamo qualche strada più giù, dal vialone con gli alberi nel mezzo. All’alba ci stanno ancora le ultime puttane che battono, o che fanno colazione

Cosa stiamo facendo

di Paola Ivaldi
Rieccomi al Sangha. Riscopro quel tempo scandito solo dai suoni sublimi di natura, l’incessante frinire di cicale e grilli, richiami di uccelli in un gaio fraseggio noto ad essi soltanto. Ritrovo me stessa, mi sento a casa, felice di essere risalita al Pian dei Ciliegi per il mio secondo lancio nel vuoto

Nascita e morte del neo horror all’italiana

di Matteo Quaglia
Quello che posso aggiungere sul “filone cinema” è che di una tempesta di sabbia si può dire solo quello che ci è concesso quando il vento smette di vorticare e di sollevare i granelli, cioè che non ci si è capito un cazzo
davide orecchio
Vivo e lavoro a Roma. Libri: Qualcosa sulla terra (racconto, Industria&Letteratura, 2022), Storia aperta (romanzo, Bompiani, 2021), L'isola di Kalief (con Mara Cerri, Orecchio Acerbo 2021), Il regno dei fossili (romanzo, il Saggiatore 2019), Mio padre la rivoluzione (racconti, minimum fax 2017. Premio Campiello-Selezione giuria dei Letterati 2018), Stati di grazia (romanzo, il Saggiatore 2014), Città distrutte. Sei biografie infedeli (racconti, Gaffi 2012. Nuova edizione: il Saggiatore 2018. Premio SuperMondello e Mondello Opera Italiana 2012). Provo a leggere i testi inviati, e se mi piacciono li pubblico, ma non sono in grado di rispondere a tutti. Perciò, mi raccomando, non offendetevi. Del resto il mio giudizio, positivo o negativo che sia, è strettamente personale e assolutamente non professionale. Questo è il mio sito.
Print Friendly, PDF & Email
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: