Anteprima 1 Sud 9/ Martina Mazzacurati

sternelittle1.jpg

PROVE DEL PASSAGGIO TERRENO
di
Martina Mazzacurati

Che il professor Giancarlo Mazzacurati, maestro dei generi letterari trasversali e delle metafore universali, ad un certo punto della sua vita si sia messo a buttar giù pensieri transitori compiuti, non stupisce. Non stupisce lo sdoppiamento in Carlo Curati e Giovanni Mazza, i coautori dell’opera. Né stupisce il titolo provvisorio, Il brogliaccio, con tanto di sottotitolo aleatorio ipo-romanzo per coro di voci soliste… Tanto meno sorprende il fatto che questo ammasso di appunti scritti e riscritti con la Lettera 22 sia rimasto in un altrove di cui non ci sono state consegnate le coordinate – seconda stella a destra, forse, ci piace pensare.
Colpisce invece la sensazione di usurpare la sua rinomata discrezione, citandone qualche sparpagliato passaggio: un’intromissione indomita, un’operazione di spionaggio dal buco della serratura. Ecco uno dei motivi per cui l’ipo-romanzo non apparirà mai nella sua caduca interezza, se non in queste forme sbrindellate. Ché solo una sua volontà – celeste – potrebbe indicarci la strada per la compiutezza. D’altronde, ci permettiamo di dubitare che il concetto stesso di compiutezza possa interessarlo, persino nelle alte sfere ultraterrene.

Di lui sappiamo quello che basta ad averne una vaga idea: ricordiamo che quando faceva la spesa girava attorno al bancone dei formaggi in un buffo minuetto, come un pifferaio magico per cibi incantati e che il suo Maggiolone era un attentato alla pubblica sicurezza anche se fermo, poiché il freno a mano era per lui superfluo, come qualsiasi altro freno, arresto, argine, morso. Sappiamo che amava smodatamente quella mezza dozzina di fresie – avevano un profumo antico ed essiccavano bene nei libri – che avevano l’ardire di crescere sul minuscolo terrazzino, alle quali parlava anche fuori stagione, asciugandosi i capelli al sole partenopeo che aveva scelto come suo, finché è stato in grado di riscaldarlo. Sappiamo con quanta delicata esitazione porse una di quelle fresie – gialle – alla figlia quando le andò incontro nel cortile del suo condominio, perché era uscita di casa bimba e tornava donnina. Eppure abbiamo intuito, con una marginale certezza, quanto l’universo femminile fosse per lui una matassa da districare a piccole dosi, lasciando sempre – per carità – Arianna a sbrogliarsela con l’ultimo filo nel suo labirinto.

Quanto fosse tangibile la sua non presenza nelle cose, quelle cose ingombranti che solo se immaginate e visitate da turista diventavano leggere come un soffio di autoironia. Quanto fosse impercettibile lo sguardo sui suoi affetti, sfiorati appena, solo conquistati. Quanto, nel triste destino di uomo intrinsecamente per bene, le poche ire derivassero dalla mala cittadinanza, dalla mala furbizia, dalla mala umanità. E se anche attraversato da malinconie padane, quanto in fretta dissipasse quei banchi di nebbia con le disavventure di Paperino, che fino all’alba facevano echeggiare sghignazzate lungo tutto il corridoio. Ci incuriosiva il suo scrivere a ritmo di jazz, con carta e penna scelti con cura, e il fatto che, a ritmo di jazz, si muovesse per casa con passi da ballerino provetto, ballati spesso sui suoi occhiali in montatura di tartaruga che facevano pendant con la moquette beige anni ’70. Abbiamo ammirato con invidia la sua raffinata trasandatezza english style da country side, distillata in poche gocce di Penhaligon’s; ma ringraziamo sempre i cieli di Parigi sotto i quali indugiava estasiato, e sopra i quali sorvolava goliardico gli anni più incerti…

Sappiamo inoltre quanto potesse essere goloso di tutto ciò che fosse a base di menta e nicotina, e quanto non reggesse nessun’altra forma di droga, fatta eccezione per quella cartacea. Quanto l’accumulo fosse rassicurante per stabilire un percorso biografico, quasi a rintracciare prove del suo passaggio terreno. Ché davvero a volte ci si chiede se mai passò da qui, e se non fosse per quel senso di menomazione dell’anima, potremmo spingere il dubbio fino al parossismo e convincerci che se passaggio vi è stato, fu tanto effimero quanto un amore segreto. Ci consola il fatto che crediamo di sapere quanto fingesse di dubitare, di voler venire a capo, quando in realtà era arrivato. Il bivio era la sua meta. Una volta raggiunta, se n’è andato.
Quale destino invece per Giovanni Curati e Carlo Mazza, i disastrati autori dei brandelli di letteratura o della letteratura dei brandelli? Giovanni curati nel Brogliaccio affida agli amici di sempre il compito ingrato di tirar fuori dalla montagna di carte la trama di un romanzo, il suo ipo- auto- anti- romanzo.

