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le rire 5°: Marx nel senso di fratelli [ 2° ] : Antonin Artaud


 
di Antonin Artaud
 
Les Frères Marx au Cinéma du Panthéon
Nouvelle Revue Française, 1 Janvier 1932

 
    Il primo film dei fratelli Marx che abbiamo visto qui: Animal Crackers, è apparso a me a tutti quelli che vi hanno assistito come una cosa straordinaria, come la liberazione per mezzo dello schermo di una particolare magia che i consueti rapporti fra parole e immagini di solito non svelano, e se esiste uno stato caratteristico, un distinto grado poetico della mente, che si può chiamare surrealismo, Animal Crackers vi partecipa interamente.
    Dire in che cosa questa specie di magia consista è difficile, è ad ogni modo qualcosa che non è specificamente cinematografico forse, ma che non appartiene nemmeno più al teatro e di cui solo certi poemi surrealisti riusciti, se ce ne fossero, potrebbero rendere l’idea. La qualità poetica di un film come Animal Crackers potrebbe corrispondere alla definizione dell’umorismo, se questa parola non avesse perso da molto tempo il suo senso di liberazione totale, di laceramento di tutta la realtà nella mente.
    Per comprendere l’originalità potente, totale, definitiva, assoluta (non esagero, cerco semplicemente di definire, e pazienza se l’entusiasmo mi trascina) di un film come Animal Crackers e a tratti (e in ogni modo in tutta la parte finale del film) di Monkey Business, si dovrà aggiungere all’umorismo la nozione di un qualcosa di inquietante e di tragico, di una fatalità (né felice, né infelice, ma faticosa da definire) che s’insinuerà in esso come la rivelazione di una malattia atroce sotto l’apparenza di una assoluta bellezza.
    Noi ritroviamo in Monkey Business i fratelli Marx, ognuno con il suo proprio stile, entusiasti e pronti, lo si sente, a lottare con le circostanze, ma laddove in Animal Crackers, e fin dall’inizio, ogni personaggio perde la faccia, si assiste qui e durante i tre quarti del film a delle gag di pagliacci che si divertono e fanno degli scherzi, qualcuno davvero molto riuscito, e non è che nel finale che le cose si complicano, che gli oggetti, gli animali, i suoni, il padrone e i suoi domestici, l’ospite e i suoi invitati, che tutto questo si esaspera, impazzisce e comincia a rivoltarsi, tra i commenti a volte estasiati e lucidi di uno dei fratelli Marx, stimolato dallo spirito che ha potuto finalmente scatenare e di cui sembra il commento stupefatto e passeggero. Non c’è niente di contemporaneamente allucinante e terribile come questa specie di caccia all’uomo, come questa battaglia di rivali, come questo inseguimento nelle tenebre di una stalla di bovini, di un fienile dove da tutte le parti pendono ragnatele, finché uomini, donne e bestie interrompono il loro girotondo e si ritrovano in mezzo ad un mucchio di oggetti eterogenei, del cui movimento e del cui rumore si serviranno a turno.
    Che in Animal Crackers una donna si rovesci di colpo, a gambe all’aria, su di un divano e mostri, per lo spazio di un istante, tutto quello che noi avremmo voluto vedere, che un uomo si getti bruscamente in un salone su di una donna, faccia con lei alcuni passi di danza e poi la sculacci a tempo di musica, è quasi l’esercizio di una specie di libertà intellettuale, dove l’inconscio di ciascuno dei personaggi, compresso dalle convenzioni e dalle usanze, si vendica e vendica il nostro allo stesso tempo. Se in Monkey Business un clandestino si getta su una bella donna che incontra e danza con lei, poeticamente, in una specie di ricerca del fascino e della grazia del portamento, la rivendicazione spirituale appare doppia, e mostra tutto quello che c’è di poetico e forse di rivoluzionario nelle gag dei fratelli Marx.

    Ma che la musica sulla quale danza la coppia del clandestino e della bella donna sia una musica di nostalgia e d’evasione, una musica di liberazione, indica a sufficienza l’aspetto pericoloso di tutte queste gag umoristiche e che lo spirito poetico, quando si manifesta, tende sempre a una specie di anarchia bollente, a una disgregazione integrale del reale ad opera della poesia.
    Se gli Americani, al cui spirito questo genere di film appartiene, non vogliono capire questi film che umoristicamente e in materia di umorismo non si tengono mai che sui margini facili e comici del significato di questa parola, tanto peggio per loro, ma questo non ci impedirà di considerare il finale di Monkey Business come un inno all’anarchia e alla rivolta totale, questo finale che mette il muggito di un vitello allo stesso livello intellettuale e gli attribuisce la stessa qualità di dolore lucido di un grido di una donna che ha paura, questo finale dove nelle tenebre di un sudicio fienile, due valletti vendicatori palpeggiano come pare a loro le spalle nude della figlia del loro padrone, e trattano alla pari con il padrone isterico, tutto questo nel mezzo dell’ubriacatura, intellettuale essa stessa, delle piroette dei Marx Brothers. E il trionfo di tutto questo è in una specie di esaltazione contemporaneamente visuale e sonora, che tutti questi avvenimenti raggiungono nelle tenebre, nel grado di vibrazione al quale arrivano, e in quella specie d’inquietudine potente che il loro accumularsi finisce per proiettare nella mente.

[ traduzione o. p. ]
 
 
da
ANTONIN ARTAUD
Ouvres Complètes
TomeIV
Le Théâtre et son Double
1938 Editions Gallimard
Deux Notes. I. [ pag. 165 ]

 
 
le rire 1°: La vita del filosofo Kant di Cesare Zavattini
le rire 2°: à la Cage [ Water Walk ] di John Cage
le rire 3°: ZAMPIRONI di Alberto Savinio
le rire 4°: Marx nel senso di fratelli di Groucho Marx
 
 

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