Chez Proust: un podcast tra le intermittenze del cuore

René-Xavier Prinet, “La digue de Cabourg”, 1926

 

di Daniele Ruini

 

Un libro come si deve rimanda sempre altrove e fuori
(Bohumil Hrabal, Una solitudine troppo rumorosa)

 

Tra le numerose uscite editoriali che in questo 2022 stanno celebrando il centenario della morte di Marcel Proust, il posto d’onore spetta, in Italia, alla pubblicazione per La Nave di Teseo della traduzione dei 75 fogli, ovvero il nucleo originario della Recherche a lungo ritenuto scomparso e tornato alla luce nel 2018. Non è tuttavia di questo che qui si vuole parlare, bensì di un podcast prodotto da Emons Record e dall’Institut Français d’Italia e curato dalla scrittrice e filosofa Ilaria Gaspari.

Chez Proust, strutturato in 10 puntate, è stato pensato per accompagnare la versione in audiolibro della Recherche prodotta dalla stessa Emons, che ha affidato la lettura del capolavoro proustiano –nella ormai classica traduzione di Giovanni Raboni– alle voci di importanti attori.

Tuttavia, se poco interessante è –per chi scrive– ascoltare l’impostata lettura delle pagine proustiane, davvero coinvolgente è invece farsi accompagnare da Ilaria Gaspari nel suo attraversamento del romanzo fiume: bisogna infatti riconoscerle la capacità di trasmettere lo stupore e lo struggimento provocati dall’esperienza della Recherche, a cui si aggiunge il desiderio di coinvolgere altri lettori di Proust, che siano studiosi, scrittori o persone comuni.

Ecco allora che a puntate monografiche dedicate a singoli temi (come l’infanzia, il tempo o lo snobismo), se ne alternano altre di tipo dialogico in cui, in maniera del tutto libera, la Recherche diventa oggetto di conversazione. A questo riguardo uno degli episodi più interessanti è sicuramente il n°2 (Dalla parte dei passanti), in cui Ilaria Gaspari, ispirata dal documentario del 1960 Chronique d’un été (di Jean Rouch e Edgard Morin), si diverte a fare una domanda a bruciapelo ai passanti di Bruxelles, Parigi e Roma: «Avete mai letto Proust?». Ottenendone risposte sempre curiose e talvolta sorprendenti, che danno l’impressione di quanto la concatenazione tra vita e letteratura su cui è costruita l’esperienza proustiana si rifletta anche sui suoi lettori o su chiunque lo abbia incontrato, anche solo sui banchi di scuola.

Tra le altre testimonianze, molto bella quella della professoressa Mariolina Bertini (puntata n°4), che spiega quanto fosse inattuale leggere la Recherche nell’Italia del ’68 e si sofferma sul Proust esploratore dell’inconscio. Così come quella della scrittrice Amélie Nothomb (puntata n°7), che dopo la scomparsa del padre ha sperimentato la sensazione di divenire sempre più simile a lui, un po’ come succede alla mamma del narratore della Recherche dopo la morte della nonna. E quella della poetessa (e compagna di Giovanni Raboni) Patrizia Valduga (puntata n°6), che racconta del suo innamoramento per il barone di Charlus, «il personaggio più strabiliante della letteratura di tutti i tempi».

Con gli strumenti che le derivano dalla sua formazione filosofica, Ilaria Gaspari descrive con grande chiarezza argomentativa il Proust filosofo del Tempo (puntata n°3), che si interroga continuamente sulla promessa di felicità e che nutre una vera e propria ossessione per l’infanzia (quell’età dell’esistenza in cui –proprio per un rapporto peculiare col Tempo di cui siamo destinati a dimenticarci da adulti– si provano le emozioni più forti). E valorizza il suo talento di grande osservatore della natura umana, sulla scia dei grandi moralisti francesi dell’età moderna come Montaigne o La Rochefoucauld: da ciò proviene l’abilità di Proust nel pennellare personaggi indimenticabili, spesso ispirati a persone reali (puntata n°5). O ancora esalta la grande conoscenza proustiana delle leggi del desiderio, delle maschere e delle metamorfosi a cui esso ci costringe (puntata n°9).

Si è rivelata dunque certamente azzeccata l’idea di affidare il timone di questo viaggio non a qualche specialista della Recherche bensì a un’innamorata di Proust, dotata di fine competenza e conoscitrice della lingua e della cultura francese. Quello che se ne ricava è la testimonianza di come l’immersione nelle pagine proustiane lasci in eredità un coinvolgimento destinato a durare per sempre. E, allo stesso tempo, il podcast non teme di confrontarsi in maniera ironica e intelligente con l’effetto respingente suscitato in molti dal romanzo più lungo del mondo, così come affronta in modo originale la ricezione di Proust oggi.

In conclusione, quindi, un esperimento riuscito: dopo aver ascoltato la voce di Ilaria Gaspari, e le conversazioni con i suoi ospiti, è difficile resistere alla tentazione di riprendere in mano la Recherche e –come dichiarato da una delle passanti intervistate– «assaporare ogni frase, cercare di cogliere tutte le sottigliezze, tutte le sfumature».

A cent’anni dalla morte di Proust, la sua impresa letteraria continua ad affascinarci e a lasciarci senza fiato; e ci spinge a seguire ancora una volta il Narratore, ritornare con lui a Combray, incontrare Swann e Odette dalla parte di Méséglise, giocare con Gilberte sugli Champs-Elysées, ammirare l’atelier di Elstir, ascoltare il Settimino di Vinteuil, desiderare ardentemente di recarsi a Venezia, andare a teatro a vedere la Berma ed essere salutati dalla duchessa di Guermantes, spiare gli amplessi del barone di Charlus, passare l’estate a Balbec, morire di gelosia per Albertine, scoprire il valore eternante della memoria involontaria e di quel miracolo chiamato letteratura.

 

 

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ornella tajani
ornella tajani
Ornella Tajani insegna Lingua e traduzione francese all'Università per Stranieri di Siena. Si occupa prevalentemente di studi di traduzione e di letteratura francese del XX secolo. È autrice dei libri Tradurre il pastiche (Mucchi, 2018) e Après Berman. Des études de cas pour une critique des traductions littéraires (ETS, 2021). Ha tradotto, fra vari autori, le Opere di Rimbaud per Marsilio (2019), e curato i volumi: Il battello ebbro (Mucchi, 2019); L'aquila a due teste di Jean Cocteau (Marchese 2011 - premio di traduzione Monselice "Leone Traverso" 2012); Tiresia di Marcel Jouhandeau (Marchese 2013). Oltre alle pubblicazioni abituali, per Nazione Indiana cura la rubrica Mots-clés, aperta ai contributi di lettori e lettrici.
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