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Febbraio a Bisaccia

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di Franco Arminio

la bella luce di febbraio.
quest’anno è mancata anche quella.
febbraio è stato avvolto e avvilito
da questa luce vecchia, dicembrina.
prima della fugace primavera
bisogna aggirare il muro di marzo
e le montagne russe dell’aprile.
il paese non è più la belva
di un tempo,
la bocca sdentata, l’umore spento,
sembra che più nulla ormai lo scuota.
io qui sono un fantasma
dentro la testa e dentro la mia casa,
mi sento come una madre
che guarda in una culla vuota.

 

Qui non ho pianto

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di Christian Raimo

Quando mi risveglio dall’anestesia senza braccio, la prima cosa che penso è che se mi scappa da pisciare d’ora in poi dovrò tenere il pisello con il braccio destro, e non l’ho mai fatto. La stanza del limbo postoperatorio è illuminata da una luce avvolgente e materna, e anche il ronzio del neon ha un languore tutto familiare. Sono sdraiato su un letto da ospedale grande e rettangolare; mi hanno lasciato qui da solo, a contemplare i miei sensi ancora attutiti, che si risvegliano a poco a poco, il liquido anestetico è ancora in circolo, e io: mi sento così bene.

Poesia sporca

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di Ferreira Gullar

La città è dentro l’uomo
quasi come l’albero vola
nell’uccello che lo lascia.

[ traduzione misteriosa]

Le macchine liriche. Sei poeti francesi della contemporaneità (2)

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mg1224gen06.JPG A cura di Andrea Inglese e Andrea Raos

(Continuiamo la pubblicazione dei poeti francesi – Hocquard, Portugal, Tarkos – iniziata qui)

Emmanuel HOCQUARD. Nato nel 1940. Tra i suoi libri più recenti : Théorie des tables (1992), Un test de solitude (1998), L’invention du verre (2003), tutti pubblicati da POL. Ha tradotto Charles Reznikoff, Antonio Cisneros, Natacha Strijevskaia, Michael Palmer, Fernando Pessoa.

Il discrimine

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di Francesco Pecoraro

berlusconipique.jpgLo so che tornare e ritornare sempre sulla stessa questione può alla fine darci la nausea.
Ma il “mistero del presente” non ammette scorciatoie, tollera male le sintesi affrettate, richiede una continua messa a punto delle argomentazioni, fino al rischio della noia.
Ritorno sulla questione del rapporto tra Berlusconi (inteso, più che come una persona, come un “Pacchetto operativo completo”) e gli intellettuali italiani.

La Prima Fiamma

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del
maestro Furlen

francesco forlani tedoforo con scorta La sveglia è alle cinque e mezzo. L’incontro alle ore sei in corso Belgio novanta. In corso Belgio novanta per Torino 2006. La torcia non si deve spegnere nemmeno sotto pioggia, neve e vento fino a 120 km/h e il fuoco che sprigiona non deve superare i 10 cm d’altezza con un’autonomia di 15 minuti. Alta 765 mm, 108 mm di diametro e 1,850 kg di peso, è prodotta in 12.000 esemplari numerati. Mitico!! Furlen tedoforo!

senza titolo

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di Massimo Sannelli

1. La poesia di Amelia Rosselli era un urlo corporale, a tutti, attraverso una tecnica precisa. Oggi è diventata un fenomeno elitario: la sua potenza inusuale interessa veramente ad una minoranza dei lettori possibili. Nessun popolo ha veramente accolto Rosselli: o perché «pubblico disattento», come nell’incipit di Documento, o per una reciproca impermeabilità. La poesia antiborghese non è automaticamente una poesia populista: «tu non distribuire / pensieri nelle selve, ai poveri, ma ai / ricchi, dona tutto il mio sangue». Prima di tutto, si trattava di non sedere più ad una tavola conosciuta e non parlarne più la lingua. Quindi: aggredire tavola e lingua con uno scempio raffinato, sulla base di una disposizione millimetrica che fa parte per se stessa. Dunque il sangue di Rosselli appartiene ai ricchi, paradossalmente: non ai poveri, che lo conoscono per elezione, ma possono rifiutarlo.