Come affrontare quei brogliacci? Da quale genere letterario attingere, tra tutti quelli prosciugati nel corso dei secoli? Struttura a parte, resta poi il problema della scrittura. Riusciranno i nostri eroi, paladini delle impalcature chimeriche, a mettere in moto «questa macchina di incertezze e di reticenze, di mosse censurate, tutta questa professione della menzogna e della simulazione creatrice, questa dispensa di materie organiche in decomposizione»? Restituiranno un corpo all’esistenza di Giovanni Curati? Ma come potrebbero, se Giovanni stesso chiude il suo abbozzo di ipo-romanzo, ipo-vita, con una nota a penna: «Giovanni Curati potrebbe anche chiamarsi Federco Alberighi o Ariodante Esposito. Di sé non saprebbe che dire, neppure per un santino commemorativo: figurarsi per una quarta di copertina, luogo osceno, esposto a troppi sguardi. Qui vive nel ventesimo secolo: ma in Cina, in che secolo starà vivendo?».

Print Friendly, PDF & Email

2 Commenti

  1. Grazie, di cuore. Per aver portato su queste pagine il nome e il ricordo di un uomo e di un intellettuale per il quale la parola “maestro”, per me, non suonerà mai né retorica, né abusata. Sempre viva, sempre colma di memoria e di affetto.

    fm

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Deus ex Makina: Maniak

di Francesco Forlani
Da un po'sto collaborando con Limina Rivista, con delle autotraduzioni dal francese di piccoli assaggi ( essais) letterari pubblicati in oltre vent’anni sulla rivista parigina l’Atelier du Roman diretta da Lakis Proguidis. Dopo Philip K Dick, Franz Kafka, Anna Maria Ortese, Charles Dickens è stata la volta di Boris Vian. Qui una nota a un libro indispensabile.

Overbooking: Eugenio Manzato

Alberto Pavan
Il romanzo narra la vita di Antonio Romani, vissuto tra la campagna trevigiana, Padova e Venezia, tra il 1757 e il 1797, l’anno in cui nella notte del 12 maggio, con Bonaparte alle porte, la narrazione si interrompe con un finale aperto che alimenta nel lettore il desiderio di un sequel.

Les nouveaux réalistes: Pierangelo Consoli

di Pierangelo Consoli
Per questo, quando mia madre divenne Alberta, tramutandosi in qualcosa di più collettivo, io non soffrii tanti cambiamenti, almeno per quello che riguardava la gestione delle faccende, perché erano già molti anni che me ne occupavo. Usciva pochissimo, come ho detto, eppure il giorno dei morti restava, nel suo calendario, un rito al quale non poteva rinunciare.

Colonna (sonora) 2024

di Claudio Loi
15 album in rigoroso ordine alfabetico per ricordare il 2023 e affrontare le insidie del quotidiano con il piglio giusto. Perché la musica, quella giusta, è la migliore medicina che si possa trovare sul mercato. Buon ascolto!

Les nouveaux réalistes: Annalisa Lombardi

di Annalisa Lombardi
Per questa nuova puntata dei nouveaux réalistes, un polittico di esistenze minime perdute tra i massimi sistemi della vita e della storia. Come nei Racconti con colonna sonora di Sergio Atzeni, la voce dei personaggi è incisa sulla musica di fondo delle cose. (effeffe)

Cose da Paz

di Massimo Rizzante
Partiamo da qui: la poesia, l’arte in genere, non ama ripetersi. Ciò non significa che non possa ripetersi. Ecco la mia teoria: quando la poesia non si accorge che si sta ripetendo, la Storia inevitabilmente si ripete. Ciò se si crede, come io mi ostino a credere che, a differenza della poesia di Omero, nessuno studio storico potrà mai dirci qualcosa di essenziale su chi sono stati gli antichi Greci.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: