da “peepshow”

di Giovanni Turra

Superfici

Non c’è sguardo che fissi la mia nuca
ma un’altra nuca ancora,
seduti come siamo,
lo sconosciuto e io,
dentro il gazebo che fa vela
a Treviso, in Piazza Pola.

Impareremo a decifrare,
immobili entrambi e premurosi,
l’orografia dei corpi,
le superfici vaste,
le nostre schiene
come tabulae incisae.

Insetti ermafroditi a pelo d’acqua
che si toccano da dietro.

*

Quattro a.m.

Càlati in un sasso, dormi.
Inoltrati in un sonno senza
sogni. Fresco dev’esserci
lì dentro, e una penombra
d’acquario. Sono le quattro,
dormi. Ti attraversano correnti
contrarie, fredde bolle
sgorgano. ‘Arco’ per ‘ocra’
hai compitato, ‘eruppe’
per ‘eppure’. Sono le sette.
Dormi? Prima non c’eri,
e adesso: eccoti qua.

*

L’io che ero io a sedici anni

L’io che ero io a sedici anni
io dico: era, è stato.
E vide, crebbe, disse.
E tutto è dentro me,
dov’è uno spazio grande
adatto per il gioco.
E lui ci gioca a nascondino:
fa smorfie, si sottrae.
Minuscolo se n’esce
da uno sbuffo della braca.

Cigliato protozoo.
Millepiedi incapsulato.

Ben leggibile mi tocca
e durevole nell’ambra
il cartiglio con su scritto
HAI TRADITO.

*

A un tratto come se,
con un sussulto,
il letto su cui dormi desse un crollo
o deragliasse,
in sogno superando un dosso,
e in terra rovinasse l’intero catafalco,
fin dentro le ossa avvertisti lo schianto,
la paura negli omeri,
nella spina del dorso che s’incrina,
quasi fosse quella ora,
e finalmente,
la forza anonima ed ubiqua
di gravità.

*

Bricolage

Assume uno sguardo distratto
la giovane supplente che ti attizza,
e regola a quel modo
i pantaloni a vita bassa,
i freghi rossi nei risvolti
candidi dei fogli.
E spinge a tal punto il proprio zelo
da procurarsi da sé i suoi dolori:
un’unghia divorata fino in fondo,
punte confitte di matita,
il caffè lo prende amaro,
è magra e fa la dieta.
E sempre fingere nel mentre: estasi,
felicità.

Ineccepibile controllo mimico.
Geniale bricolage.

Di sé potrà ben dire,
e prima dei trent’anni: «Io sono
opera mia».

7 Commenti

  1. Trovo in Giovanni Turra un inaspettato fratello.

    Sarà il nome, saranno le parole in bocca a un mattino insonne
    saranno le sedie del bar di piazza Pola
    tutto mira a nascondere il fatto che le cose sono altre
    cose scomparse da anni alla vista e richiamate un mattino
    in Nazione Indiana

    Sassari non è Treviso, la piazza Tola
    Turra che storpia Torres è Turritania
    sparita quando avevo sedicianni

    la giovane prof, non supplente, ma magra
    è l’unica maestra che abbia avuto
    è lei che una volta mi scrisse:

    “non importa il costo che sta dietro le parole – costo in termini di sofferenza ecc. – al crudele lettore questo non importa affatto, mai.”

    a proposito di un manoscritto che iniziava con un’altra piazza ancora:

    PIAZZA DELLA SIGNORIA

    gli ombrelloni di Rivoire
    , riposti per la minaccia di pioggia
    fanno bruciare d’invidia
    il Biancone, con la loro eleganza

    sempre questa piazza,
    ricorda a Savonarola
    che non soltanto gli uomini
    soffrono ad essere bruciati

    la giornata è oscura
    il cielo coperto
    , ma la pioggia non viene
    : tra poco la normalità
    farà ancora mostra di sé

