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Piccola antologia della peste

(Il 22 ottobre è in uscita, per Ronzani Editore, Piccola antologia della peste volume ideato e curato da Francesco Permunian che raccoglie i testi di trentaquattro autori, tra poeti e narratori, corredato dai disegni di Roberto Abbiati. Il brano che segue è l’introduzione al libro del curatore che qui ringraziamo. G.B.)

di Francesco Permunian

Il battito d’ali di una farfalla

«Mentre Dio andava lentamente abbandonando il posto da cui aveva diretto l’universo e il suo ordine di valori, separato il bene e il male e dato un senso a ogni cosa, Don Chisciotte uscì di casa e non fu più in grado di riconoscere il mondo, che, in assenza del giudice supremo, gli apparve all’improvviso d’una spaventosa ambiguità; l’unica Verità divina si scompose in centinaia di verità relative che gli uomini si divisero tra loro. Nacque così il mondo dei Tempi moderni, e con esso il romanzo, sua immagine e modello» – queste le parole di Milan Kundera, tratte da un suo breve saggio (La denigrata eredità di Cervantes) confluito poi in L’arte del romanzo.

Ed è appunto a tali parole – e alla conseguente immagine di un vecchio mondo finito in frantumi sotto i colpi di un virus letale – che s’ispira il progetto di questa antologia costituita dalle varie voci di una realtà improvvisamente implosa e ‘scomposta’ in mille schegge impazzite. Nella speranza di poter ricomporre, attraverso il collante della scrittura, gli infiniti frammenti di un unico affresco nazionale; o perlomeno di riuscire a tracciare i tratti salienti di quella cartografia dell’angoscia e della speranza in cui si rispecchia il volto dell’Italia di oggi.

I volti, per dirla con Fabio Pusterla, di quegli individui che si levano dal disastro contemporaneo e guardano verso l’alto «nell’ascolto dell’eco di un canto forse impossibile a cui non possiamo rinunciare». Ma anche i volti, aggiungo io, di coloro che guardano più prosaicamente verso il basso, nell’ascolto di un’arte nata come eco di quella risata di Dio che è il romanzo moderno.

Prosa e poesia s’intrecciano infatti in questa sorta di originale prosimetro privo di qualsiasi pretesa antologica, simile piuttosto ad un’opera aperta che sta tra l’indagine socioculturale e un inesausto work in progress. Insomma, un ritratto in divenire dell’Italia alle prese col coronavirus affidato alla penna di una trentina di narratori e poeti appartenenti a differenti generazioni, alcuni al loro esordio, altri nella piena maturità artistica. Taluni più noti al pubblico dei lettori, altri invece più laterali o di nicchia, con la presenza non secondaria di una pattuglia di giovani autori che operano e scrivono soprattutto sul web.

E, ciò che più conta, tutti provenienti dagli angoli più diversi del Belpaese, a conferma di una comune Patria letteraria fatta di tante piccole patrie locali, secondo la felice e feconda intuizione di Carlo Dionisotti. Una nazione, in sostanza, intessuta di svariate e molteplici parlate regionali, e perfino comunali: per dire, dal dialetto di una lontana contrada di Marsala – la contrada Cutusìu del poeta Nino De Vita – fino a quella ‘lingua di confine’, impastata di incroci ed esclusioni, che appartiene alla Lugano in cui vive e opera un altro poeta, Fabio Pusterla.

Scendendo perciò da quel confine italo-elvetico, ecco che si giunge di lì a un po’ su quel lago d’Orta in cui risuona il timbro della voce narrante di Laura Pariani per arrivare infine, dopo un bel salto a volo d’uccello, sulle coste dell’Adriatico con la Venezia di Pasquale Di Palmo, la campagna trevigiana di Luciano Cecchinel e di Nicola De Cilia, nonché il Friuli più schivo e remoto di Anna Vallerugo. Compiendo con ciò un itinerario che passa inevitabilmente attraverso il suo centro nevralgico, ossia la Milano di Cristina Battocletti, Pierluigi Panza, Italo Testa, Franco Buffoni, Romano Augusto Fiocchi, Alessandro Zaccuri. Ma anche di Francesco Savio, direi, quotidianamente diviso tra il bancone di una libreria milanese e un quartiere di Brescia, in buona compagnia tra l’altro con Giuseppe Piotti e la sua terribile peste di Salò.

Il tutto (tutto siffatto Nord letterario) storicamente e simbioticamente immerso in quel ribollente crogiuolo linguistico che è la Pianura Padana, humus da cui germogliano inquieti i fantasmi e i vampiri di Roberto Barbolini, arguto e brillante interprete di quella vena terragna e visionaria fiorita lungo il corso del Po e nelle zone adiacenti.

Zone fatte di terra e di acqua dove si muovono, altrettanto inquieti e intrepidi, autori quali Giuliano Gallini (Ferrara), Alice Pisu (Parma), Andrea Cisi (Cremona), Francesca Bonafini (Bologna), per non parlare di Renato Poletti che rumina e rimugina le sue ombre nell’estremo lembo del Polesine di Rovigo.

Proseguendo quindi lungo la dorsale appenninica ci si imbatte in Adrián N. Bravi, uno scrittore italo-argentino che da anni vive tra Recanati e Macerata e la cui prosa, guarda caso, dona l’impressione di essere misteriosamente sospesa tra le sottili invenzioni della sua lingua madre – lo spagnolo – e lo spettacolo melodrammatico della commedia all’italiana. In quanto, per dirla con le sue stesse parole, «possiamo scrivere, pensare e sognare in altre lingue, ma non potremmo mai fare a meno della maternità che la nostra lingua madre rivendica su di noi, perché la maternità di una lingua non ci insegna solo a parlare, ma ci dona uno sguardo e un modo di essere. Parliamo la nostra lingua madre in tante altre lingue».

E oltrepassate le Marche di Adrián Bravi, siamo già alle porte di Roma. Sulla soglia di quell’Urbe eterna che, assieme a Milano, conta il maggior numero di adesioni e contributi a questa Piccola antologia: da Dacia Maraini a Paolo Mauri, da Valerio Magrelli a Elio Pecora e altri valenti poeti e narratori quali Andrea Di Consoli, Gabriele Ottaviani, Leonardo G. Luccone, Fabio Donalisio, Gianni Garrera, Andrea Cafarella. E infine, a conclusione del nostro viaggio immaginario sulle ali di un virus, dopo Roma non resta che tuffarci nel multiforme mondo partenopeo. In certi suoi gironi infernali, qui rappresentati dalla lingua cristallina di Silvio Perrella oppure da quella – in puro barocco napoletano – dell’esordiente Mimma Rapicano.

Postilla

Nella premessa a Nuova teoria del caos («In matematica e in fisica, il cosiddetto ‘effetto farfalla’, causato dal semplice battito delle sue ali, esprime l’idea che minime variazioni nelle condizioni iniziali producano massime variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema») Valerio Magrelli suggerisce l’esistenza di una parentela non solo tra la poesia e la fisica matematica – vedi il suo Millenium poetry – ma altresì tra la chimica e la poesia, convinto com’è che quest’ultima sia innanzitutto una sorta di forma-pensiero, pensiero fatto forma, forma fatta pensiero, chimica non soltanto di parole, bensì di sillabe, lettere, spazi.

Autori vari, Piccola antologia della peste, 2020, Ronzani Editore.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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