Libero?

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di Gianni Biondillo

Oggi ho avuto una giornata pesante. Non tanto per il lavoro, in fondo non ho fatto un gran che, ma per un colossale mal di testa che mi ha rovinato il pomeriggio. Colpa della digestione, lo so. Ho mangiato delle schifezze immonde. (In centro, a Milano, si tende a mangiare schifezze immonde, al costo di un pranzo da Chez Maxime.)
In ogni caso. Stasera, tornato a casa, col mio bel colossale mal di testa, ho ritirato la posta dalla casella (quella vera, intendo, non la posta elettronica). A me piace ricevere posta, mi sembra sempre che qualcuno mi pensi, che qualcuno mi voglia bene, insomma. C’era un po’ di tutto: bollette, una rivista di settore, una lettera della banca. E poi, infilata a forza per la sua dimensione, una busta, grande come un A4 (21, 29.7 mm). Su un lato c’era una piccola etichetta col mio indirizzo. Sull’altro lato c’era questo (cliccateci sopra):

Poesia del 14 febbraio

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di Franco Arminio

posta elettronica: nessun messaggio.
telefonino e telefono: muti.
cassetta della posta: vuota.
non ci sarebbe da preoccuparsi,
sono ancora le dieci del mattino,
a quest’ora la gente lavora,
il mondo ti penserà più tardi,
magari ti arriverà
una lettera della banca,
quelle che non apri mai.

Uomo

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di Michele Monina

milano_jam

[Il trasloco di Michele Monina pare biblico. E’ per questo che, di comune accordo, abbiamo deciso di pubblicare il suo articolo uscito su Diario il 20 gennaio scorso, al posto di un pezzo scritto apposta per NI. Per, diciamo, placare i sensi di colpa nei confronti di Andrea Barbieri, che chiedeva delucidazioni sul fenomeno Mondo Marcio in un suo commento (qui); sperando così di captare la sua benevolenza. Sicuramente non riuscendoci. G.B. ;-) ]

Milano, città del fumo. L’incontro con Mondo Marcio avviene in un angolo di strada, come dentro il testo di una sua canzone. È mezzogiorno, e ci si incontra per una colazione da Spizzico. Fuori è arrivata la prima neve, a rendere più ovattato il traffico prenatalizio di Corso Buenos Aires.

Le macchine liriche. Sei poeti francesi della contemporaneità (1)

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A cura di Andrea Inglese e Andrea Raos

[Leggere anche la seconda e la terza parte del dossier.]

Su tale scelta di testi tradotti si è espresso negativamente Alfonso Berardinelli (articolo 1 e 2). Noi gli abbiamo risposto difendendo le nostre ragioni (lettera 1 e 2).

Sei poeti soltanto non possono costituire di certo un paesaggio, ma neppure un semplice scorcio di poesia francese contemporanea. Ciò nonostante l’idea del paesaggio va salvaguardata, ma con un’opportuna correzione. È un “paradigma di paesaggio” quello qui proposto. In esso è possibile rinvenire dei tratti salienti comuni a un paesaggio ben più vasto e variegato.

Niente più culto dei morti nell’Italia del Novecento

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di Christian Raimo e Nicola Lagioia

