cinéDIMANCHE #05 Jurij Borisovič Norštejn “Il riccio nella nebbia” [1975]

 

Mariasole Ariot

 

Della necessità di perdersi. Di smarrirsi almeno una volta.

Come un bambino coperto di spine che ancora non fanno casa, il riccio di Norstein si perde nella nebbia, in un sogno di ombre, di laghi, di incontri.
Tutto è bianco: un rito di passaggio dove il passaggio stesso è un sogno e dove il sogno diventa paesaggio lattiginoso, prima di cielo stellato e lago, poi di vapore, di cavalle bianche nel silenzio, rumori d’acqua, paure a forma di foglia e di grida, una voce adulta di gufo.
Poi la caduta : le acque scure , un dorso misterioso che lo traghetta. E da lontano l’orso chiama disperato per la conta delle stelle.
 
Nessuno sa contare le stelle come te – dice l’amico dopo l’attesa.
 
Ma il piccolo coperto di spine ora ha gli occhi spalancati. Il ricordo è proteso in avanti : una cavalla bianca, il suo destino. La stessa cavalla che Tarkovskij citerà in apertura del suo Nostalghia.
E’ diventare come bambini per poter (r)esistere in quanto adulti.

riccio foglia
yuri 1975 erizo en la niebla nostalghia01

Jurij Borisovič Norštejn (Andreevka, 1941) è considerato tra i più grandi maestri del cinema d’animazione russo. Nel 1975 realizza, con la tecnica del cut-out e l’utilizzo di un prototipo particolare di multiplane camera, Il riccio nella nebbia. Accanto a lui, per la direzione artistica, la moglie Francheska Yarbusova. Qui sotto, un’anteprima della versione inglese del libro tratto dal film, illustrato dalla Yarbusova stessa.


 
cinéDIMANCHE
 

cdNella pausa delle domeniche, in pomeriggi verso il buio sempre più vicino, fra equinozi e solstizi, mentre avanza Autunno e verrà Inverno, poi “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera“, riscoprire film rari, amati e importanti. Scelti di volta in volta da alcuni di noi, con criteri sempre diversi, trasversali e atemporali.

 

Print Friendly, PDF & Email

6 Commenti

  1. cosa ne sarà della cavalla? hai letto questo piccolo, bellissimo film in modo esemplare. Questa figura grande e indifesa che emerge dalla nebbia è proprio il destino di ognuno, il presagio, l’essere al contempo docile e imperscrutabile della vita normale. E la paura come un gufo – a sua volta spaventato e sorpreso – che ci segue, e la fiducia come un cane festoso, e l’imprevisto aiutante magico che viene quando si decide di lasciare che le cose siano come sono (stare nel fiume). Perché prima di arrivare a questo si è già visto l’albero, concreto e bello, anche se la stagione è l’autunno e le sue foglie danzano perché cadono; si è già compreso in qualche modo che nella vita c’è un centro e non ne siamo esclusi. Bisogna avere fiducia nelle lucciole. E nel fatto che si torna sempre a casa: una voce ci chiama, c’è del tè nel bollitore.

  2. Grazie di questi commenti magici : Francesca, Andrea, Orsola.
    Lascio qui – anche se in una lingua a me incomprensibile – un inizio di storia dell’animazione russa. La tecnica inventata da Alexandre Alexeieff dello schermo di spilli, le sue ombre, il Monte Calvo.
     

  3. Ti ringrazio per aver parlato di questo capolavoro dell’animazione russa.
    Vidi questo corto diversi anni fa grazie ad un amico. Da allora l’avrò rivisto venti volte, oltre ad averlo condiviso con tantissime persone. Bellissima (dal minuto 8.35 del video) la musica della scena in cui il riccio viene riportato sulla riva…

  4. Caro Michele, felice anch’io che questi nove (grandi) minuti siano circolati toccando molte corde. La scena dell’acqua, il dorso che accompagna come un palmo : tutto un restare incollati allo stupore.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Marta Vive

di Bruno Barbera
Le lettere non andrebbero mai aperte, bisognerebbe rispettare il riserbo e il vincolo dell'inchiostro che non avrebbe mai voluto denudarsi sotto forma di parole intellegibili, mi dico quando penso.

Tundra e Peive

di Francesca Matteoni
È certamente una fiaba. Anzi, è l’incontro e la rielaborazione di molte fiabe: Il pifferaio di Hamelin, Hansel e Gretel, Peter Pan, i miti della selkie e alcuni racconti sciamanici.

Lettere dall’assenza #6

di Mariasole Ariot
Non beccare, dicevi diventa la tua lingua, fornifica un linguaggio, dicevi non credere a chi dice che è scomparso. Ma cosa diventa una lingua se non ha papille?.

Scatole cinesi

di Giovanna Daddi Perciò non si muove. Poco prima si muoveva, fino a qualche giorno fa: si muoveva fin troppo. Entrava nelle stanze, aprendo una porta dietro l’altra, come scatole cinesi infinite.

Defrost: esorcismo e universalità del dolore

di Fabio Ciancone
È la paura che porta il soggetto a congelarsi, a rimanere inerme di fronte al proprio terrore; è la stessa paura che impedisce di distaccarsi dalla “colonia”, come viene chiamata nel testo, «un’aggregazione strutturata: gerarchizzata, instabile, tumultuosa»

OSTRAKON – Alessandro Ghignoli

Estratti dal libro Ostrakon di Alessandro Ghignoli, Anterem Edizioni, 2022 ...
mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
Mariasole Ariot ha pubblicato Essendo il dentro un fuori infinito, Elegia, opera vincitrice del Premio Montano 2021 sezione opera inedita (Anterem Edizioni, 2021), Anatomie della luce (Aragno Editore, collana I Domani - 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), poesie e prose in antologie italiane e straniere. Nell'ambito delle arti visuali, ha girato il cortometraggio "I'm a Swan" (2017) e "Dove urla il deserto" (2019) e partecipato a esposizioni collettive.  Aree di interesse: letteratura, sociologia, arti visuali, psicologia, filosofia. Per la saggistica prediligo l'originalità di pensiero e l'ideazione. In prosa e in poesia, forme di scrittura sperimentali e di ricerca. Cerco di rispondere a tutti, ma è necessario potare pazienza. Se non ricevete risposta, ricontattatemi a distanza di un mese. Il mio giudizio per eventuali pubblicazioni è ovviamente del tutto personale.
Print Friendly, PDF & Email
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: