Sestina

di Antonio Maggio

Le mie parole scorrono sul mare
indifferenti a voci della vita
ma l’onda si assottiglia sulla strada
come una piaga chiusa dalla luce
l’immagine minuscola di un uomo
che cerca fra le nubi un altro sogno.

Non ha più senso credere in un sogno
che scorre fra le lacrime del mare
nel vuoto che precede l’ombra d’uomo
rifrangersi in frammenti di una vita
chiamata alle lusinghe della luce
lontano, dove termina la strada.

E i dadi che ho gettato per la strada
delusi dalla sorte, come in sogno
copiavano le forme della luce
come i gabbiani, che emuli del mare
percorrono le rotte della vita
più rapidi del tempo senza l’uomo.

Cercando un volto mi imbattei nell’uomo
fra limpide correnti che alla strada
disvelano le favole e la vita
nell’orizzonte sterile del sogno
lasciato alla deriva in mezzo al mare
a scoprire la grazia della luce.

Ma schiudo le mie palpebre alla luce
per essere soltanto corpo d’uomo
che segue l’inquietudine del mare
quando l’isola sorge sulla strada
come una pietra inerte apparsa in sogno
a cui si aggrappa il soffio della vita

mutato in vento nella nuova vita
in lacrime celate dalla luce
e deboli per scorrere in un sogno.
Sulla porta del faro cerco l’uomo
con i piedi segnati dalla strada
l’istante prima di lasciare il mare.

Il mare mi ricorda che la vita
è sogno breve in cerca della luce
per l’uomo che non sosta sulla strada.

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3 Commenti

  1. Una struttura poetica tra le più belle, trattata con intelligenza e sensibilità; mi ricorda “Miracolo a colazione” di E. Bishop.
    Due note: 1) le necessità metriche costringono a eliminare alcuni articoli, ma nell’ultimo verso “un sogno breve” stava meglio (tutti gli altri nomi hanno il loro “specificatore”, il sogno no… appare così un po’ forzato); 2) nella terza stanza la ripetizione di “come” stride (si può inserire una virgola dopo il 3^ verso per giustificare il senso e il ritmo).
    Buon lavoro e mi auguro di leggerne presto altre.
    marco

    • Ciao, Marco, mi permetto di darti del tu e ti ringrazio per i consigli e le osservazioni. Potevo evitare l’eliminazione di alcuni articoli ma più per una scelta emotiva che per quella metrica ho preferito adoperare versi più “scarni”, soprattutto per “sogno breve” (ho ancora il dubbio se adoperare o meno l’articolo ma volevo riferirmi al verso petrarchesco “che quanto piace al mondo è breve sogno”). Grazie anche per il consiglio di inserire una virgola dopo “come”. Stare attenti alle ripetizioni è la cosa più difficile da fare, a mio avviso, quando si scrive una sestina. Penserò a qualche modifica da apportare; mi piace tantissimo la struttura della sestina lirica e, in momenti particolari, scrivo componimenti di questo tipo, anche perché credo che siano adatti alla riflessione esistenziale. A presto e grazie ancora.
      Antonio

      • Non immaginavo che l’autore stesso potesse rispondermi. Grazie.
        Mi piace l’impianto immaginifico e narrativo della sestina: è come se le parole-rima venissero osservate da diversi, ma coerenti, punti di vista.
        Così il “breve sogno” del congedo (che per un certo verso offre la chiave di lettura dell’intero testo) richiama l'”immagine minuscola di un uomo”, l'”ombra d’uomo” (un uomo che appare sempre un po’ per traverso). C’è poi il tema della ricerca (“in cerca della luce” richiama la ricerca “fra le nubi”, quella del “volto” e dell’uomo dai “piedi segnati”) e dell’aleatorio (“m’imbattei”, i dadi meravigliosamente “delusi dalla sorte”) in cui si rivela la luce, latrice della grazia e “lusinga” abbacinante.
        È un componimento vorticoso: un viaggio delle “parole” e del pensiero su mare che è paesaggio e insieme metafora… “per l’uomo che non sosta sulla strada”.
        Certamente la punteggiatura va rivista (delle lineette potrebbero integrare i segni tradizionali per suggerire percorsi di lettura e recitazione); il labor limae perfezionerà un testo che… invidio tanto.
        Ripeto: mi auguro di rileggere presto un’altra poesia.
        marco

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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
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