di Stefano Gallerani
Già a partire dal titolo – Era mio padre (Fazi Editore, “Le vele”, pp. 281, € 16,50) -, l’ultimo libro di Franz Krauspenhaar si pone di prepotenza, quasi violentemente, di fronte al suo tema, evidente al punto da rendere inevitabile e pressoché automatico il richiamo a quella gran parte di letteratura contemporanea ispirata dalla morte di un genitore (in ordine sparso e fuori di qualsiasi gerarchia, i primi nomi che vengono in mente sono quelli di Handke, Camus, Gadda, Le Carré, Simon e Ernaux). Ma se la tradizione principale di questo “filone”, almeno così come è proseguita, ad esempio, nel romanzo americano contemporaneo (Moody, Antrim e Lethem, tra i più recenti), si confronta e riferisce soprattutto della perdita della madre, Krauspenhaar, piuttosto, quasi assecondando, sul piano letterario, l’inclinazione delle proprie origini, si muove sul terreno di quella che in Germania è stata raccolta sotto il nuovo conio di Väterliteratur, ovvero “letteratura dei padri” – nonostante il diverso investimento e il diverso valore che assume, in lui, il punto in cui si intersecano esperienza individuale e Storia collettiva.










di Gianni Biondillo


