L’indicibile Necessarium

Il bagno nell’architettura contemporanea

di Alberto Giorgio Cassani

«Se vuoi il mio consiglio, abbellisci il tuo cesso e abbellirai la tua anima»
I Simpson1
Fig. 1 Otto Wagner, Bagno, Esposizione per il Giubileo, Vienna, 1898
Come l’architettura moderna ha affrontato quel tema così essenziale e al tempo stesso oggetto di “tabù” che è il luogo dove le persone svolgono, oltre la cura del corpo, le loro inevitabili funzioni fisiologiche? Una volta Alberto Savinio scrisse che quando si rese conto che anche la donna da lui amata era costretta ad andare, come tutti gli umani, al gabinetto, la sua visione “dolcestilnovistica” del genere femminile subì un serio contraccolpo.2
La storia del bagno del Novecento inizia nell’Austria fine secolo, quando l’architetto Otto Wagner disegnò la prima toilette moderna, con la rivoluzionaria e “scandalosa” vasca trasparente di cristallo per il suo appartamento in Linke Wienzelle 38 a Vienna, progetto così descritto da Adolf Loos, il fustigatore dell’ornamento: «Il bagno è un gioiello. Tutto il rivestimento delle pareti, del pavimento, la copertura dell’ottomana e dei cuscini sono dello stesso tipo di stoffa spugnosa di cui sono fatti i nostri accappatoi. Otto Wagner è riuscito a procurarsi il campione di un violetto discreto, e il bianco, il violetto e l’argento dei mobili nichelati, degli oggetti da toilette e della vasca da bagno creano la suggestione cromatica. La vasca da bagno è fatta di cristalli per specchi montati con cornici nichelate. Persino i cristalli sopra il lavabo – sfaccettati – sono stati eseguiti in base ai disegni di Wagner. Naturalmente anche l’incantevole guarnizione della toilette».3 E sull’ambiguità di quella vasca August Sarnitz ha giustamente annotato: «Non si poteva non raccogliere l’evidente ambivalenza tra l’estetica della trasparenza, etica della purezza e l’erotismo della nudità».4
Fig. 2 Adolf Loos, Bagno pompeiano, Villa Karma, Clarens (Montreux), 1904-1906
Proprio Adolf Loos, l’autore del celebre j’accuse Ornamento e delitto (1908), assieme al suo amico scrittore e massimo autore di aforismi dell’età contemporanea, Karl Kraus, è colui che ha posto “filosoficamente” il tema della cura del corpo al centro della riflessione d’inizio secolo. Loos ha scritto: «Il primo ornamento che sia stato ideato, la croce, era di origine erotica. Esso fu la prima opera d’arte, la prima manifestazione d’arte che il primo artista scarabocchiò su una parete, per liberarsi di una sua esuberanza. […] Ma l’uomo del nostro tempo, che per un suo intimo impulso imbratta i muri con simboli erotici, è un delinquente o un degenerato. È naturale che questo impulso assalga con maggior violenza l’uomo che presenta tali manifestazioni degenerate quand’egli si trova al gabinetto. Si può misurare la civiltà di un popolo dal grado in cui sono sconciate le pareti delle latrine»;5 per inciso, su ciò non sarebbe stato d’accordo Robert Zimmermann, in arte Bob Dylan, che, in un verso di una sua canzone, ammonisce: «Attenzione ai muri del bagno che non hanno scritte».6 Ma, tornando a Loos, egli sostenne anche che «senza idraulico (plumbers) non esiste diciannovesimo secolo»,7 indicando nel moderno bathroom anglosassone il modello cui necessariamente rifarsi per introdurre la civiltà occidentale in Austria. Il bagno e il gabinetto sono il regno dell’idraulico:8 meglio che gli architetti secessionisti – leggi Joseph Maria Olbrich e Josef Hoffmann – non ci mettano mano! Ma l’intero articolo di Loos è talmente bello che oso sfidare la pazienza dei miei venticinque lettori pubblicandolo quasi per intero:
Fig. 3 Adolf Loos, Bagni pubblici, Graben, Vienna, 1905 (foto dell’autore)
Potremmo benissimo immaginare il nostro secolo senza falegnami: in questo caso useremmo mobili di ferro. Altrettanto tranquillamente si potrebbe eliminare lo scalpellino: il cementista si assumerebbe il suo lavoro. Ma senza idraulico (plumber) non esiste diciannovesimo secolo. Egli ne è diventato l’emblema ed è per noi, oggi, insostituibile. […]
Abbiamo superato la paura delle montagne, abbiamo superato il timore di fronte al pericolo, abbiamo superato il timore della polvere delle strade, dell’odore del bosco, della stanchezza. Non abbiamo più paura di sporcarci, non abbiamo più il sacro terrore dell’acqua. Al tempo in cui dominava ancora la concezione latina del mondo, all’incirca al tempo di Luigi XIV, non ci si sporcava ma neppure ci si lavava. Solo il popolino si lavava. Le persone distinte si facevano smaltare. Dev’essere un bel maiale quello lì se ha bisogno di lavarsi tutti i giorni», si diceva allora… In Germania lo si dice ancora oggi. Ho letto recentemente nel «Fliegende Blätter» che un padre ha dato proprio questa risposta al suo bambino che gli riferiva l’invito del maestro a lavarsi ogni giorno. […]
A quel tempo gli idraulici non avevano niente da fare, ed è così che hanno perduto il loro nome. Naturalmente esistevano impianti idraulici, esisteva l’acqua per le fontane a getto, l’acqua come elemento decorativo. Ma per i bagni, per le docce, per i gabinetti non si poneva il problema. Si era molto parsimoniosi nell’uso dell’acqua per lavarsi. Nei villaggi tedeschi di cultura latina capita ancor oggi di vedersi presentare per la pulizia personale dei semplici catini, così che noi, ormai anglicizzati, non sappiamo come trarci d’impaccio malgrado la nostra buona volontà. […]
Siamo rimasti indietro. Quando, tempo fa, chiesi a una signora americana quale fosse secondo lei la maggior differenza tra l’Austria e l’America, mi rispose: the plumbing! – gli impianti, il riscaldamento, l’illuminazione e le tubature. I nostri rubinetti, gli scarichi, i WC, i lavandini, ecc. sono ancora molto, molto indietro rispetto agli impianti inglesi e americani. Il fatto che, quando vogliamo lavarci le mani, dobbiamo uscire in corridoio per andare a prendere l’acqua con una brocca, il fatto che vi siano dei gabinetti senza lavandini, questa è la cosa che colpisce maggiormente gli Americani. Sotto questo aspetto l’America sta all’Austria come l’Austria sta alla Cina. Si obietterà che tali impianti esistono già anche da noi. Certamente, ma non dappertutto. […]
Un appartamento senza stanza da bagno! In America questo è inconcepibile. L’idea che alla fine del diciannovesimo secolo esista un paese di milioni di abitanti che non hanno la possibilità di fare quotidianamente un bagno, sembra agli Americani un fatto mostruoso. È per questo che anche nei quartieri più infimi di New York si può dormire in grandi dormitori pubblici, per dieci centesimi, in modo più igienico e più confortevole che nelle locande dei nostri villaggi. È per questo che in America esiste una sala d’aspetto unica per tutte le classi, dove anche quando sono più affollate non si sente il minimo odore. […]
Pensiamoci bene: in realtà non è di arte che abbiamo bisogno. […] invece di impiegare il denaro pubblico per promuovere le arti, si dovrebbe avviare un processo di civilizzazione. Accanto alle accademie si costruiscano dei bagni pubblici e si creino tanti bagnini quanti professori. Un più alto livello civile produce naturalmente un’arte più elevata, che si potrà poi sviluppare senza l’aiuto statale. […]
E se a ogni stanza da letto non corrispondesse anche un locale per il bagno, lo Stato dovrebbe costruire immensi bagni pubblici, di fronte ai quali le Terme di Caracalla farebbero la figura di un piccolo gabinetto privato. Lo Stato dovrebbe pur essere interessato al fatto che il popolo accresca le sue esigenze in fatto di igiene. Perché soltanto quel popolo che si avvicinerà di più agli Inglesi nel consumo di acqua potrà stargli al passo anche sul piano economico; perché soltanto quel popolo che saprà superare gli Inglesi nel consumo dell’acqua sarà designato a succedere loro come dominatore del mondo.
