trumperie

di Antonio Sparzani

Sono stato qualche giorno in un luogo di villeggiatura, sul lago Maggiore. Molto bello. Quasi tutte le scritte che informano i passanti sono in inglese, come se la maggior parte degli italiani sapessero quella lingua. Si potrebbero fare molti esempi imbarazzanti o ridicoli. Ma ce n’è uno che li sorpassa tutti, che non riguarda però, almeno speriamo, il Lago Maggiore, con le sue spiagge e le sue seducenti isole..
L’esempio è quello del rubicondo presidente del Grande Stato fonte di Giustizia e Libertà, sul quale ho già avuto modo di esprimermi qui e qui , con un aggettivo differente. Alludo al loro Donald, che di cognome fa, guarda caso, Trump. Non so quanti italiani sappiano cosa significa questa parola nella lingua che credono di sapere. E’ una parola che imparavamo, ai tempi miei (una settantina di anni fa) e nella nostra lingua, ben da piccoli, perché allora usava molto, anche tra i giovanissimi, giocare a carte. Quei vecchi giochi cui giocavano già i nostri nonni (e nonne), scopa, briscola, briscola chiamata e via dicendo. Bene, trump è l’equivalente inglese di briscola, con tutte le metafore e le allusioni che vi si possono attaccare.
Questa briscola che gli statunitensi hanno creduto di avere in mano, cui hanno deciso (stavolta – a differenza della prima nella quale numericamente aveva vinto Hilary Clinton – a stragrande maggioranza) di affidare le loro sorti, il loro futuro, sta rivelando la propria caratteristica fondamentale, la voglia di prendere, accompagnata da una continua, incerta ambiguità. Questa ambiguità dà spesso luogo a quelle che, sempre appunto in inglese, vengono dette trumperies, che guarda caso significa prevalentemente, malefatte, imbrogli e via dicendo.
Lui, da parte sua, ritiene forse di essere, contrariamente alle regole del gioco, una briscola non solo di denari, ma anche di spade, di bastoni, e di coppe. Invece è solo il due di coppe che è la briscola con meno valore, ogni altra carta di coppe la prende.
Bene, questo inimmaginabile personaggio che è riuscito ad avere abbastanza denari e abbastanza amici danarosi (che però pare che di recente oscillino parecchio, niente più tanta briscola) per arrivare a quella carica dalla quale molto si può ordinare e disfare – Truman, tanto per fare un esempio infame, ordinò l’atomica su Hiroshima e Nagasaki – pare a me invece non sappia mai bene cosa fare, forse l’unica che gli importa davvero è non perdere i suoi dollari. Mi capita di leggere quasi ogni giorno notizie contrastanti al suo riguardo: rispetto a Zelenski, a Putin, a Xi, a Netanyahu, perfino alla nostra Meloni che se l’accarezza ogni volta che lo vede, ma anche in questo caso, invece di carezze, ogni tanto suonano schiaffi; per non parlare poi dei dazi, sui quali non ha mai lo stesso atteggiamento: comprensivo e morbido (o morboso?), ruvido, incazzato, minaccioso, o talvolta perfino di quelli che dicono: fate quel che volete, io penso a me e faccio MAGA.
Chissà, molti prevedono che questo porterà alla fine del potere degli USA, molti pensano alla terza, e ultima, guerra mondiale, i più non pensano e questo è ciò che davvero permette le pazzie del potere di tutti coloro che ci governano.

3 Commenti

  1. Tra l’altro il nome Donald, di origine gaelica, significa “dominatore del mondo”…Non sarebbe meglio dotare le schede elettorali di appendici etimologiche? Onomastica for democracy

  2. Decimus Junius Juvenalis, Satura VI, 223.
    Questo, piuttosto, mi sembra l’uomo.
    Aggiungo che, non so se per piaggeria banale, tanto Google Translator che Bing Translator danno come traduzione di trump anche “vincente, vincitore, uomo di successo”. Sull’Oxford Dictionary questo significato non appare. Punto.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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