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La caccia

cover_la_caccia   di Gianni Biondillo

Laura Pugno, La caccia, Ponte alla grazie, 131 pagine, 2012

 

Mai parlare di “genere” se vuoi essere ben voluto dalla critica, né di racconti se vuoi che un editore ti venda (mistero di una tradizione letteraria in realtà fatta sostanzialmente di racconti, quale quella in lingua italiana). È per questo che La caccia di Laura Pugno viene presentato come un romanzo “letterario”, quando è a tutti gli effetti un racconto “fantastico”. La mia è una semplice constatazione non un (pre) giudizio, e dalla mia so che la fortuna dell’autrice sta nell’essere un’ottima poeta, e i poeti mediamente leggono (e scrivono) fantasy, gialli, fantascienza senza pregiudizi.

Due i personaggi messi in scena in questo onirico racconto, tutti e due portatori di passati indicibili e presenti sfocati e inquietanti: Mattias, un ragazzo capace di entrare in contatto telepatico con chi tocca e Nord, il fratello scomparso da una città, Leilja, dove vige un regime postbellico opprimente e militaresco. Di lui Mattias segue le tracce telepatiche che lo portano sui monti selvaggi del Gora, dove è scomparso, proprio come scomparve anni addietro il loro padre. Entrambi alla ricerca affannata di un mistero: la Bestia. Animale o mostro? Vero o illusorio?

La storia si apre col corpo di una ragazza bellissima ritrovata morta nella casa di Nord, ma il sangue rappreso non è di lei, è del fuggiasco. Come si dipanano tutti questi misteri, a caccia di chi prima il fratello maggiore e poi quello minore vanno nel bianco accecante della neve di montagna?

Al di là di una certa prevedibilità dell’intreccio, la ricchezza di questo lungo racconto sta, come è ovvio, proprio nella scelta linguistica: asciutta, pietrificata, scabra. Laura Pugno sembra quasi, in altra forma e genere, dialogare con la lingua poetica che ben conosce: la bestia che i suoi protagonisti cercano è davvero molto simile a quella descritta da Giorgio Caproni ne Il Conte di Kevenhüller. I protagonisti la cercano ma ci sono dentro. O “dietro la Parola”.

(pubblicato su Cooperazione n. 50 dell’11 dicembre 2012)

2 Commenti

  1. Gianni, non vedo il busillis: esistono racconti fantastici letterari e racconti fantastici non letterari… Chi dice che libri di genere non possono essere letterari, sbaglia. Poi, sì, come romanzo è molto breve, e come racconto però parecchio lungo. Grazie, a presto, V.

  2. Vincenzo, il busillis, infatti, per me non esiste. Ma per molti altri sì. (e, come ben sai, non è semplicemente la lunghezza a fare un romanzo. Ho letto racconti più lunghi e romanzi più brevi di questo).

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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