La pioggia è un coro di gocce

copertina Poeta dell ariadi Romano A. Fiocchi

Chicca Gagliardo, Il poeta dell’aria. Romanzo in 33 lezioni di volo, Hacca, 2014.

Ci sono libri che ti fanno smettere di fumare, libri di diete, libri nati per intrattenerti e basta, e libri così, come Il poeta dell’aria, che ti insegnano a volare in trentatré lezioni. Posso garantire che ho iniziato a volare sin dalla prima. Perché il volo che ti insegna Chicca Gagliardo è il volo in un’altra dimensione, una sorta di teoria delle relatività in versione poetica. Non si tratta di invenzioni grottesche o di bizzarrie dal sapore surrealista, ma proprio di istruzioni per l’uso di una visione “altra” della realtà. Ed è un po’ come la curvatura dell’universo: una volta che afferri il concetto, è impossibile tornare a concepire la cosa in modo differente. Ecco perché, scrive Chicca Gagliardo, la visionarietà della poesia e della scienza non sono mai state tanto vicine.

Tutto è iniziato in metrò mentre leggevo la prima pagina del Preludio, Il paesaggio dell’aria. Lì si apprende che all’interno della città visibile c’è un paesaggio fatto di aria che scorre trasparente tra piazze, strade e vicoli. Aria che sale, scende, cambia corrente, ora un soffio ora una raffica, onde di aria che si infrangono sugli edifici, sugli alberi, sui lampioni. Quando sono uscito dal metrò, ho sentito che mi immergevo in cunicoli fatti di aria, che respiravo i respiri degli altri passeggeri, che mi muovevo nel negativo (in senso fotografico) di un mondo di cui avevo visto sempre soltanto il positivo. Da allora, tutte le volte che scendo in una metropolitana o percorro strade attraversate dal vento, mi sento come il Poeta dell’aria. E come lui sento la vertigine della consapevolezza: l’aria è materia consistente, la stessa consistenza di tutto ciò che ha un corpo. È solo più leggera, essenziale come lo è la simbologia dei sogni. Ma l’aria può avere anche uno stato d’animo, che non è altro se non il vento. Ed è addirittura di vari colori a seconda dell’intensità. Insomma, il nulla è cosa palpabile, esiste, e se puoi afferrare questa idea puoi diventare un poeta – questo ti dice il Poeta dell’aria.

Ma Il poeta dell’aria è tante altre cose. Gli appunti che ho preso sulla pagina prima della terza di copertina mi portano a rileggere alcuni brani, come questo: “La musica è fatta d’aria, le note scorrono nell’aria, senza aria non ci sarebbe musica. La musica, che è invisibile, è l’arte più metafisica. E anche la più fisica: ha il potere di trascinare il corpo. Ogni nota appare fino a che l’aria la sostiene, poi la forza di gravità la fa cadere e la nota si dissolve. Ogni nota viene dal nulla e torna nel nulla”. Ci sono qua e là nella prosa della Gagliardo versi di poesia pura, semplice, leggera come il Poeta dell’aria. Sentite anche questo: “La pioggia è un coro di gocce”. Ecco un’altra verità filosofica che una volta appresa non dimentichi più. Quando ti capita di uscire per strada sotto la pioggia, ti rifiuti di aprire l’ombrello, vuoi sentire ancora una volta il coro di gocce. Che si fa musica metafisica, ossia poesia.

Poi ci sono le ombre, quella parte di noi che tutti ci dimentichiamo, che consideriamo estranee a noi e invece non lo sono. Le ombre sono esseri autonomi che ci seguono, nostri alter ego – poetici perché dimenticati – che invece di stare attenti a non sfiorarsi con spalle e gomiti come facciamo noi, si incrociano e si sovrappongono. Sono creature già di per sé straordinarie in quanto gli unici corpi bidimensionali esistenti in natura, esistono come esiste l’aria ma esistono solo per chi le percepisce. E percepirle non è cosa facile perché il cervello ritiene inutile la loro presenza e fa sì che vengano ignorate. Per vederle devi quindi volerlo, devi concentrarti, solo così ti accorgi che questi nostri doppi hanno caratteristiche opposte e complementari alle nostre: le ombre sono ombre nella luce, noi siamo ombre quando non c’è luce.

klein - foto by ShunkMa il Poeta dell’aria non vive da solo, con lui c’è lo Stormo di Volatori. Hanno nomi strani, come Zuzù (che è un equilibrista), Oboe, Malva, Ulu, gente che sa quanto la poesia sia respiro, gente spinta a volare da qualcosa di profondamente intimo, a volte impossibile da scoprire. Se lo chiedi a Ulu, a seconda del suo umore ti senti rispondere che a spingerla al volo è stata la sua voce d’ambra portata dal caos, oppure la sua voce d’ombra portata dal caso. Sono i giochi di parole di Chicca Gagliardo, suoni e significati che si intrecciano, che sfumano in poesia visiva dal sapore quasi futurista: le impressioni di Malva sulla scala diventano parole graficamente collocate in verticale come gradini, le voci nascoste sul fondo dell’aria finiscono in calce a una pagina bianca come schiacciate dal vuoto, un punto – inteso proprio come segno grafico – significa arrivo e partenza, significa un minuscolo segno scuro inciso dalla punta di una penna e sospeso là, nello spazio vuoto tra il titolo del capitolo e le prime parole.

Al di là di tutti questi letterari giochi di prestigio, Chicca Gagliardo ci mostra la prova dell’esistenza del Poeta dell’aria: una fotografia del body-artist Yves Klein che si tuffa da una finestra, immortalato dallo scatto del grande Harry Shunk. Ed è questa immagine ad incarnare lo spirito di tutto il libro.

Una nota sulla veste grafica. Il Poeta dell’aria è anche un piccolo capolavoro editoriale. I cinque elementi cari a Mardersteig – testo, carattere, inchiostro, carta, legatura – sono qui combinati dalle edizioni Hacca con grande raffinatezza. Lo dico da lettore non solo di libri cartacei ma anche di libri digitali: la versione in e-book di un libro così perderebbe tutto il suo fascino.

1 commento

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Iroko

di Simone Redaelli
Le mattine che usciamo di casa assieme, è ancora buio. Se è inverno, come oggi, troviamo il furgone pieno di ghiaccio. Io entro e mi siedo al mio posto. Papà apre la portiera del guidatore, mette in moto, e la richiude.

Thrilla in Manila

di Gianluca Veltri
Cinquanta anni fa, il 1° ottobre del 1975, si tenne a Manila, tra Joe Frazier e Muhammed Alì, l’incontro di box più drammatico che si ricordi. Terzo e decisivo appuntamento tra due rivali acerrimi.

Via dalla pazza folla olimpionica

di Gianni Biondillo
A Milano le olimpiadi invernali che si inaugurano fra tre mesi sembra che interessino a nessuno. Non c’è più alcun cuore di milanese che batte all’avvicinarsi di questo evento globale. Cos’è successo?

Vi avverto che vivo per l’ultima volta

Gianni Biondillo intervista Paolo Nori
Dopo il 24 febbraio 2022 mi è sembrato chiarissimo che la vita di Anna Achmatova, la società crudele, orribile e insensata nella quale viveva erano molto simili alla nostra.

Milano, a place to bye

di Gianni Biondillo
Fossi ricco sarebbe bellissimo vivere a Milano. “Portofino è a due ore di macchina; in 45 minuti si può pranzare sulla terrazza di Villa d'Este sul Lago di Como; e in tre ore si possono raggiungere St. Moritz, Megève o Verbier”. Il problema è che non sono ricco.

Quell’amore lì

di Linda Farata
Da ieri è in libreria il romanzo d’esordio di Linda Farata, autrice che qui su Nazione Indiana abbiamo già conosciuto, in quanto partecipante (e finalista) del concorso “Staffetta Partigiana”. Con vero piacere pubblico un estratto dal romanzo, ringraziando l’editore che ce lo ha concesso.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: