Editori da 1000 copie

di Romano A. Fiocchi

Il 26 novembre scorso è apparso in rete un bellissimo e malinconico post di Giovanni Turi dal titolo Convivere con la paura del fallimento. Ovvero la responsabilità di pubblicare un’opera letteraria. Turi è un ex editor che ha fondato una casa editrice coraggiosa. Si chiama TerraRossa Edizioni. TerraRossa pubblica romanzi di autori italiani con l’obiettivo di proporre testi che non siano mero intrattenimento ma che lascino il segno, che cerchino un loro spazio, che ambiscano – come scrive nel post – “ad allargare fosse anche solo di un millimetro l’orizzonte della letteratura”. E TerraRossa, da lettore posso garantirlo, fa Letteratura. Lo fa con penne di alto livello, quali Ezio Sinigaglia e Cristò, puntando poi su nomi nuovi o poco conosciuti che in primo luogo sanno cosa sia la scrittura e l’invenzione narrativa.

Post bellissimo, dicevo, per la descrizione del suo sogno di editore, dei suoi affanni, della sua ricerca, delle sue paure, prima fra tutte quella che il proprio lavoro, ossia l’opera messa sul mercato, finisca prematuramente dimenticata.

Quando accade – scrive Turi – a bruciare non è solo il danno economico e il monito degli scatoloni accatastati in magazzino, ma è anche l’impressione che in realtà quel libro non abbia mai avuto modo di essere valutato: i giornalisti ne ricevono troppi e ne leggono talvolta meno di quanti sono tenuti a recensire per restituire un favore o per non esser da meno dei colleghi di altre testate che hanno già scritto di qualche ‘opera di tendenza’; i librai sono costretti a star dietro alle proposte dei distributori, alla burocrazia dei resi e all’impersonale concorrenza degli store online; il pubblico sta perdendo la voglia di cercare qualcosa di diverso, di farsi spiazzare dalle novità editoriali, né si fida più di chi parla di caso-editoriale, opera-imperdibile, libro-necessario, scrittura-originale, capolavoro – definizioni che tutti abbiamo contribuito a svuotare di significato”.

Alla complessità di un mondo editoriale in continua evoluzione, dove i colossi si contendono il mercato lasciando ai piccoli soltanto le briciole, si è dunque aggiunto l’aggravio di quello che Turi chiama “questo anno assurdo”. Nonostante il mare in tempesta, l’editore di TerraRossa non ha fermato la sua programmazione e ha fatto uscire due romanzi: La casa delle madri di Daniele Petruccioli e Binari di Monica Pezzella. Un azzardo? Un gesto di ribellione verso il destino? Un atto di caparbietà, motivato dal proprio ideale? Con la malinconia di cui dicevo più sopra, ma anche con signorilità, Turi si giustifica:

Non posso prevedere quanto l’emergenza in corso, l’assenza delle fiere editoriali e dei cicli di presentazioni influenzeranno le vendite; non so quanto le pressioni dei grandi gruppi editoriali, che sono ancora più esposti alla crisi, condizioneranno l’operato dei librai e le scelte della stampa; non so quanti lettori raggiungerà questo post e quanti crederanno che valga la pena dare un’opportunità a questi due romanzi e ai loro autori; non do per scontato che chi li leggerà proverà la stessa emozione che hanno suscitato in me. Se non altro, mi resta però il privilegio di guardare con orgoglio anche questi nuovi titoli del catalogo TerraRossa e ho imparato che con le paure tocca purtroppo conviverci, senza dargliela vinta, senza smettere di fare del proprio meglio, finché se ne ha la forza”.

Sento, tra le righe, le stesse parole scritte da Gaetano Colonnese, l’editore e libraio napoletano prematuramente scomparso nella primavera del 2004. Colonnese citava Gobetti, Formìggini, Ricciardi, Scheiwiller. Piccoli editori, diceva, che si sono sforzati di mantenere vivi i migliori aspetti della tradizione editoriale, la qualità e gli aspetti artigianali soprattutto. Alcuni di loro per le loro idee hanno dato la vita, come Piero Gobetti, perseguitato dagli squadristi del regime, o Angelo Fortunato Formìggini, suicidatosi dopo la schiacciante oppressione delle leggi razziali. Colonnese li chiamava editori di mille copie (ed era sottinteso che nell’elenco includesse se stesso):

Editori di mille copie, che hanno indicato nuovi campi di indagine e nuovi sentieri culturali. Editori che intendevano la tipografia come architettura: un alternarsi di pieni e di vuoti, un gioco di proporzioni dove basta un nulla, qualche millimetro più su o più giù, un carattere più piccolo o più grande, per rovinare l’armonia della pagina stampata. La società della globalizzazione appiattisce tutto, anche i libri. Esistono, per fortuna ancora oggi, dagli Appennini alle Ande, editori grandi e piccini di notevole progettualità culturale e senso estetico. Al contrario dei colossi, preoccupati soprattutto a confezionare scoop e best-seller, immessi sul mercato con estrema prepotenza, che sottraggono spazio ad altri libri che i lettori vorrebbero e farebbero bene a leggere. Tutto questo mette in pericolo non solo la cultura, ma anche la democrazia”.

Questo, Gaetano Colonnese. Per chi volesse leggere per intero il post originale di Giovanni Turi, qui il collegamento.

 

 

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gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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