Roberto Bellarmino, cardinale

di Antonio Sparzani
Roberto Bellarmino
Il cardinale Roberto Bellarmino (1542 ― 1621), educato dai gesuiti, era acuto d’ingegno, sapeva e capiva molte cose di scienza, ed era anche, a suo modo, indulgente e incline alla mediazione, per quel che il suo ruolo di inquisitore gli consentiva. Per salvare Giordano Bruno le provò tutte, andò a parlargli ripetutamente in carcere ma quello aveva una schiena dritta come pochi e non ci fu verso di convincerlo a piegarla un tantino per salvare tutta la pelle; Giordano, al secolo Filippo, Bruno da Nola non ne volle in ultima analisi, dopo qualche indecisione, sapere, così che (come raccontavo qui) il non clemente papa Clemente VIII, Ippolito dell’influente famiglia Aldobrandini, decise per la soluzione finale cui un eretico doveva andare incontro.

Ma il Bellarmino era uomo di mediazione e provò anche con Galileo; non naturalmente ai tempi del processo (1633), perché morì un decennio abbondante prima, ma in anni assai precedenti nei quali già la questione della serpeggiante eresia copernicana destava sempre più l’attenzione del sant’Uffizio.
Di tutta l’intricata questione ho molto parlato qui, mentre ora vorrei soltanto aggiungere qualcosa per caratterizzare il personaggio Bellarmino, troppo spesso visto solo come un cattivo persecutore. Questo qualcosa è la celebre lettera al Foscarini dell’aprile 1615.
Il padre carmelitano calabrese Paolo Antonio Foscarini, religioso che aveva sinceramente coltivato un vero interesse per le scienze, e la fisica e l’astronomia in particolare, aveva scritto nel 1615 una Lettera sopra l’opinione de’ Pittagorici, e del Copernico, della mobilità della terra e stabilità del sole, e del nuovo Pittagorico Sistema del Mondo, nella quale, volendo per l’appunto sostenere il punto di vista copernicano, s’adoperava a mostrare come e qualmente esso potesse essere messo d’accordo con le affermazioni in proposito contenute nelle sacre scritture; così si esprimeva Foscarini:

«se l’ipotesi pitagorica» – ossia eliocentrica – «è vera, poco importa che contraddica a tutti i Filosofi e gli Astrologi del mondo, e che per seguirla e pratticarla s’habbia da fare una nuova Filosofia e Astrologia dependente da i nuovi principij e hipothesi che questa pone. Quello che appartiene alle scritture sacre, ne anco gli nuocerà, perciochè una verità non è contraria all’altra. Se dunque è vera l’opinione Pittagorica, sensa dubbio Iddio havrà talmente dettate le parole della Scrittura Sacra, che possano ricevere senso accomodo a quell’opinione, e conciliamento con essa»

che, come vedete, è un’opinione molto chiara e netta sulla natura delle verità: due verità non possono contraddirsi, dunque ci deve essere un modo per metterle d’accordo.
Foscarini, che era prima di tutto devoto uomo di chiesa, mandò la sua lettera al Bellarmino, per averne un autorevole parere. Questi tacque un mese, ma nell’aprile del 1615 rispose con una lettera che riporto qui per intero perché mi pare sia un capolavoro sia di diplomazia che di consapevolezza scientifica, davvero rare per l’epoca. Eccola (l’abbreviazione P.V. usata da Bellarmino significa “Paternità Vostra” dato che Foscarini era all’epoca padre provinciale del suo ordine nella Calabria):

Molto R.do P.re mio
Ho letto volentieri l’epistola italiana e la scrittura latina che la P.V. m’ha mandato: la ringratio dell’una e dell’altra, e confesso che sono tutte piene d’ingegno e di dottrina. Ma poiché lei dimanda il mio parere, lo farò con molta brevità, perché lei hora ha poco tempo di leggere ed io ho poco tempo di scrivere.
1° Dico che mi pare che V. P. et il Sig.r Galileo facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e non assolutamente, come io ho sempre creduto che habbia parlato il Copernico. Perché il dire che, supposto che la terra si muova et il sole stia fermo si salvano tutte l’apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli, è benissimo detto, e non ha pericolo nessuno; e questo basta al matematico: ma volere affermare che realmente il sole stia nel centro del mondo, e solo si rivolti in se stesso senza correre dall’oriente all’occidente, e che la terra stia nel 3° cielo e giri con somma velocità intorno al sole, è cosa molto pericolosa non solo d’irritare tutti i filosofi e theologi scolastici, ma anco di nuocere alla Santa Fede con rendere false le Scritture Sante; perché la P.V. ha bene dimostrato molti modi di esporre le Sacre Scritture, ma non li ha applicati in particolare, che senza dubbio havria trovate grandissime difficultà se avesse voluto esporre tutti quei luoghi che lei stessa ha citati.
2° Dico che, come lei sa, il Concilio proibisce esporre le Scritture contra il comune consenso de’ Santi Padri; e se la P.V. vorrà leggere non dico solo li Santi Padri, ma li commentari moderni sopra il Genesi, sopra i Salmi, sopra l’Ecclesiaste, sopra Giosuè, trovarà che tutti convengono in esporre ad literam (sic) c’il sole è nel cielo e gira intorno alla terra con somma velocità, e che la terra è lontanissima dal cielo e sta nel centro del mondo, immobile. Consideri hora lei, con la sua prudenza, se la Chiesa possa sopportare che si di alle Scritture un senso contrario alli Santi Padri e a tutti gli espositori greci e latini. Né si può rispondere che questa non sia materia di fede, perché se non è materia di fede ex parte obiecti, è materia di fede ex parte dicentis; e così sarebbe heretico chi dicesse che Abramo non habbia avuti due figliuoli e Iacob dodici, come chi dicesse che Cristo non è nato da vergine, perché l’uno e l’altro lo dice lo Spirito Santo per bocca de’ Profeti et Apostoli.
3° Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel 3° cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole, allora bisognerà andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l’intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata: né è l’istesso dimostrare che supposto ch’il sole stia nel centro e la terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che in verità il sole stia nel centro e la terra nel cielo; perché la prima dimostratione credo che ci possa essere, ma della 2° ho grandissimo dubbio, et in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura Santa, esposta da’ Santi Padri. Aggiungo che quello che scrisse: Oritur sol et occidit, et ad locum suum revertitur etc., fu Salomone, il quale non solo parlò inspirato da Dio, ma fu huomo sopra tutti gli altri sapientissimo e dottissimo nelle scienze humane e nella cognitione delle cose create, e tutta questa sapienza l’hebbe da Dio; onde non è verisimile che affermasse una cosa che fusse contraria alla verità dimostrata o che si potesse dimostrare. E se mi dirà che Salomone parlò secondo l’apparenza, parendo a noi che il sole giri, mentre la terra gira, come a chi si parte dal litto pare che il litto si parta dalla nave, risponderò che chi si parte dal litto, se bene gli pare che il litto si parta da lui, nondimeno conosce che questo è errore e lo corregge, vedendo chiaramente che la nave si muove e non il litto; ma quanto al sole e la terra, nessuno savio è che habbia bisogno di correggere l’errore, perché chiaramente esperimenta che la terra sta ferma e che l’occhio non si inganna quando giudica che il sole si muove, come anco non s’inganna quando giudica che la luna e le stelle si muovano. E questo basti per ora.
Con che saluto charamente V.P., e gli prego da Dio ogni contento.
Di casa, li 12 di aprile 1615.
Di V. P. molto R. come fratello.
Il Card. Bellarmino

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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