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Io e Nicola eravamo stati amici – molto amici, stretti, sodali, soprattutto nei due anni in cui le cose stavano andando talmente a scatafascio che potevamo passare le ore a fare battute sarcastiche sul fatto che non avevamo i soldi per comprarci una corda da agganciare al soffitto.
In un’Italia divorata dalla crisi economica, nel maggio assolato e ventoso in cui per un periodo ci dividemmo un appartamentino a San Giovanni, le cose erano andate più o meno in questo modo: io ero depresso perché ero depresso e Nicola era depresso perché – fuori tempo massimo, nevrotizzato dai sensi di colpa – si stava sputtanando i pochi soldi che gli passava una web-agency facendosi nelle vene. Io lo guardavo con gli occhi abbacinati, abbozzavo meraviglia: preparare tutta quella roba lì, le bustine di cellophane, i filtrini di ovatta, il cucchiaino… Tutti i pulpiti su cui sarei dovuto salire per contraddirlo o almeno biasimarlo mi sembravano troppo alti, e del resto ero convinto che lui ce l’avrebbe fatta perché aveva una fidanzata, Betta, che nonostante tutto gli voleva bene, come lui era convinto che io mi sarei salvato perché avevo una famiglia che mi avrebbe fatto in qualsiasi evenienza da materasso protettivo; ma questo, appunto, non ce lo dicevamo.

È in edicola

5

il n. 202 di “Poesia” (Crocetti), con il primo di due articoli di Marco Giovenale dedicati ad alcuni autori nati negli anni 1968-77. Il secondo testo uscirà in marzo. In entrambi è proposta una sezione antologica.
In questo numero di febbraio sono raccolti testi di Gian Maria Annovi, Elisa Biagini, Alessandro Broggi, Giovanna Frene, Florinda Fusco, Vincenzo Ostuni, Laura Pugno, Massimo Sannelli.

Il titolo dato a questo primo saggio e segmento antologico è legato al lavoro affrontato nel contesto di RomaPoesia 2005: Corpo, gelo, tempo, oggetti. Si tratta di un intervento in buona parte indipendente da quella occasione di incontro, ma che a vari campi tematici e riflessioni e discorsi lì impostati fa riferimento.

[ M.G., Questioni e generazioni. Alcuni autori nati negli anni 1968-77. Prima parte: Corpo, gelo, tempo, oggetti, in “Poesia”, a. XIX, n. 202, febbraio 2006, pp. 49-58 ]

La sciagura dei romanzieri italiani: risposta al comparatista Rizzante

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di Giacomo Sartori

1. Il comparatista

Massimo Rizzante è un (ottimo) comparatista, e nel testo pubblicato su Nazione Indiana (qui) ragiona da comparatista. A differenza del tassonomo, che classifica tutto, lottando anima e corpo contro la labirintica infinitezza del reale, e correndo a volte il serio rischio di prendere il proprio naso per una nuova interessantissima specie, il comparatista vola alto nei cieli. Con le sue potenti ali di grande rapace, che gli permettono di farsi un baffo delle ripide e perigliose scarpate che separano le varie vallette che incidono il paesaggio – punta con sicurezza sulle prede di proprio gusto: il suo acuminatissimo sguardo è rivolto alle prede più appetitose. Della fauna minore e dei vegetali che chiudono la catena alimentare nelle varie vallette gliene importa in fondo assai poco. Si potrebbe dire, con un’altra metafora, che la sua visione è quella di un raffinato gourmet, poco preoccupato di cosa si mangi nelle trattorie di second’ordine, sprezzantemente indifferente all’esistenza dei fast food.

Autobiografica

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Giancarlo Tramutoli

di Giancarlo Tramutoli

Ho cercato il mio ego in un pagliaio

ho infilato una cruna d’ago nel culo di un cammello

che è schizzato a razzo bello-bello

senza dire una parola (del resto

non era mai andato a scuola).
Ho fatto 70 volte 7 ed è uscito 490

ho indossato un saio in un pollaio

e nell’aia ho ballato un hully-gully.

Gentilissimo Alfonso Berardinelli

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di Gianni Biondillo

“Col mondo del potere non ho avuto che vincoli puerili:
temevo le ostriche, e alle guardie lanciavo occhiate di sottecchi;
nemmeno di una briciola d’anima gli sono debitore”
(Osip Mandel’štam)

 

Gentilissimo Alfonso Berardinelli,
è con vero piacere che le scrivo questa lettera (glielo dico da subito, per non farle perdere tempo) colma di dubbi e vuota di certezze assolute.
Non parlerò della polemica in atto fra lei e due dei componenti di Nazione Indiana, Raos e Inglese (dei quali mi fregio di un’amicizia non solo intellettuale ma anche personale). Ci hanno pensato loro ad argomentare con sicura efficacia le loro controrepliche.

Babbo Natale

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lagioia natale.jpg

Piero Sorrentino intervista Nicola Lagioia

Da pochi mesi è in libreria Babbo Natale. Dove si racconta come la Coca-Cola ha plasmato il nostro immaginario (Fazi editore, pagg. 150, 13 euro). Qui la scheda del libro.

Replica a Berardinelli

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di Andrea Inglese e Andrea Raos

Ringraziamo Alfonso Berardinelli per aver risposto sul “Foglio” alla nostra lettera aperta. Lo ringraziamo, senza alcuna ironia, perché ha dimostrato così di credere ancora nel valore del dibattito culturale. Ha dimostrato che il confronto ha senso anche quando si annuncia aspro e scomodo. Anche quando nasce da un blog letterario e non sulle pagine di un qualche quotidiano o periodico di grande tiratura. Anche quando è proposto da persone che non possono far valere gli stessi suoi titoli, ma solo la bontà o meno dei loro argomenti. Le risposte che ci dà non ci hanno comunque convinto, ma ci indicano un percorso da compiere. Ci sollecitano insomma ad approfondire le nostre ragioni, questo ruolo di “passeurs”, di “spalloni della poesia” che per pura passione ci siamo trovati ad assumere. Cercheremo di mostrare anche sulle pagine di Nazione Indiana il valore e l’interesse di una certa corrente della produzione poetica francese.

Contro la libertà di stampa

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di Elio Paoloni

Un paio di settimane mi sono collegato al sito di una rivista di fumetti e ho sbattuto il naso, in home page, contro una vignetta ripugnante. Non era molto diversa da altre che si vedono in giro, accompagnate magari da titoli di quotidiano altrettanto disgustosi. Mi sono soffermato sulla raffigurazione del papa a quattro zampe, cercando di individuare la “novità”, di rintracciare una sfumatura divertente, l’arguzia che ci fa ammirare le pasquinate. Per quanto mi sforzassi, però, quella vignetta muta non mi strappava neanche un sorriso. Non sono credente (almeno “credo”) e per decenni ho utilizzato argomentazioni anticlericali però quella vignetta mi ha dato fastidio.

1991, in un libretto top secret l’Italia sognata da Fininvest

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di Gian Paolo Serino 

(Ricevo dall’autore e volentieri pubblico questo pezzo uscito quest’oggi sul quotidiano La Repubblica. F.K.)

Un documento esclusivo: Le sfide per affrontare il cambiamento, è un libro sino ad oggi rimsasto “top secret”, stampato in pochissime copie dall’ufficio relazioni interne Fininvest, e destinato unicamente ai massimi dirigenti del gruppo, che dimostra come Silvio Berlusconi non sia sceso in campo nel Gennaio del 1994, come ha sempre dichiarato, ma sin dal 1991. Un progetto, quello di “Forza Italia” che conferma lo stretto legame tra il Premier e le sue aziende. Le accuse di aver creato un “partito azienda”, che il Cavaliere ha sempre ricusato,  trovano nelle pagine di questo pamphlet diverse ed inquietanti conferme.

Luigi Ghirri e l’atelier di Giorgio Morandi

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di Mauro Baldrati

ghirri-04.jpgIl fotografo è un viaggiatore, un nomade: durante i suoi viaggi attraversa territori, li esplora, cerca di scoprirne i segreti. La mostra che è stata allestita nella saletta ottagonale del Museo Morandi di Bologna ospita il viaggio di un grande fotografo in uno spazio estremamente piccolo e chiuso, l’inaccessibile studio del pittore Giorgio Morandi, il suo ‘guscio’.