Il salto mortale

oekenzaburo1.jpg di Gianni Biondillo

Kenzaburo Oe, Il salto mortale, traduzione di Gianluca Coci, Garzanti editore, 2006, 938 pag., 23,00 euro. (IBS)

I fondatori di una setta, conosciuti con gli appellativi di Maestro – che contatta il divino attraverso delle trance – e di Guida – che interpreta e divulga tali visioni – sono i protagonisti del “salto mortale”, atto di pubblico ripudio della loro fede.
La cosa lascia interdetta la frangia più radicale della setta, pronta ad un atto dimostrativo clamoroso che doveva palesare la fine imminente del mondo. Il salto mortale ha disarmato ideologicamente gli estremisti ma, al contempo, ha annullato la credibilità dei due religiosi. Sono ormai passati dieci anni e i due decidono di rifondare una nuova setta religiosa.
Il professor Kizu, artista malato terminale, ritrova dopo anni Ikuo, un talentuoso ragazzino oggi uomo, e, non ostante non abbia mai avuto pulsioni omosessuali, se ne innamora. Seguire il suo destino significherà per Kizu entrare nel cuore della setta. Dapprima osservandola da fuori, poi sempre più venendone coinvolto fino a diventarne il nuovo involontario interprete.
È davvero difficile comprimere in poche parole un’opera enorme, anche nel numero di pagine, quale questa del premio Nobel Kenzaburo Oe. Romanzo dal passo lento, indifferente ai trucchi della narrazione contemporanea, fatto invece di lunghe digressioni, di ripensamenti, ripetizioni e continue messe a fuoco attorno al tema della fede, in una società, quella giapponese, descritta a metà fra il misticismo e l’organizzazione aziendale.
Tutti i personaggi del romanzo, più che svilupparsi secondo narrazioni mimetiche fatte di scavi psicologici tipiche della nostra letteratura, paiono come delle icone latrici di teorie. Ognuno parla per lunghi monologhi, esponendo di volta in volta le proprie speculazioni, approfondendo così il suo ruolo all’interno della rappresentazione filosofica che Oe imbastisce. Nei fatti la lettura risulta semplice, ma la trama allegorica, e i riferimenti sincretici alle varie religioni, è davvero complessa e non sempre decrittabile. Non è, insomma, un romanzo da ombrellone, anche per l’ingombro della sua mole. È però un romanzo col quale, nel bene o nel male, occorre fare i conti: con esso e con l’idea irrisolta di spiritualità che porta con sé.

[pubblicato in Cooperazione n° 17 del 24.04.2007]

8 Commenti

  1. Mi assento un paio di giorni, non sporcate per terra, ve ne prego, che poi tocca a me lavare quando torno. ;-)

  2. Grande autore, ho letto tutto e di più su di lui e condivido ogni riga detta da Gianni. Una bella scelta.

  3. sarò che mi impressionano in maniera positiva le cose estreme, ma questo romanzo mi interessa molto. cercherò in libreria, bel post e bella segnalazione.

  4. è interessante, sì…
    solo bisogna cambiare qualcosa…
    forse la montatura degli occhiali
    o il ciuffo!
    :)

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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