Mots-clés__Angelo

Angelo
di Carla Burdese

Michele Gazich, L’angelo ubriaco -> play

___

___

Serafino preposto al coraggio, da: Pietro Pancamo, Sia fatta la tua comicità. Paradise strips, Cletus Production, Roma, 2012, pp. 17-21.

Gli angeli si diplomano al Conservatorio Astronomico perché studiano la musica, che le sfere celesti producono ruotando. Fanno l’analisi armonica degli accordi supremi che, una volta, anche gli uomini eletti (Pitagora, ad esempio) avevano la forza e il diritto di ascoltare.
Gli esami sono molti, però che gran soddisfazione ultimare i corsi e ottenere infine (lode al Signore!) il permesso d’insegnare.
I miei studi sono a buon punto e fra poco l’esame conclusivo mi darà il titolo che sogno tanto: quello di Maestro!
Nel frattempo, grazie alle mie doti vocali, già occupo la carica di tenore-capo nella gerarchia lirica del Conservatorio: sono forse il più bravo, tra gli allievi di “Esercitazione corale”. E poi, dirlo mi riempie di gioia, lavoro come assistente di un angelo cherubino che scende ogni giorno in Terra, posandosi delicato sulla quercia di un bosco dolce e campagnolo, per educare gli uccellini al canto. Li abitua a portare il cinguettio in maschera e a sorreggerlo con il diaframma; non tutti riescono subito, anzi nessuno: perciò hanno bisogno di me, “serafino preposto al coraggio” che deve esortarli a ignorare la delusione.
Mi capita, spesso, di calmare i picchi, tanto irascibili da abbandonarsi a voli isterici e rabbiosi, dopo un acuto sbagliato. Per sfogare il rammarico dell’errore, percuotono il becco addosso agli alberi, facendosi (io credo) un male diavolo!
Allora intervengo: abbraccio con la mano grande il loro corpicino scosso dai nervi, accarezzo piano la testolina invasata di furore e fischietto per loro qualche melodia celeste; così, lentamente, l’ira si placa. L’agitazione, tachicardia dei nervi, torna ad essere tranquillità.

Una lezione dura da mattina a sera e in fondo non è pesante: diverse pause concedono sollievo alla stanchezza. Io mi apparto, negli intervalli, su di un ramo nascosto e mi svago a pensare. Se un’aria d’opera comincia a formarsi nella mia immaginazione, la scrivo per appunti sulle foglie pentagrammate che gli uccelli usano a mo’ di spartito e, magari, cerco di farla somigliare a quelle dei compositori più illustri. No, non Rossini o Mozart, come ritengono gli uomini, bensì Giove, Saturno e Urano, come noi angeli sappiamo benissimo!
Quando mi annoio, tento un’occhiata verso l’orizzonte e sempre vedo qualcosa d’interessante che mi convince a osservare il paesaggio. Ho una vista incantevole dagli occhi panoramici che possiedo in volto: gli avvenimenti fanno tappa nel mio sguardo, e nulla viene considerato con poca attenzione.
D’altronde come può sfuggirmi una persona bizzarra simile a quel prete in tonaca di gala, che si avvicina lungo il sentiero mostrando, allegro, un giglio all’occhiello. Ah no! Si tratta di un monaco elegante, che sfoggia un saio a coda di rondine… Macché! Ora lo scorgo chiaramente: è di sicuro un Beato, assorto nel compito di farsi propaganda (distribuisce infatti santini da visita a cacciatori e spaccalegna: “Casomai vi servisse una grazia…”).
Anche Satana gradisce, talvolta, un giro nei boschi: sale dall’Inferno e va a rintanarsi nel buio intricato delle macchie più fitte. Nella tenebra contorta dei rami bassi, in quella notte artificiale, trova l’ispirazione per musiche blasfeme: con spirito malvagio architetta note sacrileghe, bestemmie sinfoniche, allucinazioni sonore da far eseguire alla sua orchestra d’orchi.
Però i concerti non sono mai un granché ed anzi, in Paradiso, gli angeli ironizzano inventando dialoghetti briosi. È facile sentirli scherzare: “Ho fatto una volata all’Inferno per assistere a un’esibizione dell’orchestra d’orchi.”, “Ah sì? E chi suonava? Il primo violino?”, “No, il primo venuto: sai, era una cosa improvvisata…”.
Sorrido fra me per le battute ingenue dei colleghi alati, mentre la mia curiosità continua a sorvegliare la vita intorno. E mi accorgo di un simpatico ragazzo, seduto ai piedi d’una betulla, intento a deliziarsi del tepore e della luce. Sembra davvero uno scrittore, forse perché si è poggiato accanto uno strato di fogli che non smette di compilare, mano mano, a penna.
Affido agli occhi uno sguardo più pronto, per leggere le parole di quel ragazzo… ecco, finalmente capisco: è impegnato a buttar giù la recensione di un libro, che s’intitola Il Silenzio Stonato. Ha scelto la natura come ufficio di lavoro, quel ragazzo, e il suo inchiostro afferma, tutto disinvolto: «Rob Demàtt introduce la fantasia dei lettori all’uso narrativo dei ricordi, costruendo uno sfogo romanzato (dal linguaggio brillante e volitivo) che ha per contenuto un messaggio autobiografico: il sesto senso è quello di colpa. È il rimorso d’aver sprecato gli anni e la vita per dedicarci a illusioni che prima incantavano e che, adesso, ci deridono. Allora un’esclamazione prende in noi a gridare: “Temo il cielo e la terra; il tempo mi sta lasciando solo: entra nelle ossa la paura, il respiro non ha più forza nei polmoni e tutto mi incita alla morte!”.
Ma quando i cicli d’angoscia termineranno e la sofferenza non sarà che uno stimolo di guarigione, scopriremo sollievo anche nel dolore e, nel sollievo, amore».

“Realizzerai i miei desideri?”, domanda l’uomo.
“Aspetta e spira…”, ribatte il destino.
Chissà per quale motivo, la recensione mi ha suscitato in mente questo lugubre giochetto di parole… Certo dev’essere triste per gli uomini ritrovarsi in mezzo alle ore, sempre minacciati da pene e afflizioni. Un giorno, però, avranno soltanto gioia e serenità, perché noi angeli provvederemo a convertire il destino!
Per il momento, io e il Maestro cherubino salutiamo gli uccelli agitando le ali (è sera, la lezione è finita) e torniamo lassù, nel Conservatorio Astronomico, a riascoltar le stelle.

___

[Mots-clés è una rubrica mensile a cura di Ornella Tajani. Ogni prima domenica del mese, Nazione Indiana pubblicherà un collage di un brano musicale + una fotografia o video (estratto di film, ecc.) + un breve testo in versi o in prosa, accomunati da una parola o da un’espressione chiave.
La rubrica è aperta ai contributi dei lettori di NI; coloro che volessero inviare proposte possono farlo scrivendo a: tajani@nazioneindiana.com. Tutti i materiali devono essere editi; non si accettano materiali inediti né opera dell’autore o dell’autrice proponenti.]

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Mots-clés__Pioggia

a cura di Paola Ivaldi
La pioggia mi riporta
i pezzi dispersi
degli amici, spinge in basso i voli
troppo alti, dà lentezza alle fughe e chiude
al di qua delle finestre finalmente
il tempo. [Patrizia Cavalli]

Tre segreti di Pulcinella su vita e politica

di Lorenzo Mizzau
Dispositivo. Che il mondo in cui viviamo si esaurisca in un vertiginoso reticolo di dispositivi, sorprende così poco che, a ben guardare, proposizioni simili assumono oggi tutta la carica di ovvietà della tautologia.

Calvino: tre maniere stilistiche (1963-1972)

di Chiara De Caprio
È apparso per la casa editrice il Mulino "La lingua di Calvino" di Chiara De Caprio, terzo volume della Collana Italiano d’autore, diretta da Andrea Afribo, Roberta Cella, Matteo Motolese. Per gentile concessione dell’editore, si pubblica il paragrafo Tre maniere stilistiche (1963-1972)

Nel mondo di Francesca Alinovi. Intervista a Giulia Cavaliere

a cura di Pasquale Palmieri
Nel libro ho cercato di raccontare come quei tratti distintivi nel discorso di Alinovi siano profondamente corrispondenti alle tensioni umane e culturali della sua contemporaneità, di quel passaggio di pieno postmodernismo, in cui i Settanta diventano Ottanta, in cui il collettivo e l’individuale sembrano coesistere per un attimo prima di darsi il cambio definitivamente

Immagini fantasma: Rimbaud, Michon, Proust, Carson

di Ornella Tajani
Nel 1981 Hervé Guibert ha dimostrato definitivamente le potenzialità del racconto di una foto in absentia: in "L’image fantôme" l’autore crea un percorso fra scatti mai sviluppati, perduti o in via di decomposizione, in ogni caso invisibili a chi legge. Il supporto diventa irrilevante: in una scrittura di questo tipo, «che la fotografia di cui [si] parla sia vera o inesistente è esattamente la stessa cosa»

Il romanziere a caccia di chimere: “Palafox” di Éric Chevillard

di Daniele Ruini
Erede dell’esuberanza comica di Rabelais così come della tradizione anti-romanzesca risalente a Laurence Sterne e Denis Diderot, Chevillard nei suoi libri prende le distanze da ogni costruzione romanzesca tradizionale
ornella tajani
ornella tajani
Ornella Tajani insegna Lingua e traduzione francese all'Università per Stranieri di Siena. Si occupa prevalentemente di studi di traduzione e di letteratura francese del XX secolo. È autrice dei libri Tradurre il pastiche (Mucchi, 2018) e Après Berman. Des études de cas pour une critique des traductions littéraires (ETS, 2021). Ha tradotto, fra vari autori, le Opere di Rimbaud per Marsilio (2019), e curato i volumi: Il battello ebbro (Mucchi, 2019); L'aquila a due teste di Jean Cocteau (Marchese 2011 - premio di traduzione Monselice "Leone Traverso" 2012); Tiresia di Marcel Jouhandeau (Marchese 2013). Oltre alle pubblicazioni abituali, per Nazione Indiana cura la rubrica Mots-clés, aperta ai contributi di lettori e lettrici.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: