Articolo precedente
Articolo successivo

Mots-clés__Fuori

Fuori
di Elisa Ghia

America, A Horse With No Name -> play

___

___

Da Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, Roma, minimum fax, 2019, pp. 173-174.

Mentre lui parlava io guardavo fuori dalla vetrata dello studio suo e mi sono accorto che stavo a piangere dopo tanto tempo e che non mi ricordavo più se avevo pianto qualche volta nella vita mia, però allora era sicuro che stavo a piangere perché per me quello era stato il segno nero più nero di tutti i segni neri del mondo e dell’universo. Guardavo fuori alla spianata degli orti e degli alberi mentre la guazza se ne calava alla terra e confondeva le cose e pure i pensieri mi si confondevano. E poi mi ricordo che il giorno dopo cominciò a nevicare, anche se non era ancora stagione che doveva fare la neve. Che al manicomio chi ci si trova, se ci si pensa bene, sta sempre solo anche se ci sono gli altri, ma non era questo che mi pesava tanto al cuore, era che quella breve storia mi aveva scoraggiato troppo come se ero afflitto da un destino che qualcuno mi voleva male e io non potevo farci niente, là rinchiuso come dentro a un canile con il tempo che non passava mai, anche se per fortuna mia il dottore Mattolini Alvise mi riceveva ogni volta che lo chiedevo di farmi andare nel suo studio, ma non tanto per parlare perché alla fine ci dicevamo sempre le stesse fregnarie, lui però mi osservava, io me ne accorgevo, e scriveva qualcosa su un foglio, non mi faceva vedere più le macchie tanto lo sapevo che erano macchie e basta, mi faceva domande, io parlavo e lui scriveva, che a me la cosa mi cominciava pure a puzzare, che io pure gli facevo domande, ma, a volte, lui si inventava le risposte, ma poi a me non me ne importava tanto, che mi piaceva guardare dalle vetrate i campi e gli orti e gli alberi e per questo ci andavo appena potevo in quello studio, per guardare i campi e gli orti e gli alberi, e con quelli io parlavo per davvero, mica con Mattolini, ma questo non glielo dicevo se no mi si poteva pure dispiacere e allora addio camice bianco.

___

[Mots-clés è una rubrica mensile a cura di Ornella Tajani. Ogni prima domenica del mese, Nazione Indiana pubblicherà un collage di un brano musicale + una fotografia o video (estratto di film, ecc.) + un breve testo in versi o in prosa, accomunati da una parola o da un’espressione chiave.
La rubrica è aperta ai contributi dei lettori di NI; coloro che volessero inviare proposte possono farlo scrivendo a: tajani@nazioneindiana.com. Tutti i materiali devono essere editi; non si accettano materiali inediti né opera dell’autore o dell’autrice proponenti.]

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

È morto un poeta

di Igor Esposito
Terremoto, bradisismo, peste o fiume che esonda e tutto travolge è inequivocabilmente, da quarant’anni, la babelica drammaturgia di Enzo Moscato; ecco perché anche ai finti sordi che hanno avuto la sorte di inciampare in una pièce di Moscato è apparsa la poesia del teatro e della vita

Su “Guerre culturali e neoliberismo” di Mimmo Cangiano

di Antonio Del Castello
Cangiano non mette mai in discussione il fatto che sia giusto politicizzare (o ripoliticizzare) sfere private (come l’identità di genere o l’orientamento sessuale) a lungo escluse dalla lotta politica, ma segnala i limiti di un’operazione di questo tipo quando sia attuata sullo sfondo di una de-politicizzazione dell’economia e dei rapporti di produzione

Frontiere, innesti, migrazioni. Alterità e riconoscimento nella letteratura

di Tiziana de Rogatis
Le migrazioni e le convivenze multiculturali e multietniche sono assediate oggi da semplificazioni, retoriche, manipolazioni e menzogne mediatiche di diverso orientamento. In un simile contesto storico, la pratica del commento permette di restituire alla parola sullo straniero un fondamento condiviso

“Culo di tua mamma: Autobestiario 2013 – 2022”. Intervista ad Alberto Bertoni

a cura di Andrea Carloni
Leggere davvero una poesia implica sempre un atto di riformulazione interiore e dunque di rilettura: e sollecita l’affinamento di una dote specifica

Su “The interrogation” di Édouard Louis e Milo Rau

di Ornella Tajani
Perché questo titolo, "The interrogation"? Louis si chiede cosa siano il successo, il fallimento, e dove sia il suo vero io: sulla scena o dietro lo schermo; in quel cognome così socialmente chiassoso, Bellegueule, che ha voluto abbandonare, oppure in Louis, il paravento della propria vulnerabilità

Esporre l’assenza. La mostra di Sophie Calle a Parigi

di Ornella Tajani
C’è sempre qualcosa di poliziesco nei lavori di Calle: la psiche (degli altri, ma sua innanzitutto) si fa terreno d'indagine. Però, se è vero che tre indizi fanno una prova, Calle preferisce sempre trovarne soltanto due, e dalla coincidenza cominciare a ricamare, così come vuole la letteratura
ornella tajani
ornella tajani
Ornella Tajani insegna Lingua e traduzione francese all'Università per Stranieri di Siena. Si occupa prevalentemente di studi di traduzione e di letteratura francese del XX secolo. È autrice dei libri Tradurre il pastiche (Mucchi, 2018) e Après Berman. Des études de cas pour une critique des traductions littéraires (ETS, 2021). Ha tradotto, fra vari autori, le Opere di Rimbaud per Marsilio (2019), e curato i volumi: Il battello ebbro (Mucchi, 2019); L'aquila a due teste di Jean Cocteau (Marchese 2011 - premio di traduzione Monselice "Leone Traverso" 2012); Tiresia di Marcel Jouhandeau (Marchese 2013). Oltre alle pubblicazioni abituali, per Nazione Indiana cura la rubrica Mots-clés, aperta ai contributi di lettori e lettrici.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: