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Il ricettario del Signor G.

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di Elio Paoloni

gestalt.jpgMa cos’è la destra? Cos’è la sinistra? Contrapposti menu, separate vacanze, inconciliabili guardaroba, insinuava Gaber. Di sicuro le differenze più appariscenti sono queste (erano, anzi, perché recenti look dalemiani hanno rimescolato le carte). Dovrebbero essercene di più sostanziali: la sinistra difenderebbe gli interessi dei ceti più deboli (con riforme e innovazioni), la destra gli interessi delle classi alte e insieme i valori tradizionali. Pare che non sia esattamente così, ormai: le spinte progressiste nel costume sono ampiamente trasversali, e succede addirittura che la destra proponga innovazioni e la sinistra si arrocchi sull’esistente. Il progresso non si capisce bene chi lo avversi di più: i rivoluzionari guardano indietro con occhi pieni di nostalgia, un “governatore” di destra sponsorizza il Gay Pride.

Viaggio in Argentina #8

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di Antonio Moresco

Monzon2.jpgSanta Fe
Sveglia prima dell’alba, dopo pochissime ore di sonno. Il tempo è cambiato. Il cielo è tutto nero, piove, la temperatura si è abbassata di colpo di dieci, quindici gradi. Guardo, dall’altra parte della ringhiera, le mie mutande e le mie canottiere stese, che ieri avevo lavato con un pezzo di sapone e appeso a un filo con le mollette. Inutile ritirarle. Sbattono fradicie d’acqua, per il vento. Vado a svegliare Giovanni, bussando alla sua porta. Dall’interno sento venire un grugnito. La macchina che ci deve portare all’aeroporto è già ferma di fronte al nostro hotelito. L’uomo che la guida entra, anche se è ancora quasi notte, sale le scale, per accertarsi che i viaggiatori ci siano davvero, che la prenotazione non sia una fregatura. Giovanni si spiccia, in cinque minuti è pronto, ficca le macchine e gli obbiettivi dentro il suo sacco. Non è in mutande, oggi si è messo un paio di calzoni al ginocchio, alla pescatora, ha i soliti infradito ai piedi. Mentre scendiamo lungo le scale fa dello spirito sul mio bucato, dice che quelli di Mantova stendono sempre la biancheria quando piove…

L’Italia e il furore civile degli scrittori

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di Carla Benedetti
images.jpgGli scrittori italiani non sanno raccontare il mondo in cui viviamo. Gli scrittori italiani sono pieni di intelligenza e talento ma tra di loro non c’è nessun Wallace, nessun Houellebecq, nessun Palahniuk, nessun De Lillo. Gli scrittori italiani sanno solo ricamare romanzetti. Gli scrittori italiani sono “tanti Del Piero che giocano con le pinne, tanti Mike Jagger che cantano con la caramella in bocca”. Queste cose le dice lo scrittore italiano Mauro Covacich (“L’Espresso”,15 gennaio 2004), mettendo dentro anche se stesso.
Penso perciò che la sua sia un’esternazione accorata, espressa con dispiacere, probabilmente sgorgata da un’esperienza soggettiva di frustrazione. Ma basta l’accoramento a dare forza di verità a un cliché, a un pregiudizio?

Un romanzo è un apparecchio complicato

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di Maurizio Salabelle

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(Un anno fa moriva Maurizio Salabelle, classe 1959. Se è possibile essere amici senza frequentarsi mai, allora Maurizio era un mio amico. Un mio caro amico. La cosa più “insieme” che abbiamo fatto, oltre a nascere nello stesso anno, è stata quella di esordire entrambi per l’editore Bollati Boringhieri. Ci si sarà sentiti per telefono due o tre volte nella vita. In una di queste occasioni gli chiesi un intervento per la rubrica “Martin Eden” che allora tenevo sull’Indice. Un pezzo in cui esplicitasse qualche aspetto della sua attività di scrittore, della sua poetica. Lui mi mandò questa riflessione. Mi dicono che sia stata l’unica volta in cui Maurizio ha direttamente parlato della sua scrittura. Dario Voltolini)

Favola dell’amore inventato

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di Tiziano Scarpa

donnavetroC’era un mastro vetraio di Murano
che non sbuffava né ansimava invano.

Scolpiva l’alito dei suoi polmoni,
modellava sospiri e esalazioni.

L’anima in eccedenza espettorava,
sotto vetro il suo fiato imprigionava.

Infernotto

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di Guido Caserza

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UNO
(il berlusconi)

Ha il volto cotto, le ossa brulle ed aride
che alle reni tornano: per la fessa
del culo sputa e soffia come l’aspide
che dal merdone è stretto in strana ressa.
E come il serpe tratto dalla roccia
che guizza nell’arena arida e spessa
e s’intorce sui rocchi e contro coccia
al ferro, il rigattiere dallo strozzo
del casso s’erge e col collo s’alloggia
girando intorno al suo codino mozzo.

Appello

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Non abbiamo gli elementi per esprimere un giudizio approfondito sulla vicenda processuale che portò molti anni fa alla condanna all’ergastolo di Cesare Battisti, da quindici anni rifugiato in Francia. Né abbiamo alcuna comprensione nei confronti delle logiche del terrore di qualsiasi provenienza né insensibilità verso la sofferenza di coloro che ne sono stati e ne sono vittime.

Ma non ci sembra che vi sia giustizia nel sottoporre una seconda volta, dopo tanti anni, a una procedura di estradizione la stessa persona per la quale era già stata negata una prima volta. Sarebbe come portare di nuovo sul patibolo un condannato a cui all’ultimo momento si era deciso di commutare la pena.

Inoltre non ispira un senso di giustizia l’impressione che a dettare i tempi e i modi di questa operazione siano in realtà contingenze politiche interne, per di più da parte di un governo che, in questa stessa materia, si è generalmente distinto nella pratica dei “due pesi e due misure” (rogatorie, immunità parlamentare, rifiuto di ratificare il mandato di cattura europeo….) e nell’attacco frontale alla Magistratura del nostro paese.

Ci uniamo perciò all’appello rivolto alle autorità francesi affinché non si prestino a un gioco che più che agli interessi della giustizia e della verità sembra obbedire a logiche di altra natura.

Sergio Baratto, Carla Benedetti, Ivano Ferrari, Andrea Inglese, Helena Janeczek, Antonio Moresco, Aldo Nove, Tiziano Scarpa, Giorgio Vasta, Dario Voltolini

La religione di Gollum

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di Franco Del Moro

signgol.jpgEntro le prime 48 ore dall’uscita nelle sale, tutti i miei amici sono andati al cinema a vedere il Signore degli Anelli.
Ci sono andati quelli con e quelli senza figli, quelli che vivono in città e quelli che vivono in provincia, gli atei, i buddhisti, i cattolici e persino uno islamico; quelli che seguono le mode ma anche quelli che le evitano, quelli di sinistra, quelli di centro, quelli di destra.

Appello per la liberazione dello scrittore Cesare Battisti

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cesare-battisti-thumb.jpgDa Giuseppe Genna (www.miserabili.com) ricevo questo appello pubblicato anche su Carmilla (www.carmillaonline.com). T.S.

I servizi speciali francesi hanno arrestato lo scrittore Cesare Battisti, rifugiato in Francia ormai da quattordici anni. Su di lui pende una domanda di estradizione presentata dal governo italiano, sulla base di una condanna pronunciata in contumacia oltre un ventennio fa.
E’ bene ricordare che a Cesare Battisti fu concesso asilo politico solo dopo che un magistrato francese ebbe vagliato le “prove a suo carico”, e le ebbe giudicate contraddittorie e “degne di una giustizia militare”. A Battisti erano stati addossati tutti gli omicidi commessi da un’organizzazione clandestina a cui aveva appartenuto negli anni ’70, anche quando circostanze di fatto e temporali escludevano una sua partecipazione.
Dal momento della sua fuga dall’Italia, prima in Messico e poi in Francia, Cesare Battisti si è dedicato a un’intensa attività letteraria, centrata sul ripensamento dell’esperienza di antagonismo radicale che vide coinvolti centinaia di migliaia di giovani italiani e che spesso sfociò nella lotta armata. La sua opera è nel suo assieme una straordinaria e ineguagliata riflessione sugli anni ’70, quale nessuna forza politica che ha governato l’Italia da quel tempo a oggi ha osato tentare.
La vita di Cesare Battisti in Francia è stata modesta, piena di difficoltà e di sacrifici, retta da una eccezionale forza intellettuale. E’ riuscito ad attirarsi la stima del mondo della cultura e l’amore di una schiera enorme di lettori. Ha vissuto povero ed è povero tuttora. Nulla lo lega a “terrorismi” di sorta, se non la capacità di meditare su un passato che per lui si è chiuso tanti anni fa. Trattarlo oggi da criminale è un oltraggio non solo alla verità, ma pure a tutti coloro che, nella storia anche non recente, hanno affidato alla parola scritta la spiegazione della loro vita e il loro riscatto.
Certo, c’è chi ha interesse a che una voce come quella di Cesare Battisti venga tacitata per sempre. Chi, per esempio, contribuì alle tragedie degli anni ’70 militando nelle file neofasciste o in quelle di organizzazioni – clandestine quanto i Proletari armati per il comunismo – chiamate Gladio o Loggia P2, e sospettate di un numero impressionante di crimini. Chi fa oggi della xenofobia la propria bandiera. In una parola, una gran parte del governo italiano attuale.
Noi invece vorremmo che di scrittori capaci di affrontare di petto il passato come Cesare Battisti ce ne fossero tanti, e che i cittadini francesi capissero chi rischiano di perdere, per la vigliaccheria dei loro governanti: un uomo onesto, arguto, profondo, anticonformista nel rimettere in gioco fino in fondo se stesso e la storia che ha vissuto. In una parola, un intellettuale vero. Non era tradizione della Francia privarsi di uomini così, per farli inghiottire da una prigione. Ci auguriamo che la Francia non sia cambiata tanto da tacere di fronte a un simile delitto.
Sì, delitto. Avete letto bene.

Per aderire con firma a questo appello, inviate una mail a giuseppe.genna@fastwebnet.it. Le firme verranno pubblicate in calce all’appello su Carmilla.
Diffondete ovunque.

Intervista col contabile morto e un suo collega vivo

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di Helena Janeczek

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Si è suicidato uno della Parmalat. Non un manager, neanche un dirigente. Un uomo di quarant’anni con un figlio di quattro. Il mio quotidiano lo definisce “quadro alto”. Stipendio, scrive, di 2000-2500 euro al mese. E che andasse in ufficio anche nei weekend.
Nella foto tessera riprodotta sul giornale porta un cravattino che sottolinea un’aria mite e provinciale. Si è buttato giù da un ponte. Guidava una Fiat Marea.

Umana gloria

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valentino20021.JPGArrivano a piedi come gli dèi, stanno lì.
L’essere di qualcuno tra le case e io
con la mano cancello davanti
un ragnetto sul foglio,
niente non vuole dire se piango.

Luna, corridoio bianco, come ho corso!,
e nel vento sono ancora che mi porti, braccio, ramo
nel buio che si muove.
Come corro, come ride l’acqua
e tu mi guardi come qualcuno, perché sono qualcuno?
Corro nell’acqua increspata, cosa c’è
in questa musica visi, fisarmoniche e il volere andare,
e dopo il pianto grande la voce così bella
sai, dice, vieni, sono tutta nel sogno e tu?
Io, le mie scarpe le risa le travi dove?
sono qui i morti? sono qui?

da: Umana gloria, di Mario Benedetti, Mondadori 2004

Chiedo scusa se parlo di povertà

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di Beppe Sebaste

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Ho nella testa il brano di una lettera che il poeta Dylan Thomas scrisse a un amico, forse il suo editore. Alla fine si scusa di non poter affrancare la lettera (“non ho più un penny”) e saluta l’amico da parte della moglie, che “è giù alla spiaggia a cercare telline”. Per la cena.

