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La terza Murena: Miguel Torga

di Antonio Sparzani

Guardate e dite se non è di grande bellezza questa murena, sobria, bei colori, proporzioni perfette, radicata nella sua terra . . .
come, direte voi, radicata nella sua terra, una murena abita i fondali marini, è anzi un animale schivo che predilige gli anfratti rocciosi quando non si lancia nella caccia; ma no, non avete capito, non parlavo del pesce ‒ che però è bello la sua parte, Muræna helena lo battezzò Linneo nel 1758 (perdonalo cara Janeczek!) ‒ parlavo della nostra Murena, la terza, dopo il Rodefer e lo Schulze, che finalmente è venuta alla luce, linda e profumata come e più delle altre, sempre con la cura grafica inimitabile di Mattia Paganelli. Certo se volete vederla in copertina dovete cliccare qui sotto “leggi il seguito” e se soprattutto volete assolutamente possederla — e così sarà appena avrete finito di leggere qua — basta che vi abboniate (ad esempio qui dal colonnino di destra), così che riceverete in blocco anche le prime due; a meno che s’intende, non siate già abbonati e allora la state ricevendo, beate e beati, in questi giorni.
Il titolo del libro è L’universale è il locale meno i muri ed è davvero un titolo ben scelto, perché rivelatore dell’anima dello scritto. Qui non c’è una trama da svelare, non è che corro il rischio di farvi scoprire chissà quali segreti, questo è un inno d’amore, discreto ma di un’intensità inebriante, dell’autore, Miguel Torga, per la sua terra. La sua terra è la regione nord orientale del Portogallo che si chiama Trás-os-Montes, come dire “dietro le montagne”, alto corso del Douro, e quando si dice “dietro le montagne” si intende guardando dal mare, dove sta la maggior parte della gente lusitana, così che si tratta di una regione isolata dal mare e dai commerci da una catena di monti e perciò rimasta per secoli in condizioni di estrema povertà e arretratezza.
Miguel Torga è proprio questa apparente arretratezza che vuole riscattare e di cui vuol mostrare invece la grande dignità umana e la grande vicinanza a valori in altri luoghi già perduti.

Sul piano dei valori ideali, abbiamo i vizi e i difetti di tutti. Ma ci salviamo grazie al cilicio che portiamo affondato nelle nostre carni, grazie al modello etico che ci accompagna come un’ombra, e che ci fa guardare alle nostre e altrui imperfezioni con la severità di giudici implacabili. (p. 24)

Miguel Torga (pseudonimo di Adolfo Correia da Rocha), uno dei più grandi autori portoghesi del XX secolo, era nato il 12 agosto del 1907 a São Martinho de Anta ‒ appunto nella regione di Trás-os-Montes ‒ e morì a Coimbra il 17 gennaio del 1995. Laureato in medicina, esercitò la professione di medico condotto fino alla fine dei suoi giorni. Collaboratore della rivista modernista Presença (1929-1930) e direttore delle riviste Sinal (1930) e Manifesto (1936-1938), candidato al premio Nobel, Premio Camões nel 1989, per tutta la vita, in segno di totale autonomia, ha pubblicato in proprio le sue opere. Altri tempi, voi direte. Però.

Perché Torga? Cosa c’è di speciale in questo accorato grido di riscatto per la sua terra? Io l’ho capito a un certo punto della lettura, quando appare scritta la frase che è stata poi usata come titolo, mentre il titolo originale era Trás-os-Montes no Brasil, ancora più strano, “Trás-os-Montes in Brasile”: certo, qui sta la chiave del volume. A me ha fatto scattare un campanello nella testa, una lettura di un testo di Paul Feyerabend fatta qualche anno fa: nel suo ultimo volume, 1 scritto all’inizio degli anni ’90 (e di cui caldamente consiglio la lettura) Feyerabend ricorda la nuova proposta antropologica dello studioso messicano Renato Rosaldo 2 che propone, in polemica con le posizioni più conservatrici dell’etnologia tradizionale, un nuovo atteggiamento verso il complesso delle culture che si incontrano sul nostro pianeta: considerate tutte, dagli aborigeni australiani agli occidentali bianchi e tecnologizzati, su un identico sgabello di analisi. Rosaldo non crede alla dottrina antropologica ufficiale che ritiene che ogni cultura umana sia così unica che nessun metro possa misurare l’una con l’altra e che tuttavia mette ‒ tra le righe ‒ una scala di valori tra le diverse culture, ma sostiene al contrario che non abbia senso la nozione di “popolo senza cultura”, o di popolo con più o meno cultura di un altro, e che confronti e scambi non solo sono possibili e auspicabili, tra una cultura e l’altra, ma di fatto continuamente avvengono, anche attraverso numerose zone di concreta intermediazione e comunicazione.

Feyerabend, allentate assai le rigide posizioni sull’incommensurabilità tanto tra diverse teorie scientifiche quanto tra culture diverse che aveva sostenuto in una prima parte della sua riflessione epistemologica, si riallaccia alla proposta di Rosaldo per allargarla e farla propria all’interno di un’argomentazione di cui vi trascrivo questo stralcio per me conclusivo:

«Al contrario possiamo ora cercare gli aspetti che connettono l’“interno” di un linguaggio con il suo “esterno”, riducendo così la cecità concettualmente indotta rispetto alle cause reali dell’incomprensione, ossia all’inerzia, al dogmatismo, alla mancanza d’attenzione e alla stupidità ordinari, normali, consueti. Non sto negando le differenze tra i linguaggi, le forme d’arte, le tradizioni. Ma le ascriverei a incidenti di luogo e/o di storia, non a essenze culturali chiare, prive di ambiguità e immobili: ogni cultura è in potenza tutte le culture

Voi capite subito che il titolo della Murena Torga è essenzialmente questo, sia quello originale che nomina quella antica e chiusa regione di ancestrale appartenenza dell’autore come se fosse in Brasile, sia nella più esplicita forma tradotta L’universale è il locale meno i muri, che in realtà è l’inizio di un discorso:

«L’universale è il locale meno i muri. È l’autentico che può essere osservato da ogni punto di vista e, sotto ogni punto di vista, è convincente come la verità. Ora, Trás-os-Montes è questa realtà meno i muri, questa zolla di terra esposta agli sguardi del mondo, fiera di appartenergli e di servirlo. Un arpento di suolo patrio e di humus onnipresente.» (p. 26).

Il volume è curato e tradotto da Massimo Rizzante e si apre con le “Note destinate a uno studio che non ha potuto essere scritto” di Charles Juliet.

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NOTE
  1. Paul K. Feyerabend, Conquest of Abundance, The University of Chicago Press, Chicago 1999, (Bert Terpstra ed.), trad. it. di P. Adamo, Conquista dell’abbondanza ‒ storie dello scontro fra astrazione e ricchezza dell’Essere, Raffaello Cortina, Milano 2002.
  2. Renato Rosaldo, Culture & Truth: the remaking of social analysis, Beacon Press, Boston, Mass., 1993, ed. it. a cura di M. Canevacci Ribeiro, Cultura e verità – rifare l’analisi sociale, Meltemi, Roma 2001

11 Commenti

  1. Antonio- spero venire a Milano per l’anno nuovo e potere finalmente avere un esempio di Murène.

  2. a distanza sì…ma non le ho chiesto se si chiamava Helena anche lei o era una cugina lontana :-)

  3. Ragazzi forza! Ragazze sotto! Nipoti avanti! Nonni all’assalto! Murenizzatevi, se i premi strega vi hanno sbrancicato ovaie scrotoli e ginocchi. Qui c’è pelle di pesce, succo di murene, arrosto di tritone, mica fuffa, fumo e mazzantini.

  4. Certo, il nome “murene” per una collana editoriale è un po’ inquietante… ma non per l’animale cui si collega, che secondo me è un gran bel pesce, di cui andare fieri
    (Helena non deve perdonare Linneo per il nome dato alla murena mediterranea, mentre dobbiamo perdonarlo tutti per il nome dato all’uomo, Homo sapiens)…
    quanto piuttosto per il fatto che rimanda alle anguille, essendo un anguilliforme, e anguilliforme in senso figurato, si legge sulla Treccani, significa “sfuggente, ambiguo”.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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