Tu che fai?

Disegno di Kika Bohr tratto da Le Monde, foto di Gaza di Jehad AlShrafi

di Antonio Sparzani
Tu, nelle vie della città dove, guardingo e ben armato, ti aggiri, vedi comparire, a un tiro di schioppo da te (guarda un po’ che espressione appropriata) un gruppetto di cinque persone, e tu sai con certezza, perché appartieni a qualche “servizio” e hai dei capi bene informati, che esattamente uno di loro è un tuo nemico mortale, ma non hai elementi per capire quale dei cinque sia. In ogni momento può accorgersi di te, ma sembra disarmato e in giro con amici. Tu lo vuoi morto, allora, col tuo potente fucile mitragliatore (molto meglio di uno “schioppo”), pensi che sia un’occasione d’oro e che fai?, spari a tutti e cinque, così sei sicuro?
Tu sei il pilota di un aereo, anch’esso ben armato, che stai sorvolando una città e i capi del servizio cui appartieni ti dicono che hanno saputo che, nell’ospedale Ariafelix che vedi poco distante, si è rifugiato, sperando nella protezione del luogo, un gruppetto dell’organizzazione tua nemica, che sarà in qualche stanza dell’ospedale. L’ospedale è ormai uno dei pochi ancora funzionanti nella zona e contiene molte dozzine di malati e malate, uomini, donne e bambini, di personale addetto alla cura e alla gestione dell’ospedale. Tu, nel tuo arnese volante, hai delle belle bombette che potrebbero radere al suolo l’ospedale in pochi minuti. Tu che fai? Ti porti verticale sull’obiettivo e lasci cadere bombe sufficienti allo scopo?
E così via, molte altre domandine dello stesso tenore in situazioni differenti, ma con la stessa scelta di fondo. Tu che fai? Molto di quello che accade dipende, come tutti capiscono, dalle risposte che vengono date. Il signor Benjamin Netanyahu, detto Bibi (pensano che faccia tenerezza?), ma certo non solo lui, possiede risposte chiare e distinte per “andare sul sicuro”, risposte ben diverse da quelle che darebbe il sottoscritto e spero molti di quelli che leggeranno questo.
Naturalmente (ma in quale senso “naturalmente”? È la natura umana che è fatta così? Domanda complicata cui varie risposte sono state date) non mancano esempi nella storia che conosciamo, di massacri, genocidi, distruzioni di massa, gli Armeni, i Catari, i Tutsi i primi tre che mi vengono in mente — ma non c’è che l’imbarazzo della scelta — con numeri di vittime colossali. Ma nel nostro caso c’è una caratteristica peculiare, si uccidono persone che proprio non c’entrano, solo perché sono “vicino” alle altre, quelle da eliminare.
Alla domanda “tu che fai?” ci sarebbero forse molte risposte possibili, ma ce n’è una radicale; “li uccido tutti, così son sicuro”.
Mi pare che l’evoluzione dei comportamenti in guerra sia nella direzione di dare la risposta radicale di Netanyahu e dei suoi sgherri. Come tutti han già detto mille volte i morti in guerra una volta erano prevalentemente militari, adesso sono prevalentemente civili, e non da ieri. Chi legga con attenzione una descrizione accurata del bombardamento di Dresda da parte dell’aviazione britannica sul finire della II° guerra mondiale non avrà dubbi. Per non parlare di Hiroshima e Nagasaki. Chi ha davvero il potere e i suoi esecutori, mediamente i militari, sembra abbiano una considerazione di “tutti gli altri” come di uno scalino più in basso dal punto di vista del valore della vita. Penso che su questo ci sia molto da meditare.

3 Commenti

  1. è tragico cliccare sul mi piace: ma vuol dire sono d’accordo con quanto leggo, della tragedia immane presente e altre passate sono al corrente. A proposito di bombardamenti della II guerra mondiale, come quelli citati, voglio aggiungere che, io, 83enne, sono “superstite” dell’ultimo bombardamento alleato su Torino, del 5 aprile 1945, quando una bomba sganciata da una fortezza volante USA scoppiò a pochi metri di distanza da mio padre, mia madre, e me, noi, distruggendo una casa vicina (con 29 morti). Dico io se era necessario ancora bombardare Torino quando i partigiani erano vicini alla data stabilita per entrare in città!!!
    ( tragico quanto basta ed espressivo il disegno di Kika Bohr)

  2. Alcuni ti dicono che anche dentro i neonati può nascondersi un futuro nemico, e tu che fai? non previeni il pericolo e distruggi anche loro?

  3. Grazie @Mario (siamo esattamente coetanei!) per il tuo commento di vita vissuta così simile agli orrori attuali. Grazie @renata, i neonati sono futuri palestinesi, mica li vorremo lasciar moltiplicare!

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antonio sparzani
antonio sparzani
Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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