Premio Stephen Dedalus 2009

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[La classifica pordenonelegge-Dedalus di luglio si può leggere qui]

Cinquine dei finalisti al Premio Dedalus 2009:

NARRATIVA

Antonio Moresco, Canti del caos, Mondadori 2009
Francesco Permunian, Dalla stiva di una nave blasfema, Diabasis 2009
Francesco Piccolo, La separazione del maschio, Einaudi 2008
Laura Pugno, Sirene, Einaudi 2007
Giorgio Vasta, Il tempo materiale, Minimum Fax 2008

POESIA

Mario Benedetti, Pitture nere su carta, Mondadori 2008
Umberto Fiori, Voi, Mondadori 2009
Franca Grisoni, Poesie, Morcelliana 2008
Jolanda Insana, Frammenti di un oratorio, Viennepierre 2009
Fabio Pusterla, Terre emerse, Einaudi 2009

ALTRE SCRITTURE

Francesco Arminio, Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia, Laterza 2008
Marco Belpoliti, Il corpo del capo, Guanda 2009
Gherardo Bortolotti, Tecniche di basso livello, Lavieri 2009
Arturo Buongiovanni, Intendo rispondere, Donzelli 2008
Valerio Magrelli, La vicevita, Laterza 2009

La scelta dei vincitori e la premiazione si terranno nell’ambito di pordenonelegge tra il 18 e il 20 settembre

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42 Commenti

  1. ma la pugno che si gestisce bene le relazioni mentre ha fatto sirene ha pubblicato pure con cortellessa, quindi vince!

  2. Per la poesia le opere scelte sono pregevoli, mi rendo conto che ormai il genere è una sorta di riservs ma consiglierei a tutti le raccolte della Insana, di Pusterla (bravissimo) e di Benedetti. Ho letto anche il bel libro di Fiori, mi manca la raccolta della Grisoni.
    Per la narrativa vedo un solo titolo degno : Canti del caos di Moresco. Discreto il Permunian, impresentabili Piccolo, la Pugno e il saccentissimo deludentissimo Vasta

  3. per la poesia: grave il silenzio su Giampiero Neri; come quello su ‘Fabrica’ di Fabio Franzin, un libro necessario anche per capire verso dove stiamo andando (noi singoli, monadi impazzite, noi comunità tra razzismo e precariato… entrambi fuori dai giochi o giri… Come poi non rilevare che tra i poeti finalisti non ce ne sia uno trentenne o quarantenne…: un Fantuzzi, una Babino, una Mancinelli, un Trucillo…Un deserto.Comunque sia, mi auguro vinca Pusterla, non me ne voglia Jolanda.

    per ‘Altre scritture’: grave la non considerazione per ‘Zamel’ di Franco Buffoni… i poeti non sono mai quotati quando si producono in tentativi in prosa….eccezione fatta per Magrelli. Che strano, ma lì, è probabile che scattino altre considerazioni.

    ovviamente, tra poesia e narrativa, le majors fanno la voce grossa
    ( ma PeQuod, Quodlibet, Cattedrale, Marcos y Marcos, Atelier, L’Obliquo, Scheiwiller?)

  4. Per altre scritture, nonostante apprezzi Arminio, che vinca BORTOLOTTI, con un libro davvero compatto e importante.

  5. Grave l’esclusione di Neri per la poesia, certo. E quella di Risi? Incomprensibile. Il disegnatore di alberi di Roberto Amato, poi, mi pare migliore almeno del titolo capolista.

  6. Ringrazio Manuel Cohen per l’apprezzamento che mi dimostra, ma queste sono le cinquine per il Premio Dedalus, che io ho già vinto nel 2007 con GUERRA. Quindi mi pare corretto che la stessa giuria non premi anche ZAMEL, pur se in un’altra sezione.

  7. Caro Franco, grazie per la puntualizzazione. Dunque, rettifico. La questione relativa al fatto che la critica snobba i poeti (anche) quando tentano le vie della prosa quella c’è.

    ancora sulla poesia: a proposito di Giampiero Neri: sono vent’anni che menano la solfa del ‘Maestro in ombra’. Poi, alla buona occasione sono i primi a lasciarlo in quell’ombra.
    Dimenticavo Roberto Roversi: Luca Sossella è riuscito a stanarlo dalla Palmaverde editando testi apparsi in plaquettes defilatissime e introvabili (Pendragon, Il Filorosso etc.) …sono quarant’anni che menano la solfa del ‘Grande assente’, del poeta del ciclostile, quando poi finalmente appare , nonostante l’importanza di un poeta-intellettuale di quel calibro, con una visione sghemba, antagonista, autarchica, una lettura-scrittura della nostra storia civile di oltre mezzo secolo talmente originale, e poco incline ai mercimoni mercantilisti,lo ignorano bellamente…complimenti.

  8. Sì certo, ‘La distrazione’, anche Inglese, grande assente al banchetto dell’ufficialità.

  9. Inglese, tra l’altro, votatissimo dai 100 lettori, a dimostrazione che le due cose (i 100 e la giuria del dedalus) sono vasi non comunicanti.

  10. Domenico mi ricorda che Casadei e Mazzoni curano la collana dove è uscito Inglese, quindi per evitare possibili conflitti… In effetti posso capire, ma così metà dei libri votati (tipo quelli de Le Lettere, etc.) sono tagliati fuori. Poi uno capisce la “strapresenza” di Einaudi.
    Uff… che casino fare un premio, non vi invidio.

  11. credo che abbia ragione Gianni (el blondél)

    il premio dedalus dovrebbe escludere libri di collane dirette dai giurati: quindi no Di Ruscio (ahimé) e agli altri delle Lettere e no Sossella…

    Ma aspettiamo conferma dagli interessati.

    ps Io son contento anche per Moresco e Vasta.

  12. canti del caos, almeno la prima parte, qualche anno ce l’ha anche lui, comunque è uno dei migliori libri italiani dell’ultima decade.
    sirene perché? già, perché?
    e piccolo? con la separazione del maschio è riuscito a rendere il flusso di coscienza banale come una sit-com.
    vabbè.

  13. Gianni Biondillo scrive qui sopra: “Domenico mi ricorda che Casadei e Mazzoni curano la collana dove è uscito Inglese, quindi per evitare possibili conflitti…” Beh, se è davvero così, meno male che in giuria ci sono Mazzoni e Casadei, dato che un altro dei giurati del Premio Dedalus – Andrea Cortellessa – ha già dimostrato di non aver nessun problema a premiare un autore pubblicato nella collana de Le Lettere da lui curata, e.g., Marco Giovenale al Premio Delfini 2009.

    Manuel Cohen qui sopra scrive: “i poeti non sono mai quotati quando si producono in tentativi in prosa….eccezione fatta per Magrelli. Che strano, ma lì, è probabile che scattino altre considerazioni.” Si potrebbe aggiungere: “eccezion fatta anche per Laura Pugno”, dato che è poetessa ma è qui in finale con un romanzo. Tra l’altro come poetessa ha pubblicato nella stessa collana de Le Lettere di cui sopra. Cohen: secondo lei anche qui devono scattare “altre considerazioni”? E quali sono queste considerazioni, nel caso di Magrelli?

    Saluti,
    Lorenzo Carlucci

  14. Lorenzo, il premio Delfini non è il premio Dedalus, ha, probabilmente, un regolamento differente.

  15. Cari tutti,

    intervengo in ritardo e temo che non potro’ partecipare molto a questa vostra discussione per impegni pressanti che ho per tutta questa settimana.

    Per rispondere ai vostri dubbi, chiarisco alcune cose che sono peraltro segnalate anche sul sito del premio “Dedalus”.

    1. almeno per quest’anno, il premio Dedalus non corrispondeva alle opere prese in considerazione nelle Classifiche. Per ragioni di continuita’, era necessario prendere in considerazione le opere edite tra il maggio 2007 e il maggio 2009, e quindi sono state chieste segnalazioni specifiche, anche diverse da quelle date nelle Classifiche. Questo spiega, p.e., l’inserimento di Laura Pugno o di Arminio o di non altri che non erano votabili nelle Classifiche.

    2. in questo caso la giuria del Premio (oltre a me, Casagrande, Cortellessa, De Federicis, Golino, Mazzoni e Raffaeli – già giurati del Dedalus nel 2005-7, e in piu’ Anedda e Siti, vincitori dell’ultima edizione) hanno dato indicazioni di voto, tenendo conto delle segnalazioni specifiche arrivate dai Cento, ma indipendentemente dalle Classifiche. In particolare, abbiamo in effetti detto che non solo non potevano essere votate opere dei giurati, ma anche opere uscite in collane dirette o seguite da uno o piu’ dei giurati.

    3. le cinquine attuali sono puramente in ordine alfabetico; un comunicato stampa verra’ diffuso nei prossimi giorni, in accordo con pordenonelegge che promuove il premio Dedalus.

    4. entro settembre, sul sito del premio si dara’ anche conto di altre opere segnalate o votate (p.e. quella di Neri, che pero’ anche nelle Classifiche ha in effetti avuto meno segnalazioni e voti di altri finalisti).

    Spero di aver risposto ai dubbi più ‘pesanti’. Ribadisco la cosa fondamentale: il Premio Dedalus, nato nel 2005, ha per ora un suo andamento che non coincide con quello delle Classifiche, anche solo per motivi pratici e organizzativi. Ma anche per questo, come anche per le caratteristiche e le finalita’ delle Classifiche, cercheremo di ritarare il tutto entro la fine dell’anno!

    Un saluto da

    Alberto Casadei

  16. Ringrazio Casadei per le precisazioni. Ignaro di molte cose, scopro che in giuria c’è pure un mio caro amico, e spero non voglia prendersela con me . Quanto al resto, francamente, mi pare che si perda l’occasione di valorizzare alcuni autori :Neri, Di Ruscio, e, a prescindere che poi lui possa rifiutare o meno, Roversi. Come si rischia di perdere di vista il lavoro delle ultime generazioni: Franzin, Trucillo, Frungillo,Febbraro,Inglese,Mancinelli,Babino,Fantuzzi,e questo, francamente, da critici,dichiaratamente militanti, è piuttosto grave. Come si rischia, ripeto, di non porre nel necessario rilievo, il lavoro di ottimi editori: Manni, Sossella, L’Obliquo, Scheiwiller, Atelier, peQuod,Quodlibet, Cattedrale, Marcos y Marcos, Stampa Alternativa…)

  17. @ manuel
    finalmente qualcuno fa il nome dei nuovi poeti.
    credo che questo sia importante e che questo debba emergere da tali discussioni, superare snobbistici atteggiamenti personali e pregiudizi di scuola.

    quanti di voi hanno letto i libri citati da manuel?

  18. Daniela,
    molti di questi citati sono stati pubblicati qui su NI, e anche votati dai “cento lettori”.

  19. non è in discussione l’opera meritoria di NI, che veicola realtà altrimenti relegate in un cantuccio culturale. la discussione, che non si vuole evidentemente affrontare, è sugli autori e l’establishment : quell’asse asfittico asfissiante e insopprimibile ,Università-Editoria.

  20. @ biondillo
    non mi sembra che siano stati pubblicati tutti. manca qualcuno dell’elenco fatto da manuel cohen e mi era sembrato nel corso della discussione di rilevare un silenzio un po’ prevenuto su alcuni nuovi autori (no su tutti) e capisco che ci sono poeti più vicini a NI, ma questo non dovrebbe essere la logica di uno spazio libero. proprio perché alcuni degli autori citati da Manuel hanno avuto molti voti perché non metterlo in evidenza? ci sono libri di cui valga la pena parlare? tu hai letto tutti gli autori citati? io conosco buona parte dei libri tutti di ottima fattura.

  21. Daniela:
    “non mi sembra che siano stati pubblicati tutti.”
    E infatti io ho detto “molti”, non “tutti”.
    “un silenzio un po’ prevenuto”, “poeti più vicini a NI”, “non dovrebbe essere la logica di uno spazio libero”.
    Bah. Magari è è colpa della scrittura webbica, ma ho la sensazione che ci sia una polemica in corso che non capisco.
    Io, per dire, fra gli altri ho votato Frungillo, autore mai pubblicato su NI. Non c’è una logica di schieramento, non c’è censura preventiva. Si legge, si apprezza, si vota. Tutto qui.

  22. manuel cohen, che dice che c’è una discussione che non si vuole affrontare, volevo chiederle se ha un momento per rispondere alle domande che le ho fatto sopra circa il suo commento su magrelli. sarebbe un buon inizio.

    all’asse università-editoria cosa sostituirebbe? io lo trovo, proprio come dice lei, insopprimibile. trovo più asfittico quello editoria-giornali. parlo in modo particolare per la poesia, che a livello universitario esiste solo in una nicchia. quasi nessuno fa carriera all’università studiando la poesia contemporanea in italia. quindi secondo me il coinvolgimento di persone come casadei, mazzoni e cortellessa, per quanto io possa essere lontano dalle loro idee in sede critica, è assai desiderabile. di più se tende alla costituizone di una vera comunità scientifica per la poesia contemporanea, a livello universitario e con profilo internazionale. di meno, molto di meno, se punta al versante giornalistico, di premi e classifiche.

    saluti,
    lorenzo carlucci

  23. @Carlucci

    non ho problemi a risponderle, tranne l’aspetto pratico di non poter essere sempre collegato in questi giorni. Abbia dunque pazienza per ‘i tempi’…

    Su Laura Pugno non ho elementi che smentiscano o meno quanto detto da lei. Per quanto riguarda Magrelli, la sua posizione di potere accademico e editoriale credo sia sotto gli occhi di tutti, da lì, al di là di ogni considerazione, la sua presenza.

    Nei confronti dell’Università in sé, ovviamente non ho nulla da obiettare. Nello specifico, in riferimento ai nomi che lei fa, avrei poco da recriminare. Sono critici di ottimo livello, alcuni dei loro saggi sono ormai di riferimento ( penso a Mazzoni, a cui mi lega pure la passione per Tondelli).Ne faccio piuttosto una questione di conflitto di interessi.

    Neri, Di Ruscio, Franzin, e lo stesso Roversi, sono outsiders.

    diverso il caso di Buffoni: lì, non si capisce bene perché ‘Zamel’ sia nella sezione ‘Altre scritture’… sembra quasi di vedere rispolverata qualche nozione crociana: come dire che il superamento dei generi, il travaso, il meticciato e la contaminazione non hanno diritto di dimora nel romanzo contemporaneo italiano.
    se è così, siamo di fronte di un uteriore un arretramento.

    non mi interessa l’approccio giornalistico. opto per la critica militante.

  24. In Italia i premi letterari, tranne rarissime eccezioni, sono una buffonata. In questo caso, secondo me, l’iniziativa ha del buono perchè serve a promuovere. Dopo di che, è inevitabile che alcuni nomi rimbombino più di altri. Credo non sia importante “vincere”, quanto esserci. Se ci sei, cominci a esistere (sempre che ti interessi).

  25. @ gianni
    scusa se rispondo solo ora. nessuna polemica in vista. la mia era solo una sensazione. mi andava solo di precisare. proprio per problei di scrittura webbica lo faccio con ritardo. ciao.

  26. caro Manuel Cohen, la ringrazio per la risposta. Vorrei capire meglio, perché la questione mi interessa. Lei dice di non aver nulla da obiettare al coinvolgimento dell’Università nello studio e nella diffusione della poesia contemporanea, ma dice anche che vede un “conflitto di interessi”. che intende? che i critici universitari giovani (magari ricercatori) devono fare piaceri ai poeti universitari vecchi (magari ordinari)? quanto incide questa pratica sui premi di poesia, sulle recensioni di poesia, sulle classifiche? per esempio, per i risultati del premio qui sopra, il discorso sembra valere solo per Magrelli? o anche per Buffoni? non le sembra che accanto a questo meccanismo ne esiste anche un altro, meno chiaro? Lei fa una lista di “outsiders”, assenti dai risultati del Premio Dedalus. Ma sono “outsiders” rispetto all’Università o – anche o forse principalmente – outsiders rispetto a un “giro” che è trasversale a Università, giornali, riviste, eventi, etc.? Io non vedo, per esempio tra i poeti più nuovi portati avanti da Cortellessa, Mazzoni e Casadei come curatori di collane di poesia, poeti “insiders” rispetto all’Università. Prenda Giovenale e Pugno. Sono “insiders” dell’Accademia? Non mi risulta. Inglese è un insider dell’Accademia al quale si devono favori? Non mi pare. A me sembra che esistano altri meccanismi assai più incidenti di quello che lei denuncia. Sbaglio?

    Ciò detto, credo che si debba andare oltre i nomi, oltre lo “specifico”, e guardare ai principii. Lei fa una lista di poeti di nuova generazione assenti da questa finale, o anche orfani di un’attenzione critica che meriterebbero. Ma alla lista che fa lei se ne potrebbero sostituire altre dieci, senza intersezione tra loro. Analogamente, lei dice di non avere nulla da ridire – nello specifico – a Casadei, Mazzoni e Cortellessa, ma anche qui: quanto contano gli individui? A me personalmente le scelte critiche di Cortellessa non piacciono affatto, ma mi sento di appoggiare – moralmente, s’intende – alcune iniziative di cui è promotore. Il loro coinvolgimento può stimolare altri critici – universitari magari – a prendere posizione sulla poesia contemporanea. Può contribuire a creare i presupposti per la formazione di una vera comunità scientifica per la poesia contemporanea in Italia. La costituzione di una tale comunità è un obiettivo – credo – da anteporre a quello della costituizione di un pubblico della poesia. Solo all’interno di una tale comunità possono trovare spazio le sua liste di poeti giovani imprescindibili e anche le mie, e quelle di altri. Nella giungla invece, nel mercato, ciascuno di noi può continuare a sbandierare le proprie liste di irriducibili, e tutte soccomberanno al tempo (senza tradizione, senza trasmissione, senza cura critica).

    Saluti,
    Lorenzo Carlucci

  27. @ lorenzo carlucci
    Lei parla di una “comunità scientifica” per la poesia contemporanea in Italia. Mi sembra una contraddizione in termini. Che cos’ha la poesia di scientifico? E come sarebbe possibile smembrare le già numerose “comunità scientifiche” esistenti per crearne una solamente? In che modo sradicare gl’innumerevoli interessi delle caste? Basta dare un’occhiata alle antologie poetiche (troppe) per comprendere che ognuno si fa la sua, che di tali comunità ce ne sono già abbastanza. A me pare che l’attuale frantumazione culturale, quasi priva di punti di riferimento credibili, sia sintomo di una deriva; ma al tempo stesso la creazione di una “comunità scientifica” per la poesia, più che la soluzione, rappresenterebbe un pericoloso accentramento, una sorta di campo di concentramento alla rovescia: se non ne fai parte, non vali.

  28. gentile diamante, lei fraintende il termine “scientifico” in questo contesto. con “comunità scientifica” si intende qui semplicemente una comunità di studiosi professionisti che si riconosca in un insieme di metodi condivisi e che riconosca un oggetto di studio comune, che si esprima in pubblicazioni, e specialmente in riviste – possibilmente internazionali – con standard di qualità paragonabile a quello delle migliori riviste accademiche internazionali (e basate magari sul peer-reviewing). insomma una comunità accademica, come ne esistono per tante altre discipline umanistiche e per le scienze sociali. la “scientificità” non è da riferirsi all’oggetto, bensì al metodo di indagine intorno ad esso. spero che ora le sia chiaro che non sussiste alcuna contraddizione in termini.

    “tali comunità ce ne sono già abbastanza” lei scrive. appunto, le dico. e: ne è sicuro? cioè: da una parte credo che sarebbe estremamente prolifico se queste micro-comunità si riconoscessero l’un l’altra, legittimandosi invece di insultarsi o ignorarsi, e questo potrebbe avvenire se queste comunità si riconoscessero in qualche linea di metodo condiviso, e nella definizione del comune oggetto di studio. d’altra parte, siamo sicuri che esistano comunità scientifiche nel senso di cui sopra? riviste di livello con meccanismi trasparenti e standard internazionali? cattedre per lo studio della poesia contemporanea in numero sufficiente? riconoscimento della disciplina da parte della più larga comunità accademica?

    infine, per quanto mi riguarda l’istituzione universitaria è un bene, è la condizione per uno studio approfondito, per la trasmissione del metodo e del sapere. la giungla in cui vive la poesia oggi, le varie nazioni indiane, mi sembrano invece, appunto, più vicine alle riserve o ai lager che lei – forse con eccessiva leggerezza – evoca, diamante.

    saluti,
    lorenzo carlucci

  29. @carlucci
    Ritiro l’accusa di contraddizione in termini, ma confermo il resto. La sua proposta mi sembra una sorta di Città del Sole, irraggiungibile e chimerica. Come possono le tante comunità mettere da parte se stesse per dare adito a una comunità gioiosamente illuminata? Sarò pessimista io, ma la vedo complicata tanto quanto annodare al buio un filo per un cieco senza mani. Le comunità, lungi dallo scioglersi, si coaguleranno ancor di più, terrorizzate dalla possibilità di perdere potere. Occorrerebbe una radicale svolta antropologico/culturale, ma questo vale anche per la politica, l’economia eccetera. Non condivido poi il suo entusiasmo per le università, avendole alquanto bazzicate: luoghi spinosi, labirintici, doppi e tripli, dove la libertà è rara e l’onestà intellettuale tenue come una lucciola con la tosse. E infine: siamo sicuri che il suo sogno/progetto sia, oltre che realizzabile, anche auspicabile? Che la poesia sia accostabile alle scienze sociali, e trattabile alla medesima maniera? La pongo in altri termini: Shakespeare rappresenta un superamento certo di di Sofocle? Proust ha “migliorato” Cervantes? Montale ha “portato avanti” Leopardi? Esistono in letteratura un andamento cronologico, una regola, una “logica”? La letteratura può essere assoggettata a una calcolata, esatta scientificità? Possiamo immaginare un’efficientissima equipe all’opera sulla poesia come sulla biologia, la chimica o la storia? Con ciò non voglio negare l’atto di critica ai più alti livelli che Lei si auspica. Non è lo studio serio della poesia che non mi convince (ne abbiamo bisogno, sempre) ma la pretesa di non-fallibilità di detto studio (perciò avevo accennato a un campo di concentramento critico). Infine, che il mondo dei blog somigli a una giungla non ci piove; e però, ancora una volta, non è lo strumento in sé a sembrarmi fallace, ma l’uso che se ne fa.

  30. gentile diamante, sono contento che la contraddizione apparente sia stata sciolta ai suoi occhi. mi scuso ma non rispondo alle sue domande di estetica (esiste il progresso in poesia?) mi limito a dirle, per restare in tema, che sono domande che possono trovare una risposta solo come risultato di uno studio approfondito, onesto e raffinato. le università che abbiamo “bazzicato” hanno certo mille difetti, ma la invito ancora a farne una questione di principio, al di là delle contingenze, delle sue esperienze e dello status quo: è auspicabile una critica ad alto livello, professionale, internazionale, inserita nel dibattito artistico e filosofico (e perché no, scientifico?) internazionale? una organizzazione come quella universitaria può favorire – con i suoi strumenti di selezione, di verifica, con i supporti materiali che offre allo studioso – l’emergere di una tale critica? è più utopico appoggiarsi su una struttura come quella dell’università – che ha pur dato i suoi frutti – o su una struttura come quella dei blog (assenza di selezione, assenza di conservazione, assenza di legittimazione, giungla) per vedere emergere una comunità scientifica come quella che mi auspico? se le piace la critica ad alto livello, da dove spera di vederla spuntare? questo sia detto sempre a meno di notevolissime eccezioni. che sono però eccezioni, e che usano anch’esse, spesso, il mondo universitario come punto di riferimento e di paragone, magari in modo dialettico. parliamo della media. di un mondo – ideale, la città del sole – dove anche le mezze seghe della poesia possano ricevere attenzione critica di livello. così che non debbano più sgomitare nello stagno, spendere le energie che non spendono nell’arte poetica in quella dello sgomitamento, dei favori, del livore, della frustrazione, dell’ipocrisia, degli ammiccamenti etc. etc.

    saluti,
    lorenzo

  31. vedo che in qualche modo c’è stato qualche bel contributo alla discussione. mi spiace che le questioni da me sollevate (sia beninteso, non perché le abbia sollevate io) sono ripiombate in un silenzio complice.

    penso anch’io, con Diamante, che occorre fare attenzione a riporre tutta la fiducia nell’università: vedo poeti spolpati vivi e morti negli istituti di filologia, ma non tutte le scritture favoriscono certi bisturi. c’è poi il rischio di congelamento o di imbalsamazione dell’opera, e vada bene per un classico, ma fino a un certo punto, e non di certo per un contemporaneo.

    quello che si perde, Caro Lorenzo Carlucci, e che è precipuo compito di una critica autenticamente militante (e non dell’università) è la discussione su libri che riverberano sul presente, con addentellati o ipotesi o prospettive: perderli di vista, ognorarli, cioè snobbarli, è il servizio peggiore che possa essere reso : ‘Zamel’ di Buffoni, tutta ‘La descrizione in atto’ e la monumentale (non pubblicata se non in lacerti) ‘L’Italia sepolta sotto la neve’ di Roversi, ‘Fabrica’ di Fabio Franzin ( più e meglio di qualsiasi trattato di sociologia, di qualsiasi inchiesta, pietra di paragone della ‘Condizione operaia’ di Simone Weil),e ‘Rumeni’ di Anna Lamberti Bocconi, ad esempio. Ma come vede, si sono tutti espressi con i più disparati pareri, con le partigianerie solite, e le consorterie, a proposito del premio Strega, una vetrina per tutti, non solo per chi l’ha vinto e per chi l’ha perso, una ubriacatura mediatica paragonabile a quella a cui si assiste puntualmente con il festival di Sanremo.

    Lei Carlucci, aggiunge altri nomi e fa bene. Le dirò poi che non leggo da nessuna parte notizia dei bellissimi sonetti di Berisso, le dirò che uno sperimentale come Lello Voce ha recuperato il suo dialetto campano producendosi così in testi molto interessanti, cosa non nuova a chi viene dallo sperimentalismo , si veda pure la storia di un appartatissimo Achille Serrao….ma il capitolo sui neodialettali è una piaga ulteriore: il pregiudizio pigro nei loro confronti, come lo chiamava Mengaldo, è il più grave di tutti. Si pensa ai neodialettali come a residui di una qualche arcadia: come ancora legati al ‘natio borgo selvaggio’, alla oleografia strapaesana, reazionari, decadenti, conservatori: non si vuole assolutamente notare che i migliori operano nel meticciato, mescidando lingua e culture, aprendosi alle contaminazioni… pensi che un accademico per via dinastica, Giorgio Manacorda, sostiene, testuale: “non vedo perché dovrei leggere un autore italiano in una lingua straniera’… dove l’aggettivo si riferisce al ricorso al dialetto… come se poi Manacorda leggesse direttamente dal cinese, o dal giapponese… senza considerare che si galleggia sempre sui luoghi comuni quando si sostiene che i dialetti sono in via di scomparizione, che non corrispondono più a una koiné, che sono archeologia…mi pare che la stessa cosa dovremo pur dirla per l’italiano: non di certo tra le lingue più parlate, scritte o studiate del pianeta… e se è davvero così, occorre che al più presto ci si attrezzi per scrivere in Inglese, o in cinese, o cingalese.

  32. errata corrige: ho scritto LELLO VOCE in luogo di MARIANO BAINO, un lapsus di area, evidentemente

  33. dare notizia di un premio, per poi non parlarne, allora basta l’Ansa, non c’è bisogno di scomodare NI.

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domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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