“Macello” di Ivano Ferrari

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macello.jpgTutti in fila
nudi
appena sporchi di letame
attendono la perfezione
balbettando proteste
il più intrapendente sodomizza il compagno davanti
l’urlo che si alza è solo un anticipo
la rivoltella a pressione frena lo scandalo
ci sono vacche olandesi
torelli
e qualche cavallo.
_______________

Ho letto Macello di Ivano Ferrari.
E’ un libro spaventoso, assordante.
Qui sotto trascrivo altre due poesie e, in coda, come semplice ringraziamento per l’esperienza che Ivano Ferrari mi ha fatto vivere con il suo libro, incollo una pagina di appunti che ho scritto tempo fa, riflettendo sulla polluzione spontanea dei condannati a morte. (T.S.)

Un appello per Alda Merini

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merinig.jpgRicevo e pubblico molto volentieri questo messaggio di Paolo della Bella (db@paolo.dellabella.name, http://www.paolo.dellabella.name). T. S.

Cari amici,
vi prego di inviare questa mail a: sindaco.albertini@comune.milano.it

SIGNOR SINDACO, AIUTI ALDA MERINI.
La poetessa Alda Merini sta attraversando un altro momento drammatico della sua esistenza. Non è più autosufficiente.
Vive con il minimo di una pensione e ha bisogno di una persona che abbia cura di lei in ogni momento della giornata.
Vive e ha sempre vissuto di poesia.
Una città come Milano non può dimenticarla.
Grazie

la vostra firma

Fatti diversi 3

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Fratello Ferrara, Sorella cultura (Trobadori Vari remix)

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Volentieri trasmettiamo

Serpeggia lo scontento
Al gran ricevimento:
S’ascolta Ceccatty
Raccontar l’ Italy,
Ma l’ausonio istituto
Intanto ha l’oste muto

L’ultimo nostos di Ulisse #6

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di Alessandro Garigliano

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Un altro tipo di osservazione è stata fatta, dal punto di vista mitico-letterario, da A. M. Morace, per il quale una volta “constatata la demitizzazione di quel mondo piscatorio che, idealizzato da ‘Ndrja, ne aveva originato il nostos”, ‘Ndrja verrebbe irresistibilmente attratto dall’affascinante “non vita sepolcrale”,(70) cioè dall’estrema possibilità di vivere nel mito.

L’ultimo nostos di Ulisse #5

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di Alessandro Garigliano

Catania0100.JPGPer comprendere il tema del viaggio che si compie in Horcynus Orca, riesce ancora una volta d’aiuto l’etimologia, estratta stavolta da W. Pedullà: “A sentire Alberto Savinio, ‘ uno dei probabili etimi di Mare, e proposto come tale da Curtius, è il sanscrito Maru che significa deserto, e propriamente cosa morta, dalla radice Mar, morire”.(61) Il trapasso dalla Sicilia al continente avviene per mare, quindi, potremmo dire, attraverso la morte, ma ciò che adesso interessa è che anche il viaggio di ritorno per riconquistare la propria terra, per appartenervi definitivamente, non può che essere “un viaggio per incontrare la morte”.(62)

L’ultimo nostos di Ulisse #4

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di Alessandro Garigliano

orca4.jpgQuando sotto le mura di Troia si doveva scegliere il modo di assediare la città, al fine di espugnarla, vi furono due punti di vista, due atteggiamenti esistenziali, archetipici: uno era il cavallo di Ulisse. Affrontare la dura realtà coi colori dell’intelligenza. Sfruttando l’astuzia penetrare la meta bramata. Vengono usate insomma le stesse armi della realtà multiforme e cangiante. Achille, invece, contrasta la realtà affrontandola di petto. Nel caos della guerra, Achille, si distingue perché non accetta compromessi. Non viene distolto dalla confusione della situazione eccezionale. Continua a credere nei valori assoluti, alti, che non si lasciano intaccare dalla volgarità della guerra, e della quotidianità in genere. Il muro di Troia, per Achille, deve essere abbattuto con la integrità ottusa che egli ha appreso dal passato. In questo senso, ‘Ndrja Cambrìa, affronta il viaggio di ritorno, la conquista del villaggio natale, allo stesso modo di Achille. Mentre “l’Odissea ci insegna ad accettare la realtà com’è: Itaca”,(52) Cariddi da ‘Ndrja è stata ricreata dalla memoria e dai sogni, ma nella realtà non esiste. L’Ulisse interpretato da P. Citati pare essere l’eroe della vita, che si adatta alla vita, che si fa contagiare dai fatti che la sconvolgono in continuazione, anzi il suo Ulisse non sa vivere senza di essa, non
accetta di sostare nella beatitudine di un mondo mitico senza tempo. Al contrario, ‘Ndrja, sembra stagliarsi in un’atmosfera solenne e romanticamente eroica, a cercare fortissimamente la fissità del mondo delle madri. Insomma, per noi ‘Ndrja è per molti sensi l’eroe della morte.

L’ultimo nostos di Ulisse #3

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di Alessandro Garigliano

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A proposito di nekuia, del senso simbolico del viaggio negli inferi che
attraversa il nostro romanzo, risulta affascinante considerare l’articolo di A.
Romanò. Se, come abbiamo sostenuto, il nostos del protagonista avviene in una
dimensione oltremondana, nell’unico luogo che può assolutamente offrire a chi ha il
privilegio di percorrerlo l’apprendimento della verità, se l’atmosfera in cui sono
immerse l’esperienze del protagonista rimanda alla dogmatica certezza dei sogni
profetici, allora ha ragione A. Romanò nell’ipotizzare che Horcynus Orca è tutto un
sogno:

L’ultimo nostos di Ulisse #2

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di Alessandro Garigliano

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Il viaggio di ritorno di ‘Ndrja è un ripiegamento e una fuga dal continente negativo alla positività dell’isola, dalla terra al mare, dalla guerra alla pace, dal presente della disfatta al passato di Cariddi. Ma attuandosi il viaggio il rapporto etico si ribalta. Passando dal tempo della memoria e della prospettiva mentale (speranza, volere, parole) al tempo dell’azione, l’eroe passa dal positivo al negativo, da un passato pieno di valori a un presente corrotto, dall’illusione giovanile a una breve e disillusa maturità subito seguita dalla morte. Si potrebbe dire che passando dalla fabula e dal linguaggio all’azione l’opera passa dalla sfera dell’epica a quella del romanzo, e accoglie il destino storico di quest’ultimo come rappresentazione dello scacco dell’individuo nella negatività del mondo.(24)

L’ultimo nostos di Ulisse #1

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di Alessandro Garigliano

orca1.jpg“‘Dove stiamo andando’, chiede Enrico di Ofterdingen, l’eroe dell’omonimo romanzo di Novalis, alla misteriosa figura femminile che gli è apparsa accanto all’antichissima rupe nella foresta, dove è diretto il nostro cammino? ‘Sempre verso casa,’ gli risponde la fanciulla, conducendolo a una larga e luminosa radura”.(1)

Iniziamo così il nostro viaggio attraverso Horcynus Orca, accompagnando il protagonista verso quella che sarà la sua unica possibile meta. Rilevando la pregnante etimologia classica del nome del villaggio natale di ‘Ndrja Cambrìa, protagonista del libro di D’Arrigo, E. Giordano dà una prima chiave per capire quale sarà il movente del viaggio e la meta ultima del libro: Cariddi, “colei che risucchia”, e al contempo ovvio “appellativo della dea del mare distruttrice”.(2) Ciò che caratterizza chi tiene con silenziosa tenacia la via che conduce a casa è una sorta di fede nella propria identità. Tale caratteristica accomuna l’eroe dell’Odissea a ‘Ndrja.