L’allegria di Mario Benedetti

mb NIdi Francesca Fiorletta

 

L’ottima casa editrice Nottetempo sta pubblicando da qualche tempo le opere di Mario Benedetti, narratore, poeta e saggista uruguaiano di origine italiana, scomparso nel 2009, che resta uno degli autori più amati della letteratura latinoamericana. Dopo La tregua (2006) e Chi di noi (2016) ecco Il diritto all’allegria, con la traduzione di Stefania Marinoni. Si tratta di una raccolta composita di prose, contraddistinte dalla solita ironia di Benedetti, nonché dal suo carattere vivamente nostalgico, fortemente empatico col lettore, dotate di un’intelligenza profondamente umana, viscerale, talvolta diremmo chirurgica. 

Di seguito, due estratti.

18. Pruriti e grattacieli

A quanto pare, i cieli soffrono spesso il prurito. Ebbene, proprio per questo esistono i grattacieli. Certi cieli tetri, come quello di New York, li gratta l’Empire State Building, che ha sostituito in questa funzione le sfortunate Torri Gemelle. Nel suo piccolo, l’umile cielo di Montevideo, che soffre anch’esso il prurito, è grattato da Palacio Salvo.
I grattacieli non spariscono con gli antistaminici; sono sensibili solo ai terremoti.
A volte, quando i grattacieli esagerano nel loro lavoro per il firmamento, si mette a piovere, i grandi edifici gocciolano e la povertà apre gli ombrelli.
Ho sentito di una ragazza che è un cielo a cui, a quanto pare, prude l’anima. Voglio essere un grattacielo.

66. Segni 

Finché viviamo i segni ci orientano, ma quando moriamo ci disorientano. Talvolta li troviamo in sogno, ma di quelli non ci dobbiamo fidare. Più affidabili sono i segni che ci assalgono nell’insonnia o che ci ammiccano quando siamo fermi davanti a un fiume e la riva ci commuove.
Se sulle mani magre compaiono rughe, le trasformiamo in pugni, per ogni eventualità. I segni più inesorabili li dà sempre lo specchio, quel cretino, e non c’è smorfia che lo scoraggi.
Un uccello può essere un segno, ma può esserlo anche un coccodrillo. Tutti sono segni: la musica, un tuono, il silenzio, un vento burrascoso, il canto di un’allodola, il baccano dei bambini.
Ogni stagione ha il suo segno. L’inverno l’inclemenza, la primavera le rondini, l’estate l’afa, l’autunno la sobrietà.
L’universo è un fiume di segni. Alcuni esplodono e ci riempiono di paura, altri accarezzano e spariscono. Persino la liturgia ha creato il segno della croce, chiaramente senza il permesso del povero Cristo.
Il segno è traccia, cicatrice, imminenza, vertigine esposta alle intemperie, perdurare dell’istante. Ci sono anche i segnali di soccorso, come il tanto citato S. O. S. (Save Our Souls) che non a caso nasce nell’inglese imperiale.
I segni lanciano presagi e poveri noi quando ci segnalano. L’unico modo per liberarsi dai segni è l’oblio, ma chi osa questa chirurgia della memoria?

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