Ora, il plumber è appunto il pioniere di questa campagna per la pulizia. È il più prezioso artigiano dello Stato, il furiere della cultura, della cultura che oggi è decisiva. Ogni lavandino inglese con rubinetto e scarico è una testimonianza del progresso.9
Fig. 4 Le Corbusier, Bagno, Villa Savoye, Poissy, 1928-1931
Oltre a Loos, anche Karl Kraus, dal canto suo, ci ha lasciato questo fulminante aforisma sul tema: «Ci sono tre stadi del progresso. Il primo: quando in un gabinetto non c’è nessuna targa. Il secondo: quando compare una targa con una scritta che prescrive di riordinarsi gli abiti prima di lasciare il luogo. Il terzo: quando, alla fine della scritta, si spiega che la cosa è giustificata da preoccupazioni di decenza. Noi ci troviamo in questo stadio supremo del progresso».10 Ma il fustigatore dei costumi viennesi era particolarmente interessato all’argomento, come dimostrano questi ulteriori imperdibili aforismi: «Leggo che nel capoluogo russo di Rybinsk, le somme destinate alla manutenzione dei monumenti vengono impiegate per la manutenzione dei gabinetti pubblici. In altre città succede il contrario, ma da nessuna parte si ottiene una distribuzione equa. Se però potessi scegliere, mi deciderei senza dubbio per il sistema adottato a Rybinsk»;11 «L’Impero è stato costruito nello stile delle sue case: inabitabile, ma bello. Ci si è presi cura di fare delle logge, ma si può dire con orgoglio che si sono dimenticati i gabinetti. Possiamo esser contenti: da noi è la loggia che puzza»;12 «Posso dare la prova che è [sc. quello tedesco] pur sempre il popolo dei poeti e dei pensatori. È in mio possesso un rotolo di carta igienica, stampato a Berlino, che contiene su ogni foglio una citazione da un classico appropriata al momento»;13 ma forse il più significativo, che tra l’altro mette in campo, oltre se stesso, anche il suo amico Loos, è questo aforisma tratto dalla raccolta Tempo: «Adolf Loos e io, lui letteralmente, io linguisticamente, non abbiamo fatto e mostrato nient’altro se non che fra un’urna e un vaso da notte c’è una differenza e che proprio in questa differenza la civiltà ha il suo spazio. Gli altri invece, gli spiriti positivi, si dividono fra quelli che usano l’urna come vaso da notte e quelli che usano il vaso da notte come urna».14
Fig. 5 Le Corbusier, Cabanon, Roquebrune-Cap-Martin, 1951-1952
Il bagno ha sempre prodotto riflessioni filosofiche, fin dalla fine dell’Ottocento. A cominciare da Friedrich Nietzsche che, nei Frammenti postumi, 1869-1889, ha ironicamente affermato: «“Un impulso verso il meglio” – formula per “andare al gabinetto”».15 Ma è stato soprattutto il Novecento a esser ricco di riflessioni sul tema. Metafora dell’isolamento per Albert Camus – «La solitudine perfetta. Nell’orinatoio di una grande stazione all’una del mattino»;16 luogo ideale di lettura per lo scrittore americano Henry Miller – «Oh i meravigliosi intervalli al gabinetto! A essi devo la mia conoscenza di Boccaccio, Rabelais, Petronio, dell’Asino d’Oro. Tutte le mie valide letture, si può dire, furono fatte al gabinetto»;17 oggetto della suprema ironia dell’ingegner Carlo Emilio Gadda – «E ora vi stava lavorando il funzionale novecento, con le sue funzionalissime scale a rompigamba, di marmo rosa: e occhi di bue da non dire, veri oblò del càssero, per la stireria e la cucina; col tinello detto office: (la qual parola esercitava un fascino inimmaginabile sui novelli Vignola di Terepáttola). Coi cessi da non poterci capire se non incastrati, tanto razionali erano, di cinquantacinque per quarantacinque; o, una volta dentro, da non arrivar nemmeno al sospetto del come potervisi abbandonare: cioè a manifestazione alcuna del proprio libero arbitrio. Ché, per quanto libere, sono però talvolta impellenti e dimandano, comunque, un certo volume di manovra»;18 bersaglio della caustica genialità aforistica di Leo Longanesi – «Un tempo, il benessere era un mito, un sogno di giustizia; oggi no, esso è soltanto un desiderio immediato. E i miti a breve scadenza non accendono più la fantasia. Un ribelle, ora, si placa appena conquista il bagno»;19 luogo di “liberazione”, in tutti i sensi, per Guido Ceronetti – «Il rimedio contro i cattivi sogni – raccontarli subito al buco del cesso – è razionalissimo. Raccontare il sogno al cesso è purgarsene, scaricare la mente, come si scarica il corpo, nel luogo adatto. Da anni pratico questo metodo e lo raccomando a chi non sia superstizioso. La pratica è da estendere a ogni genere di costipazione mentale: libidini, fanatismi, amori, lutti, ricordi dolorosi, paure, manie, ambizioni ecc. Ti chiudi nel cesso e ti purghi, confessandoti al grande orecchio-buco, che non rivelerà niente a nessuno. Il cesso è un medico onesto e un fedele amico».20 Ma è stato un autore della scapigliatura milanese tra fine Ottocento e primi Novecento, Carlo Dossi, a definire questo luogo, più di tutti, con ironica crudezza: «Il cesso lo chiamano il comodo. Ed è il luogo quasi sempre il più incomodo della casa! – Noto che gli architetti nei loro progetti di casa, paiono sempre le persone più poetiche del mondo. Si dimenticano che l’uomo ha un culo… e non trovano posto pel cesso. Fatta la fabbrica poi, lo allogano in fondo a qualche baltresca o sconciamente lo attaccano in sul di fuori […]. E sì che la sala da pranzo, senza il cesso, è incompleta…».21
Fig. 6 Ludwig Mies van der Rohe, Bagno, Villa Tugendhat, Brno, 1928-1930
E così si torna di nuovo al tema del tabù – su cui, per inciso, esiste una bella conferenza di Barbara Penner – autrice del fondamentale Bathroom22 – dal titolo, appunto, di Toilets and Taboos, visibile su YouTube.23 Già Flaubert aveva accusato gli architetti di dimenticarsi sempre di mettere le scale nei loro progetti;24 Dossi vi aggiunge ora anche il cesso. Oltre a porre il problema “sociologico” del bagno, gli architetti del Novecento hanno cercato, naturalmente, di dare la miglior forma al locum necessarium: dopo Wagner, è stato proprio Loos a disegnare il fastoso “bagno pompeiano” di villa Karma a Montreux (1903-1906), ma anche quello “nihilista” di villa Müller a Praga (1930) nonché i civilissimi bagni pubblici nel Graben (1905) – quanto diversi dai bagni pubblici-patchwork di Hundertwasser a Kawakawa del 1999!, autore che del resto non amava Loos. A questi tre esempi, è impossibile non aggiungere il celeberrimo bagno della Villa Savoye (1928-1931) di Le Corbusier – artefice anche di altre famose toilette come quelle per il suo appartamento in Rue Molitor a Parigi (1931-1934) o per il mitico “Cabanon” a Roquebrune-Cap-Martin (1951) – o i bagni, classici del Moderno e forse noti solo agli studenti d’architettura, di Ludwig Mies van der Rohe per Villa Tugendhat a Brno (1928) e Casa Farnsworth a Piano, Illinois (1945-1951), quest’ultimo l’unico ambiente della casa a essere celato alla vista di possibili voyeur (preoccupazione massima della committente, Edith Farnsworth, coltissima, ma poco amante del vetro…).
Fig. 7 Ludwig Mies van der Rohe, Schizzo del bagno di Casa Farnsworth, Plano (Illinois), 1945-1951 (MoMA)
Senza dimenticare, naturalmente, il contributo dato dagli artisti. A cominciare dal genio di Marcel Duchamp, che aveva trasformato un orinatoio nel più celebre dei ready-made, firmandolo R. Mutt e ribattezzandolo Fountain (1917); diverso e analogo, al tempo stesso, il senso di America (2016), il water d’oro massiccio, perfettamente funzionante, realizzato per il Museo Solomon R. Guggenheim di New York da Maurizio Cattelan che, da vero re Mida, trasforma in oro tutto ciò che tocca (con qualunque parte del corpo); mentre pienamente surreale è il water per trampolieri di Jacques Carelman (anni Settanta).
Fig. 8 Marcel Duchamp, Fountain, 1917 (foto di Alfred Stieglitz)
Come che sia, il bagno, oltre che necessario, sarà sempre un luogo utile per consolarci, senza essere visti, dalle nostre delusioni, come c’insegna la celebre battuta di Igor/Marty Feldman in quel capolavoro del genere comico di tutti i tempi che è Frankenstein Junior: «Quando la sorte ti è contraria e hai mancato del successo, smetti di far castelli in aria e va’ a piangere sul…».25

 

Note:

Voglio ringraziare l’amica Elisabetta Di Stefano, docente di Estetica all’Università degli Studi di Palermo, per avermi ricordato la paternità loosiana dei bagni pubblici al Graben di Vienna.

  1. Citazioni.org, http://www.citazioni.org/stanza-da-bagno/315801.html [data di ultima visualizzazione: 18 ottobre 2021].
  2. Nonostante un’assidua ricerca, non sono più riuscito a ritrovare il passo di Savinio. Senz’altro uno scherzo del Nostro. In compenso posso segnalarvi la descrizione, tutta uditiva, del lavacro di Stephania Michailshon, studentessa russa di lettere all’Istituto di Studi Superiori di Firenze, descritto da Savinio nella sua opera prima, Hermaphrodito, pubblicata nel 1918 dall’editore Vallecchi di Firenze, nel capitolo dal titolo Un bagno russo. Ed. cons. Hermaphrodito, in Ermaphrodito e altri romanzi, A cura di Alessandro Tinterri, Introduzione di Alfredo Giuliani, Milano, Adelphi, 1995, pp. 3-194: 61-64. Un piccolo cammeo: «Ah, l’acuta, epica, fantastica complicazione d’una completa abluzione femminile, alle tre del mattino, attraverso la porta d’una family house fiorentina sospesa in altezza, come una nave piratesca, sugli spalti brontolini del Lungarno Acciajoli!», ibid., pp. 62-63.
  3. Adolf Loos, Die Interieurs in der Rotunde, 12. Jun 1898, in Id., Ins leere gesprochen. 1897-1900, Berlin W, Verlag Der Sturm, MCMXXI, pp. 54-59: 58, trad. it. di Sonia Gessner: Gli interni della Rotonda, in Id., Parole nel vuoto, Milano, Adelphi, 1972, 19802, pp. 25-32: 31.
  4. August Sarnitz, Otto Wagner. 1841-1918. Pioniere dell’architettura moderna, Köln etc., Taschen, 2005, p. 53.

    Fig. 9 Maurizio Cattelan, America, 2016 (foto Jacopo Zotti)
  5. Adolf Loos, Ornament und Verbrechen, 1908, in Id., Sämtliche Schriften, In Zwei bänden, Herausgegeben von Franz Glück, Herster Band: Ins Leere gesprochen 1897-1900; Trotzdem 1900-1930, Wien-München, Verlag Herold, 1962, pp. 276-288: 276-277, trad. it. di Sonia Gessner, Ornamento e delitto, in Id., Parole nel vuoto, cit., pp. 217-228: 218.
  6. La frase, così in italiano, è tratta dal web e ho supposto che provenga da una canzone del menestrello di Duluth. Ma quale, purtroppo, non so dire.
  7. Adolf Loos, Die plumbers, 17. Juli 1898, in Id., Ins leere gesprochen. 1897-1900, cit., p. 76, trad. it. cit., I plumbers, in Id., Parole nel vuoto, cit., pp. 57-64: 57.
  8. Cfr. A. Loos, Die Interieurs in der Rotunde, cit., p. 56, trad. it. cit., Gli interni della Rotonda, cit., pp. 28-29.
  9. A. Loos, Die plumbers, cit., pp. 76-80, trad. t. cit., I plumbers, cit., pp. 57-62.
  10. Karl Kraus, Länderund Leute, in Id., Sprüche und Widersprüche, Münich, Albert Langen, 1909, trad. it. Id., Detti e contraddetti, a cura di Roberto Calasso, Milano, Adelphi, 1972, 19793, pp. 151-158: 153.
  11. Karl Kraus, Von den Sehenswürdigkeiten, in «Die Fackel», X, n. 266, 30 November 1908, pp. 5-10: 5, trad. it. in Aforismario, https://www.aforismario.eu/2019/12/frasi-gabinetto-wc.html [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  12. Karl Kraus, Von zwei Städten, in Id., Pro domo et mundo, München, A. Langen, 1912, trad. it. Di due città, in Id., Detti e contraddetti, cit., pp. 233-235: 234.
  13. Karl Kraus, 1915, in Id., Nachts, Leipzig, Kurt Wolf, 1918, trad. it. Di notte, in Id., Detti e contraddetti, cit., pp. 315-348: 318.
  14. Karl Kraus, Zeit, in Id., Nachts, cit., trad. it. Tempo, in Id., Detti e contraddetti, cit., pp. 291-309: 293-294.
  15. Friedrich Nietzsche, Nachgelassene Fragmente 1869-1889, Kritische Studienausgabe Herausgegeben von Giorgio Colli und Mazzino Montinari, München, Deutscher Taschenbuch Verlag de Gruyter, 1988, trad. it. parziale: Frammenti postumi, 1869-1889, in Aforismario, https://www.aforismario.eu/2019/12/frasi-gabinetto-wc.html [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  16. Fig. 10 Marty Feldman/Igor, Frankenstein Junior, 1974, regia di Mel Brooks
    Albert Camus, Carnets I, II, III. Mai 1935 – décembre 1959, Paris, Gallimard, 1962, 1964, 1989, trad. it. parziale: Taccuini 1935-1959, in lefrasi.com, https://www.lefrasi.com/frase/albert-camus-solitudine-perfetta-nell-orinatoio-grande-stazione?bg=p55 [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  17. Henry Miller, Black Spring, Paris, Obelisk Press, 1936, trad. it. parziale: Primavera nera, in Citazioni.org, https://www.citazioni.org/stanza-da-bagno/315794.html [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  18. Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Torino, Einaudi, 1963, citato in The Edinburgh Journal of Gadda Studies, https://www.gadda.ed.ac.uk/Pages/resources/walks/subwalks/bizze/ville.php [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  19. La sua signora. Taccuino di Leo Longanesi, Milano, Rizzoli, 1957, citato in Wikideck, https://wq-it.wikideck.com/Leo_Longanesi [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  20. Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo. Materiali per studio di medicina, Milano, Adelphi, 1979, citato in Aforismario, https://www.aforismario.eu/2019/12/frasi-gabinetto-wc.html [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  21. Carlo Dossi, Note azzurre (scelte e ordinate dalla vedova), Milano, Fratelli Treves, 1912, citato in Aforismario, https://www.aforismario.eu/2019/12/frasi-gabinetto-wc.html [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  22. Barbara Penner, Bathroom, London, Reaktion Books, 2013.
  23. Barbara Penner, Toilets and Taboos, conferenza tenuta all’University College London il 18 novembre 2014, in Youtube, https://www.youtube.com/watch?v=BfuyTDf3zXE [data di ultima visualizzazione: 17 ottobre 2021].
  24. Gustave Flaubert, Le dictionnaire des idées reçues, Texte établi d’après le manuscrit original et publié avec une introduction et un commentaire, [éditée par E.-L. Ferrère], Paris, Louis Conard, 1913, p. 44 (PDF): «architectes – tous imbécilles. – oubliente toujours l’escalier des maisons».
  25. Young Frankenstein [Frankenstein Junior], 1974, 105 min., regia di Mel Brooks.
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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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