Hölderlin: poesie della Torre

[Nella collana “Poesia” di Ponte Alle Grazie è uscito il volume con testo a fronte Poesie della torre (Turmgedichte) di Friedrich Hölderlin. Sono le poesie della follia scritte nel torrione da colui che Peter Szondi definisce “uno dei pensatori e degli estetologi più originali e significativi dell’idealismo tedesco”, e uno dei maggiori lirici dell’età di Goethe. Queste cinquanta poesie – già tradotte per Feltrinelli nel 1993 da Gianni Celati – sono oggi presentate e tradotte da Vincenzo Ostuni. Pubblichiamo qui alcuni testi, e un estratto dalla postfazione del curatore.]

.

di Friedrich Hölderlin

Traduzione di Vincenzo Ostuni

 

***

Se l’uomo è lieto che altro si può chiedere?

Che sia anche buono, che viva di virtù;

leggera allor sarà l’anima sua,

raro il lamento, e fede ancor concessa.

 

Vostro umilissimo

Hölderlin

[1823]

*

Veduta

 

Se gli uomini son lieti origina dall’indole

e dallo stare bene, ma dai campi la vista

degli alberi in rigoglio e il profumo dei fiori,

e il frutto dei raccolti che cresce ad essi giova.

 

Un monte cinge il campo, nel cielo sorge alta

l’aurora e l’aria, miti le vie sul piano vanno

lontane per i campi, e gli uomini sull’acque

nei luoghi ove si innalzano i ponticelli arditi.

 

Si trova anche memoria nelle parole umane,

il rapporto fra gli uomini i giorni di una vita

vale, per via dei luoghi e i beni in essi,

anche se pone a sé dotte domande l’uomo.

*

L’inverno

 

Quando neve più bianca adorna i campi

e sulla grande piana brilla più alta luce,

seduce già di lungi l’estate, e mite avanza

primavera, nel mentre l’ora affonda.

 

La visione è stupenda, l’aria fine,

è chiaro il bosco e nessuno percorre

le strade troppo remote, la quiete

rende tutto sublime, e però tutto ride.

 

Non riluce di fiori primavera

tanto gradita agli uomini, ma stelle

stanno nel cielo chiaro, e tanto s’ama

la vista quasi immota del cielo da lontano.

 

Come pianure sono i fiumi, forme

più nitide, pur sparse, la mitezza

del vivere permane, risalta la grandezza

delle città sulla distesa immensa.

 

[1841 ca]

*

Più alta vita

 

L’uomo trasceglie la vita e i suoi passi,

franco da errori conosce saggezza,

i pensieri e i ricordi che affondano nel mondo,

nulla gli guasta l’intimo valore.

 

La splendida natura abbellisce i suoi giorni,

lo spirito che è in lui spesso gli accorda

nuove ambizioni intime che al vero fanno onore,

più alta mente, questioni più rare.

 

Può allora egli conoscere il senso della vita,

il fine suo più alto e chiamarlo sovrano,

vedere atto all’umano il mondo della vita

e per più alta vita stimare l’alta mente.

 

SCARDANELLI.

[1841]

*

La primavera

 

L’uomo scorda i tormenti dello spirito,

fiorisce primavera, quasi ogni cosa splende,

il verde campo stupendo si stende

laggiù brillando il bel torrente scivola.

 

I monti se ne stanno tutti coperti d’alberi,

stupenda corre l’aria in spazi aperti,

l’ampia valle si espande per il mondo,

sulle colline poggia torre e casa.

 

In umiltà

SCARDANELLI.

[1841]

*

Veduta

 

Il giorno è aperto e all’uomo luminoso d’immagini,

quando il verde si mostra nella piana distanza

prima che s’imbrunisca la luce della sera

e tenui lumi spengano il fulgore del giorno.

 

Spesso pare celato, chiuso il cuore del mondo,

pieno di dubbi e oscuro il senso dell’umano,

ma la Natura splende e rasserena i giorni,

del dubbio è più lontana la livida domanda.

 

In umiltà

SCARDANELLI

24 marzo 1671

[1841?]

*

La veduta

 

Quando fugge dall’uomo la sua vita abitante,

lontano dove splende il tempo delle vigne,

rimane qui deserto il campo dell’estate,

il bosco di sé mostra scure immagini.

 

Che la Natura compia l’immagine dei tempi,

ch’essa rimanga mentre quelli passano, viene

da Perfezione, l’alto dei cieli splende agli uomini,

come alberi ravvolti da ghirlande.

 

In umiltà

SCARDANELLI

24 maggio 1748

|1843]

*

«Non mi accade nulla». Una nota sulle Poesie della torre

[estratto]

di Vincenzo Ostuni

(…)

Scrive su «foglietti» o ovunque gli capiti, ma ci rimangono di questo periodo quasi solo i cinquanta testi qui presentati e tradizionalmente annoverati fra le Poesie della torre (Turmgedichte), più qualche frammento in prosa; i testi rappresentano in maggioranza, contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, la seconda metà della residenza di Hölderlin nella torre, poiché spesso legati alle intensificate visite dei turisti o amici di cui sopra, che come abbiamo accennato gli chiedevano, come oggi chiederemmo un selfie, di lasciar loro qualche verso. «Debbo farli sulla Grecia, sulle stagioni o sullo spirito del tempo?» chiede Hölderlin: come vari testimoniano, compone spesso all’impronta e su richiesta.

Nei primi tempi, probabilmente, si trattava ancora di materiale legato all’incessante revisione del suo romanzo Iperione (di cui per tutti gli anni nella torre non fa che rileggere la prima edizione a stampa, per sé o per gli ospiti) e alle sue traduzioni da Sofocle; poi intraprende – attraverso transizioni – una nuova maniera, che recupera la rima e semplici schemi metrici: fra queste poesie predomina in senso quantitativo l’idillio naturale – nove testi sono dedicati alla Primavera, cinque all’Estate, due all’Autunno, cinque all’Inverno – e una visione della natura come immagine e culla di ogni virtù. Negli ultimissimi anni, le poesie vengono firmate per lo più «Scardanelli», cognome italiano inventato e di incerta origine, e recano in calce date fittizie, che si estendono – nei testi rimasti – dal 1648 al 1940.

(…)

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