A Book of Days di Patti Smith

 

di Giorgio Sica

A proposito di: PATTI SMITH, A BOOK OF DAYS, BOMPIANI, 2023

Può essere strano immaginarsi su Instagram una delle poche icone sopravvissute a quegli anni irripetibili ed eccessivi in cui il Lower East Side di Manhattan era diventato il centro del mondo. Eppure poche settimane fa Patti Smith ha deciso di raccontare attraverso un delizioso album fotografico la sua esperienza sui social, iniziata nel 2018 su suggerimento della figlia Jesse che le aveva consigliato di aprire un suo profilo vero, per distinguerlo dai tanti falsi che circolavano in rete. Nel breve testo che introduce la raccolta, Patti racconta che, nonostante la ritrosia iniziale, si è presto sentita a suo agio su Instagram, potendo coniugare due delle sue maggiori passioni: la scrittura e la fotografia. E aggiunge che “sta a noi saper distinguere” nell’utilizzo dei social, ricordandoci che la mano che digita è “la mano [che] compone un messaggio, carezza i capelli di un bambino, tira indietro la freccia e la fa volare”.

Le trecentosessantasei frecce di Patti “che puntano al cuore comune delle cose” sono omaggi alle varie forme in cui si manifesta la bellezza; spesso sono vere e proprie elegie in cui rende omaggio con vecchie Polaroid d’epoca, il più delle volte scattate da lei, ai luoghi che ha amato e ai tanti amici e maestri scomparsi. Il suo “Libro dei giorni” diventa così un lunario in cui Patti celebra artisti più o meno maledetti, leader spirituali e santi laici, caffè e cimiteri parigini, e mitici luoghi della sua giovinezza, dalla libreria Shakespeare & Co. sulla rive gauche ai club del Lower East Side, tra cui il Wo Hop di Chinatown e il CBGB, sul cui palco si è fatta la storia dell’art rock.

©Patti Smith – p. 313

In queste vene di memoria scorrono le immagini dei suoi amici e sodali William Burroughs, Bob Dylan, Allen Ginsberg, Lou Reed, Joan Baez, Tom Verlaine e Michael Stipe; che si affiancano, senza soluzione di continuità, con i visi, le stanze, a volte le tombe, dei suoi maestri e delle sue fonti di ispirazione. E così, attraverso un delicato gioco di corrispondenze, Virginia Woolf figura accanto a Gérard de Nerval, Antonin Artaud a Werzer Herzog, Jackson Pollock a Gustave Doré e all’amatissimo Arthur Rimbaud, a cui Patti ritorna più volte, ricordando anche che il suo album Horses doveva essere pubblicato nel giorno del compleanno del poeta e che, per una coincidenza fortuita, verrà pubblicato invece nel giorno della sua morte.

 

E in più giorni torna il ricordo, corredato da didascalie commoventi, di Robert Mapplethorpe, l’amore della sua vita, di cui Patti conserva come amuleti i preziosi doni, tra cui Ariel, la raccolta di poesie dell’adorata Sylvia Plath.

“Robert era il mio amore”, p. 58 – ©Patti Smith

Ma alla memoria Smith alterna, con delicatezza e, spesso, con pudore, tenere, divertenti immagini di sé stessa, dei figli Jesse e Jackson, dei suoi gatti tra i suoi mille libri, e di minimi oggetti – penne, taccuini, occhiali, le onnipresenti tazze di caffè – che si susseguono come “preziosi talismani” che l’hanno accompagnata e che la proteggono ogni giorno: Patti li offre generosamente al lettore in un tentativo forse utopistico, sicuramente necessario, di mostrare che i social possano anche trasformarsi in un luogo di cura e di celebrazione.

“Where there were deserts/ I saw fountains”, cantava Patti in People Have the Power e, con questo Libro dei giorni, la rivoluzione gentile che ha sognato e predicato con i suoi versi e la sua musica sembra aver trovato un nuovo mezzo di espressione.

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Mots-clés__Pioggia

a cura di Paola Ivaldi
La pioggia mi riporta
i pezzi dispersi
degli amici, spinge in basso i voli
troppo alti, dà lentezza alle fughe e chiude
al di qua delle finestre finalmente
il tempo. [Patrizia Cavalli]

Tre segreti di Pulcinella su vita e politica

di Lorenzo Mizzau
Dispositivo. Che il mondo in cui viviamo si esaurisca in un vertiginoso reticolo di dispositivi, sorprende così poco che, a ben guardare, proposizioni simili assumono oggi tutta la carica di ovvietà della tautologia.

Calvino: tre maniere stilistiche (1963-1972)

di Chiara De Caprio
È apparso per la casa editrice il Mulino "La lingua di Calvino" di Chiara De Caprio, terzo volume della Collana Italiano d’autore, diretta da Andrea Afribo, Roberta Cella, Matteo Motolese. Per gentile concessione dell’editore, si pubblica il paragrafo Tre maniere stilistiche (1963-1972)

Nel mondo di Francesca Alinovi. Intervista a Giulia Cavaliere

a cura di Pasquale Palmieri
Nel libro ho cercato di raccontare come quei tratti distintivi nel discorso di Alinovi siano profondamente corrispondenti alle tensioni umane e culturali della sua contemporaneità, di quel passaggio di pieno postmodernismo, in cui i Settanta diventano Ottanta, in cui il collettivo e l’individuale sembrano coesistere per un attimo prima di darsi il cambio definitivamente

Immagini fantasma: Rimbaud, Michon, Proust, Carson

di Ornella Tajani
Nel 1981 Hervé Guibert ha dimostrato definitivamente le potenzialità del racconto di una foto in absentia: in "L’image fantôme" l’autore crea un percorso fra scatti mai sviluppati, perduti o in via di decomposizione, in ogni caso invisibili a chi legge. Il supporto diventa irrilevante: in una scrittura di questo tipo, «che la fotografia di cui [si] parla sia vera o inesistente è esattamente la stessa cosa»

Il romanziere a caccia di chimere: “Palafox” di Éric Chevillard

di Daniele Ruini
Erede dell’esuberanza comica di Rabelais così come della tradizione anti-romanzesca risalente a Laurence Sterne e Denis Diderot, Chevillard nei suoi libri prende le distanze da ogni costruzione romanzesca tradizionale
ornella tajani
ornella tajani
Ornella Tajani insegna Lingua e traduzione francese all'Università per Stranieri di Siena. Si occupa prevalentemente di studi di traduzione e di letteratura francese del XX secolo. È autrice dei libri Tradurre il pastiche (Mucchi, 2018) e Après Berman. Des études de cas pour une critique des traductions littéraires (ETS, 2021). Ha tradotto, fra vari autori, le Opere di Rimbaud per Marsilio (2019), e curato i volumi: Il battello ebbro (Mucchi, 2019); L'aquila a due teste di Jean Cocteau (Marchese 2011 - premio di traduzione Monselice "Leone Traverso" 2012); Tiresia di Marcel Jouhandeau (Marchese 2013). Oltre alle pubblicazioni abituali, per Nazione Indiana cura la rubrica Mots-clés, aperta ai contributi di lettori e lettrici.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: