Articolo precedente
Articolo successivo

Lavori in corso

Sonia Ciuffetelli 

Sic et simpliciter

Sic et simpliciter. Dicunt. Il nesso stroppio
sguidato franto. Obnubilato. Recessit.
Polveri infisse su sampietrini spaccati.
Di lavori in corso.
Sbotta il rumore in centro storico infranto.
I silenzi in notturna ballano.
Ciuffi di rabbia diventano protesi inalienabili.
Indistruttibili.
Passi e ripassi. Osservi.
Percorsi dei venti in vicoli ciechi. Sbarre.
Affacciarsi sull’ultimo mondo
aspirare ultime inalazioni di cantiere.
Puzzo di ferro, cemento in pelle umana.
Alcol e sangue. Calici.
Oltre la barricata. Topi e vuoti.
Forfetarie speranze, incalzano.
Provvedono.
Baratti di parole per un allarme in meno.
O in più.
Fughe in fabula. Radice.

 

 

 

 

Leggendario

Fintanto canto un tanto che serve.
Pensate inutili. Expedit.
Formulari.
Baubauli ricchi di carogne in bau maggiore.
Cangrandi senza scala.
Osti senza vini. Formule forate.
Al mondo in cu. (B)rioso sguardo.
Foglie umane in forme di zerbini.
Vieni a vedere vieni questa follia silente.
Specchi. D’Italia italiota pluriporca.
Panni al vento. Lingua approssimata.
Cultura zero in con-dotta. Adotta,
addotta, adducente sciatte parole
e spira il vento dal Gran Sasso.
Sesso in marcia sessista. Cultura in cu minuscolo.
Scolo d’ideologie in vapore.
Amminìstrati tu, se ce la fai.
Ah no? Re sia! Ma sono contro la monarchia.
E con chi stai? Con la noia degli analfabeti.

 

 

 

 

Tardi e ritardi

Impianto senza espianto.
Dunque? Pensaci.
Illo tempore potevo imboccarti.
Vorrei ancora. Tanto.
Ma il passo è lungo, il respiro allenato.
Frutti facili in marcescenza, caduti.
Così dentro alle cose. Esco.
Scatto e ritorno. Dentro.
Insieme abbiamo costruito il
paese dei balocchi.
Un balocco mondiale.
Tardi per capire, carpire ora il segreto.
Sul greto del fiume troppo a lungo
ho pianto. Non si aspettava sull’argine il morto?
Sbagliare prospettiva. Essere fuori luogo.
Appanna uno scorcio definisce i tratti dell’immaginazione.

 

 

 

 

Dillo perché

Non soccombere. Bombe che non bombano.
Minati territori; da sorvolare. Volat.
Neppure la mafia ci viene più in questa landa.
Chi resta chi scappa. Chi si incarta.
Retorici passaggi, litanìe logore.
Solo perché. Dillo perché.
Perché il monte è duro e il paesaggio brullo.
Perché l’acqua è lontana e i pesci estinti,
l’aria tersa e il cielo perfetto
la gente sana e il ghiaccio impietoso.
A cosa serve la terra se è dura e fredda
se il gelo brucia il verde.
La neve, uno sfondo. In fondo.
Ai progetti. Che non decollano.
Ognuno la sua Itaca, ognuno la sua guerra.
E un silenzio che ogni tanto si spacca.
Fende. Muove, ma non troppo.
Si arrende. Si riallinea alle attese.

 

 

 

*

I quattro testi fanno parte della sezione “Lavori in corso” inclusa nella raccolta di Sonia Ciuffetelli La farfalla sul pube (Arcipelago Itaca 2018). Il riferimento è al terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, anche se mentre leggevo, sbagliando, pensavo alla sequenza Amatrice-Norcia-Visso, di cui la fine dell’estate mi porta sempre gli echi; ma cosa non li porta, dopotutto, viste le macerie che ancora lì giacciono, il nastro segnaletico, le zone rosse, i divieti di ingresso, e il resto dei feticci degli eterni lavori. (rm)

2 Commenti

  1. Belle mi sono piaciute. C’è del lavoro intelligente sulla lingua: dal recupero di un latino da formula giuridico-ecclesiastica all’uso della punteggiatura franta che spacca il verso fino a un gusto per un’invenzione lessicale sobria e perciò efficace. Poi i poeti del terremoto prefigurano l’Italia intera e il vento dal Gran Sasso spira dappertutto.

    • Sì, Giorgio, il lavoro linguistico è centrale, le derivazioni stilistico-retoriche diventano la sostanza stessa di questi versi. Grazie per aver apprezzato. Un saluto, Sonia.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Pietro Polverini, La nostra villeggiatura celeste

È appena uscito, a cura di Francesco Ottonello, La nostra villeggiatura celeste. Dieci anni di poesia di Pietro Polverini (2012–2021), per Interlinea, nella collana LyraGiovani diretta da Franco Buffoni. Domani pomeriggio, 30 novembre, ci ritroveremo, con il curatore, Simone Ruggieri, Edoardo Manuel Salvioni, Virgilio Gobbi Garbuglia...

Una cantada

Di David Eloy Rodríguez, José María Gómez Valero, Alberto Masala e Lorenzo Mari.
Una cantada nasce come dialogo tra le forme della poesia e della musica popolare dell’Andalusia, della Sardegna e dell’Emilia-Romagna che – evitando una riproposizione puramente conservativa della tradizione o una velleitaria “andata al popolo” – ne evidenzi il portato critico e politico.

Spritz et circenses

di Paola Ivaldi
Dannati noi siamo abitanti di città
della notte abbiamo perduto le stelle
i cieli vuoti come fondali minimali
di miseri allestimenti teatrali.
Per sempre smarrite sorelle,
forse loro stanno a guardare
gran spettacolo, ora, essendo noi,
noi essendo, ora, quelli che cadono.

Un utile Decalogo per la Scuola del Pluralismo e della Libertà

Di Gian Nicola Belgire
Giunge dal Ministro, come rinfrescante toccasana, la nota 5836 del 7 novembre 2025 che invita gli istituti a garantire nei loro eventi la presenza di «ospiti ed esperti di specifica competenza e autorevolezza», per permettere il «libero confronto di posizioni diverse». Come possono i docenti italiani, fin qui dimostratisi inadeguati, far fronte? Viene in soccorso un agile vademecum, che qui mostriamo in anteprima:

Lackawanna (e altri fantasmi)

Di Isabella Livorni

beatatté che tieni un corpo giovane e forte
e fai tutto ciò che la testa ti dice di fare.
noi teniamo i pollici storpi e cioppi, le ossa fraciche
[...]
rintaniamo. ci strascichiamo.
dinanzi alla pietra impara.

Ox e Mandarin ‖ un rorschach

Di Milla van der Have, traduzione di Laura di Corcia

danzano piano fino al mattino
la musica come un tenero bozzolo
rotolando al centro della loro gravità

non si sono incontrati

ma si tengono stretti
renata morresi
renata morresi
Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: