Bacino 13

di Gianni Biondillo

Jon McGregor, Bacino 13, Guanda editore, 293 pagine, 2018, traduzione di Ada Arduini

Rebecca Shaw – per alcuni Becky o anche Bex – ha tredici anni ed è in vacanza con la famiglia in un rustico affittato nella pacifica campagna inglese. È inverno. Di lei sappiamo fin dalla prima pagina che se ne sono perse le traccie. Sparita, non si sa dove. Tutto il paese la cerca, per giorni, per mesi. Ma non se ne sa nulla. E nulla se ne saprà nei mesi e negli anni a venire, non ostante la polizia non dichiari mai chiuso il caso, non ostante le televisioni, i giornali, le ricorrenze, gli anniversari della scomparsa.

Bacino 13 di Jon McGregor è un romanzo retto su una scommessa difficilissima: avere una protagonista che non si vede mai, immobile al ricordo che se ne ha, che non si sviluppa, che non muta, che non si approfondisce. È una specie di descrizione di un’immagine sfocata. Rebecca, Becky, Bex, è un agente chimico che fa reagire la composizione sociale del borgo. È una sorta di fantasma, un espediente che permette a McGregor di raccontarci i cicli delle stagioni, la vita degli allevatori, la campagna piovosa, le brevi estati, i coetanei della ragazza scomparsa (che conosceva a malapena) che nel frattempo crescono, vanno all’università, si sposano. C’è chi chiude bottega, chi muore, chi divorzia, chi diventa genitore, chi arriva, chi se ne va. C’è la vita che prosegue. Tutto questo descritto con una scrittura asettica, senza “a capo” senza particolari interpuntazioni, senza virgolette che distinguono il dialogo dalla descrizione. Un muro di parole che rappresenta lo scorrere inesorabile del tempo.

Bacino 13 è un romanzo sulla dimenticanza, sul ricordo che si fa sempre più flebile e allo stesso tempo sulla misteriosa resistenza che può avere un avvenimento nella memoria collettiva. Come i bacini idrici del paese, che salgono e scendono in funzione della siccità, così la memoria si riattiva e si rispegne. Infinitamente, per altri tredici anni. Scoprendo che nella vita non c’è lieto fine, non c’è logica, non c’è soluzione. C’è solo vita.

.

(precedentemente pubblicato su Cooperazione, numero 15 del 10 aprile 2018)

articoli correlati

Iroko

di Simone Redaelli
Le mattine che usciamo di casa assieme, è ancora buio. Se è inverno, come oggi, troviamo il furgone pieno di ghiaccio. Io entro e mi siedo al mio posto. Papà apre la portiera del guidatore, mette in moto, e la richiude.

Thrilla in Manila

di Gianluca Veltri
Cinquanta anni fa, il 1° ottobre del 1975, si tenne a Manila, tra Joe Frazier e Muhammed Alì, l’incontro di box più drammatico che si ricordi. Terzo e decisivo appuntamento tra due rivali acerrimi.

Via dalla pazza folla olimpionica

di Gianni Biondillo
A Milano le olimpiadi invernali che si inaugurano fra tre mesi sembra che interessino a nessuno. Non c’è più alcun cuore di milanese che batte all’avvicinarsi di questo evento globale. Cos’è successo?

Vi avverto che vivo per l’ultima volta

Gianni Biondillo intervista Paolo Nori
Dopo il 24 febbraio 2022 mi è sembrato chiarissimo che la vita di Anna Achmatova, la società crudele, orribile e insensata nella quale viveva erano molto simili alla nostra.

Milano, a place to bye

di Gianni Biondillo
Fossi ricco sarebbe bellissimo vivere a Milano. “Portofino è a due ore di macchina; in 45 minuti si può pranzare sulla terrazza di Villa d'Este sul Lago di Como; e in tre ore si possono raggiungere St. Moritz, Megève o Verbier”. Il problema è che non sono ricco.

Quell’amore lì

di Linda Farata
Da ieri è in libreria il romanzo d’esordio di Linda Farata, autrice che qui su Nazione Indiana abbiamo già conosciuto, in quanto partecipante (e finalista) del concorso “Staffetta Partigiana”. Con vero piacere pubblico un estratto dal romanzo, ringraziando l’editore che ce lo ha concesso.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: