Diaconia dell’Immaginario. Una comunità di artisti

di Bianca Battilocchi

 

«Intendiamo fondare un ORDINE che definiamo della ‘diaconia dell’immaginario’ per la realizzazione di nuovi compiti e impegni di pensiero e di immaginazione, e, analogamente, di attuazione di una innovante visione del mondo e dei rapporti tra il mondo e le arti.»

Così si avvia il testo di un progetto di Emilio Villa, stilato agli inizi degli anni settanta e pubblicato senza commento nel catalogo Emilio Villa, poeta e scrittore, da Mazzotta nel 2008. Questo contiene in sé differenti spunti di riflessione per quanto riguarda la ricerca sperimentale artistica del secondo Novecento e la possibilità di un’azione collettiva, al di fuori di trend o correnti definite.

L’ultimo testo pubblicato di Villa.

Il progetto lascia talora intravedere un dialogo già avvenuto con alcuni dei possibili partecipanti all’ordine e non esclude uno spazio alle necessarie aggiunte e modifiche da decidersi una volta formato il primo nucleo di ‘confratelli’. I campi di studio includono tutte le espressioni artistiche della parola, del suono; del moto, del pensiero, della produzione, riproduzione, coproduzione; della interpretazione, valutazione pensosa … del rito.

Aperta a diverse decine di artisti, selezionati per vocazione e integrità, senza preferenza di genere, età o nazionalità, la vita in comunità si sarebbe strutturata in momenti di ‘meditazione, percezione, creazione, ricreazione, ripensamento, in nome delle ‘strutture libere dell’immaginario’; quello profondo dell’uomo, non quello imposto dai settori della cultura istituzionale. Se è piuttosto evidente il modello monastico e il lessico ecclesiale a cui Villa attinge, tuttavia, come già osservò Tagliaferri nel “Clandestino”, il poeta intreccia a questa concezione del tempo quotidiano la presenza dell’eterno nell’arte.

È questo un tipico appello villiano alla libertà, contro il servilismo del consumo, del gusto, delle ideologie, degli scatoloni preconfezionati, del già visto, di un tempo considerato minore. L’ ‘Indagine immaginaria allo stato puro’ si pone come rottura con tale sistema e si mette a servizio di un immaginario definito ‘rivelante’ e ‘illimite depositario dell’inimmaginabile’. Villa dal canto suo scavalcava le mura delle singole discipline – poesia (visiva, sonora e oggetti poetici), filologia semitica, traduzione, studi e scritti sull’arte primitiva e su quella aniconica coeva – portandole avanti parallelamente e intrecciandole come strumenti finalizzati a una comune ricerca sulle origini dell’arte e del linguaggio. Si dà voce così all’enigma, all’eternità, aspirando a risacralizzare l’arte e ‘fare leva sulle dimensioni più profonde della soggettività, sulla sfera degli impulsi e sull’esperienza della singolarità’ (A. Tagliaferri, Emilio Villa e la riscoperta dell’America da Rothko a Duchamp). Gli artisti con cui collaborava o sui quali scriveva venivano infatti eletti per una stessa vocazione artistica, che sposava la prospettiva duchampiana, di andare oltre all’arte retinale per portare a galla i prodotti della materia grigia. Si può menzionare ad esempio Trous, un’opera nata dalla collaborazione con l’artista Enrico Castellani che realizzò una serie di opere da affiancare ai testi del poeta sul leit motiv dei ‘fori’: simbolo della mancanza come condizione tragica umana.

Enrico Castellani, 5 chalcographies for Trous, with poems by Emilio Villa, 115 copies,
Proposte d’Arte Colophon, Belluno, 1996.

La vita dell’ordine mirava a creare le condizioni ideali per questa indagine, parallelamente individuale e collettiva, lasciando la libertà ai singoli di condurre la propria ricerca per condividerne successivamente i risultati (anche con l’esterno). Si fa appello a un principio di accoglienza che non prevede nessun direttore né insegnante ma una equa distribuzione di servizi per ciascun membro: ognuno proporrà se stesso come alunno dell’immaginario e come esempio; ognuno guarderà agli esempi che si proporranno; ognuno opererà producendo il massimo sforzo spirituale e morale, geniale e responsabile, e per l’adempimento delle finalità dell’ordine.

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Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
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