ricorda la ex-moglie di mio fratello?
di Chiara Valerio
Dio mio, c’era qualcosa in questo essere ragazzi che la vita domestica e la civiltà stessa non riuscivano a toccare, e spesso potevano diventare pazzi o esasperanti, ma quando perdevano questa componente, i ragazzi come gli uomini, erano spenti. Così a una donna non rimaneva che scegliere fra un ragazzo troppo cresciuto e un piatto maschio americano, ed entrambe le scelte potevano farti diventare matta, ma almeno con il ragazzo la tua follia era più omicida che suicida, come invece avveniva nell’altro caso. Non c’era da stupirsi se gli uomini al bar, o quando andavano a cacciare o a pescare, si chiamavano tra loro ragazzi. Dicevano: vado a bere una birra coi ragazzi, vado a pescare coi ragazzi. E nei loro occhi c’era una luce diversa, una luce di distanze, di fantasticherie e di predilezione, come se stessero srotolando la bandiera per cui avevano prestato servizio quando erano giovani. Voci dalla luna di Andre Dubus (Mattioli 1885, trad. di Nicola Manuppelli) è un esterno giorno americano con al centro una famiglia sghemba formata da un padre, un figlio adolescente che vuole farsi prete, un altro figlio più adulto, ballerino che, più o meno, lavora nella gelateria del padre, la moglie del ballerino, ballerina lei stessa, una figlia che vive altrove ed è indecisa – ma non per vizio, per disposizione di sé – tra erba e cocaina, una madre che lavora come cameriera in un bel ristorante fuorimano, lungo una highway, Melissa in camicia di jeans annodata in vita che fuma sul campo da softball e Conroy, il suo cane, che ogni tanto si perde nel buio. Al figlio adolescente e sarà molto difficile rimanere cattolici a casa nostra piace Melissa, e a Melissa lui, il ballerino ha divorziato, il padre quarantasettenne dei due si è innamorato della ballerina, e la sposerà. Il padre dunque sposa l’ex moglie del figlio maggiore. E con È colpa del divorzio il romanzo comincia.
In Voci dalla luna i nomi delle persone, delle cose, dei luoghi e delle geografie ci sono, e sono nomi propri che pure fanno qualche eco, tuttavia ciò che rende questo romanzo difficile da dimenticare è il racconto dei rapporti tra le persone, i luoghi e le geografie che strutturano e complicano, che innamorano e perdono la vita dei personaggi, degli uomini, delle donne e degli adolescenti e dunque anche i nostri. I nostri rapporti di lettori che hanno famiglie o le pensano, o solo, continuano a guardare quelle degli altri. In Voci dalla luna si capisce, come un’esperienza propria, che ci sono cose molto peggiori che amarsi, che due che si amano devono sempre essere egoisti, rivolti uno verso l’altra, girando le spalle al mondo, se vogliono che il loro amore duri che, anche tu, aspetti che troppe cose ti accadano. Sprechi tutto quel cazzo di tempo a pensare.
Voci dalla luna è, prima di tutto, un racconto di una quotidianità normale, e nel quale, tuttavia, la normalità, grazie alla prosa essenziale ma sempre accudente di Dubus, ha qualcosa di decentrato. Perché Richie Stowe teme che, se il padre sposa la moglie di suo fratello, non potrà mai essere un buon prete, ha paura che, se Melissa gli offre una sigaretta dal pacchetto che tiene nell’incavo dei seni, non potrà continuare a ignorare il proprio corpo che lievita. Perché Brenda, anche se sta per sposare il padre del suo ex marito Larry, ha imparato che il matrimonio è l’unica condizione che la trattiene dall’essere una puttana, perché Joan, la madre di Larry gli dice (…) quello che mi addolora in te, è che tu non lo fai. Così a volte penso che tu abbia abbastanza talento perché questa sia una maledizione per te e non a sufficienza perché sia una benedizione.
E in mezzo a tante comuni stranezze ed esitazioni, Andre Dubus, senza nessun intento didascalico, educativo, senza alcun giudizio (im)morale, anzi con gli occhi attenti di chi si meraviglia e si strugge per la bellezza varia – e talvolta in avaria delle circostanze – ci lascia intontiti e pieni di possibilità dunque salvi, consolandoci che Il nostro compito non è vivere grandi vite, il nostro compito è capire e portare avanti le vite che abbiamo.
A. Dubus, Voci dalla luna (Mattioli 1885, 2011), pp. 134, 17,90 eu.
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possibilmente cercando nel frattempo di non scordarci nessuno nell’auto parcheggiata sotto il sole..
http://eng.shiwaw.net/R/Rolling%20Stones/Rolling%20Stones—Fool%20To%20Cry.mp3