  2. Analizzo di volo, una a una, le poesie di Turra.
    SUPERFICI: non mi piace il termine “ermafroditi” – un vero pugno in un occhio – né l’espressione latina “tabulae incisae”, che rende pretenzioso un discorso semplice, o meglio un discorso complesso condotto in modo semplice e piano, il che mi pareva l’artificio migliore del brano; il brano ci portava per mano (chiedo venia per la rima) verso questa situazione di solitudine da pesci in un acquario, da quotidianità in apparenza innocua e invece spietata, ma il latino distrugge a mio avviso il tentativo di rendere l’incomunicabilità, in quanto è lingua in disuso, con cui è già di per sé difficile comunicare. Il latino sbianca il grassetto nero dell’incomunicabilità vera e drammatica, non quella delle parole (che pure vengono scambiate sempre meno), ma quella di ciò che sta dietro alle parole, o oltre. E anche stilisticamente, in un contesto di lingua “facile” il latino stona, mi sembra inutile orpello.
    QUATTRO A. M. : è il brano migliore, l’unico che mi sia piaciuto, sul quale faccio i complimenti all’autore e non trovo appunti da fare. Perfetta l’adesione della forma al contenuto.
    L’IO CHE ERO IO A SEDICI ANNI: “cigliato protozoo/millepiedi incapsulato” è da riga blu, ma in generale il brano è banale, eccezion fatta per l’ultima strofa, che per me avrebbe potuto rappresentare l’intera poesia, guadagnando in profondità, spiazzamento, densità emotiva. Ciò che precede è sin troppo inflazionato.
    POESIA SENZA TITOLO IN CORSIVO: mi sembra insignificante.
    BRICOLAGE: “ineccepibile controllo mimico” , brr. Anche qui, bella esclusivamente l’ultima strofa, che poteva starsene da sola a costituire l’intero brano o quasi, naturalmente cambiando titolo; infatti a cos’altro porta il testo, se non a una esausta riflessione su quanto questa giovane donna attraente sia già stanca? E’ evidentemente quello il tema già dal primo verso, e la trattazione non ha nulla di originale tranne appunto il finale, che possiede invece un che di fulmineo, irrevocabile, un punto di non ritorno tragico, ma senza ovvietà: essere consapevoli da dove venga il proprio male, e male farsi, ciononostante.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Da “Fame di mia madre”

di Yara Nakahanda Monteiro
traduzione di Nicola Biasio. Consulto scatole su scatole di documenti in una stanza umida e senza ventilazione. Non entra aria fresca. Continuo a sudare. A tratti vorrei mollare, ma resisto. Resisto come le donne combattenti nelle fotografie di identificazione dei fascicoli individuali. Le facce sono austere. Nere, mestiças e bianche.

Il romanzo, la morte. Su un falso diario di Rino Genovese

di Tommaso Ottonieri
L’avventura, contorta, frantumata, rimontata a pezzi, gelidamente grottesca, di un tarchiato e semisfatto anestesista fascio-seduttore, turista sessuale sordido e vuoto di qualsiasi straccio di dis-eroicità tenebrosa: un “puttaniere nero”, al modo salgariano (suo abbassamento parodico)...

Technical Ecstasy

di Emanuele Canzaniello
Il romanzo di cui vengono anticipati qui due capitoli, da due momenti distanti del libro, orbita intorno al fantasma abbacinante e inabitabile dell’orgasmo. Una pillola neuro-ormonale è diffusa nel mondo e ha alterato per sempre l’orgasmo umano...

Monologo polifonico: su “Eco” di Cesare Sinatti

di Francesco Scibetta
Seguiamo infatti la vita della protagonista sempre defilati di un passo, attraverso lo sguardo e la voce delle persone che la incontrano: una zia, un’amica, il fratello, un professore universitario. Gli otto capitoli del romanzo corrispondono a otto flussi di coscienza di personaggi di provenienza e caratteristiche eterogenee. Ognuno di loro vede Resi come una persona diversa...

presque un manifeste #2

di Francesco Ciuffoli
Bisogna infatti ricordare che dove c’è innanzitutto un Reale – lacaniano, materiale e storico –, da decenni afflitto da un progressivo processo di annullamento e svuotamento –, vi è (e vi sarà sempre) anche un Virtuale che cercherà di infestare e colonizzare con forza il nostro mondo,

Gaza o del doppio tradimento dell’Occidente

di Andrea Inglese
Propongo una lettura parallela di "No Other Land", sguardo sulla Cisgiordania tra 2019 e 2023, e "Un giorno tutti diranno di essere stati contro", sguardo sull'Occidente a partire da Gaza (2023-2025).
andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023 (Premio Pagliarani 2024). Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Storie di un secolo ulteriore, DeriveApprodi, 2024. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato i volumi collettivi Teoria & poesia, Biblion, 2018 e Maestri Contro. Brioschi, Guglielmi, Rossi-Landi, Biblion, 2024. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: