“La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire”.
George Orwell
Tempo fa mi capitò di sentire di una classifica che posizionava l’Italia attorno al quarantesimo posto in quanto a libertà d’informazione e dietro paesi quali il Mozambico. La notizia mi rimase in mente e ci rimuginai fin quando, dopo quasi due anni di vita in Inghilterra, mi è sembrato evidente che qualcosa di vero dopotutto ci dovesse essere.
Libertà d’informazione in Italia
Favola blu
di Fiammetta Cirilli
Quella sera, mamma e papà Paperotti ritardavano. Erano le otto passate e ancora non tornavano a casa. I piccoli non sapevano proprio spiegarselo.
– Forse hanno perso la strada per qui – disse Camilla con fare sentenzioso. I fratellini la guardarono sbalorditi: com’era possibile? mamma e papà non erano grandi abbastanza da non smarrirsi mai?
– Tutti si perdono, ogni tanto – ripeteva Camilla. Poi, più rassicurante: – Vedrete che presto saranno a casa.
Bibino però non era per niente tranquillo. Sbuffava, balbettava frasette incomprensibili e sembrava lì lì per piangere: gli occhioni grandi come due uova al tegamino, lucidissimi.
– Mamma mi av…aveva… det..toto…dedetto… la favol… ffaffa…
Chiose di tutti i giorni
di Gianni Biondillo
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1.
Che penosa umiliazione per un autore dover spiegare le proprie parole. Chiosare a margine un proprio scritto. È una evidente dichiarazione di sconfitta, non c’è che dire. Significa che sei stato incapace di esprimerti. Ho scritto una cosa che mi sembrava evidentemente non in contrapposizione guerresca con le parole di Sartori. Ma una puntualizzazione, magari uno slittamento, un desiderio di apertura verso altri spazi. È finita come l’orrendo titolo che Stilos mi ha affibbiato e che ho evitato di riportare qui su NI proprio perché assolutamente forviante.
Il titolo era, per capirci: Torna la questione di sempre. Vale la forma o il contenuto?
Amori mostruosi
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suggestioni letterarie e sonore del gruppo di scrittura Kartabianka
Amori Mostruosi è uno spettacolo centrato sulla lettura di racconti brevi, agiti teatralmente e accompagnato da una varietà di suggestioni sonore e musicali inedite, ideate e messe a punto appositamente per lo spettacolo. I racconti “mostruosi” sono scritti e interpretati dal gruppo letterario KartabianKa
Quattro poesie di Stéphane Bouquet
tradotte da Andrea Raos
tratte da Dans l’année de cet âge (108 poèmes pour et les proses afférentes), Champ Vallon, 2001
24. Poesia per il bambino
Cédric si agita nell’acqua
scivola sul suo surf di legno
è il più bravo di tutti
Quasi nudo molto magro filo di bambino
Eppure il suo costume custodisce quest’oro
una promessa superiore alla sua età
diciamo di undici anni
Conosco il nome che sono
quando entro così nei dettagli
Il regime della visibilità e la “poesia-problema”
[In relazione al più recente intervento su NI di Giacomo Sartori, propongo questo saggio che mi sembra offrire interessanti spunti di riflessione sulla questione della lingua e delle forme. Spero che la sua lettura aiuterà ad affrontare questi argomenti in modo globale, senza imporre un’inutile e fuorviante steccato fra poesia e romanzo se non laddove sia strettamente necessario.
Riprendo questo saggio da Absolute Poetry, in cui è possibile commentarlo. a.r.]
Scura è la terra e scura è la dimora in cui riposa la parola d’origine, quella vera. Per questo i nostri più antichi progenitori avevano la pelle scura. Per questo il colore della notte s’accorda con il volto di chi porta la storia sulle spalle.
Subcomandante Marcos
1. Il «resto» della poesia negli anni Novanta
C’è qualcosa di involontariamente tragico nel “trionfalismo” con il quale, durante gli anni Novanta, è stata accolta la poesia ritornata all’affermazione di una «parola integra, portatrice (…) di una più piena vitalità e visibilità umana» (1). Il decennio, viene detto e ripetuto a più voci, ha assistito a «un illimpidimento nei rapporti con le cose e le parole» (2), al ritrovamento di «visibilità delle immagini e di narratività dei testi, fuori dalle alchimie assolute del verbo» (3): tendenza trascinante, ed effettivamente ravvisabile perfino in autori, come Viviani o De Angelis, con precedenti non certo “leggibili”.
NON CONFORM/ Colette Peignot alias Laure
foto di Souvarine e Laure da
http://www.missouri.edu/~engjnc/bataille/images/souvarine.gif
Bataille, l’inappagato
di
Elisabeth Barillè
traduzione di Francesco Forlani
« Bataille, mi annuncia al telefono una voce suadente, abbiamo pensato a Lei». Capita in un momento sbagliato: sto ultimando un romanzo impegnativo in posizione da penitente, in ginocchio e catene alle caviglie . Come mi dice un amico: « Con te sarà sempre o tutto o niente, i tuoi slanci sono radicali esattamente come i tuoi rifiuti». Eppure questa volta, sospendo quanto iniziato, da brava ragazza quale sono, fedele ai ricordi e preda dei miei entusiasmi …Per quattro anni, improvvisandomi biografa ho frequentato « Lord Auch » *. Si trattava di braccare Laure, una meteora nei suoi scritti, d tirare fuori dal mito la donna, dal letterario la carne.
Neuropa a Milano
Milano, Giovedì 2 Marzo, ore 18.00
Alla LIBRERIA ODRADEK
Via Principe Eugenio 28
(traversa di v. Mac Mahon, vicino a v. Cenisio e al Cimitero Monumentale)
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
NEUROPA
[poema epicomico in prosa]
di
Gianluca Gigliozzi
Parleranno del libro, insieme all’autore:
Giovanni Palmieri, critico-creativo
Giorgio Mascitelli, narratore-enologo
L’autore offrirà ai più puntuali svariate libagioni…
Se non siete a Milano, fatelo sapere ai vostri amici milanesi!
Amore
di giuliomozzi
Il bambino disse: «Voglio una pistola».
L’uomo disse: «Va bene». Guidava piano, cercando un parcheggio.
All’Upim il bambino guardò tutte le pistole. Ne scelse una a tamburo, di metallo nero e lucido, con l’impugnatura di legno. Prese anche una confezione di cartucce e una cintura da pistolero con la fondina. L’uomo pagò tutto.
A casa, l’uomo portò subito il bambino in bagno. Lo spogliò e lo mise nella vasca da bagno. Lo lavò con cura, con il bagnoschiuma e la spugna. Il bambino stava dritto in piedi dentro la vasca.
Merce Scaduta
di Gabriella Fuschini
[questo articolo di Gabriella Fuschini è apparso oggi in Il primo amore. gm]
Mi chiamo Vanessa, ho sedici anni, studio al liceo, faccio sesso col mio ragazzo e sono scaduta. Cioè, il mio corpo è scaduto. Non valgo più niente, perché non sono più vergine. Quindi, se per caso qualcuno mi stupra avrà diritto alla riduzione di pena. In pratica, avrà lo sconto perché l’usato vale meno. Si sa. È una legge di mercato. Chissà, magari, se succedesse a febbraio oppure in luglio, sarei persino in saldo!
Niente, sono stanco
di Christian Raimo
Quando va in giro per Roma e guarda i grandi cartelloni con le facce in primo piano e una scritta vicino chiede sempre a suo padre, che gli risponde chi è quello e che cosa dice la scritta e che vuol dire responsabilità e perché a uno hanno dipinto i baffetti sotto il naso. Ora sa che ci saranno le elezioni quando sarà finito Carnevale ma prima che arriverà Pasqua e che da allora in poi questi grandi cartelloni con le facce scompariranno e torneranno quelli con le pubblicità dei biscotti e dei condizionatori o quelli con i film che fanno al cinema, che sono i cartelloni che a lui piacciono di più perché alle volte, se va in giro a piedi, si ferma da solo per strada, e legge tutti i nomi degli attori, degli sceneggiatori, e del regista, così quando si parla di un film anche se non l’ha visto può dire chi c’era e chi l’aveva fatto.
La rimozione del problema della lingua: ovvero del conformismo, che qualcuno preferisce chiamare restaurazione
di Giacomo Sartori
Il doppio fraintendimento – da parte di Massimo Rizzante e di Gianni Biondillo – che due miei interventi precedenti hanno subito mi spinge a provare a chiarire meglio la mia posizione. Lo faccio, più che per volontà di polemizzare con le due persone – che stimo, e nelle quali riconosco la preziosa dote di saper argomentare le proprie idee senza cercare di sminuire le altrui affermazioni, e tirando fuori ottimi spunti – soprattutto perché questi due fraintendimenti sono speculari e, mi sembra, entrambi molto sintomatici.
No Comment
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di
Francesco Forlani
Quando mi sono collegato a NI ho scoperto che non c’erano commenti. Esattamente come Carmilla, il Primo Amore, Genna. Che cos’ era successo?
Fanfani nel cosmo
di Cristiano de Majo
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La prima volta che gli apparve l’Assenza si trovava in una sala lettura della Biblioteca Nazionale di Castro Pretorio, appollaiato su una lunga panca di legno, davanti a un tavolo occupato da un gruppo di studenti universitari con acconciature punk e bracciali di metallo. L’Assenza si manifestò come un’interferenza. Uno sbandamento del campo visivo che Mario Mari non seppe subito decifrare. All’inizio diede tutta la colpa alla luce fioca che si spandeva nella sala lettura da quei lampadari antidiluviani appesi al soffitto. Poi pensò all’infinita casistica degli errori di stampa, numeri che saltavano e prendevano il posto di altri numeri.
Una lingua che “dice”
di Gianni Biondillo
È da sempre una (doverosa) ossessione filosofica dover cercare l’essenza di ogni cosa del creato. Ma è innegabile che l’ontologia sia una disciplina che molto ha caratterizzato il Novecento. Roman Ingarden, ad esempio, ne L’opera musicale e il problema della sua identità si chiedeva: dove sta l’opera musicale? L’esecuzione influisce sull’autonomia dell’opera? La musica, asseriva il fenomenologo polacco, ammette l’unicità dell’opera anche nella molteplicità delle esecuzioni perché la sua essenza stava, in soldoni, nello spartito musicale. Cosa dire allora di tutta la musica improvvisata (jazz, rock, ma anche classica), mai scritta su carta, e, per definizione, irripetibile, o sulla musica concreta impossibile da annotare sul pentagramma?
Che tutto torni
di Stefano Zangrando
H. S.
in memoriam
Entrambi, all’improvviso, avevamo decisamente voglia di rivederci
All’inizio della scorsa primavera rividi finalmente Rachel, il più importante personaggio femminile dell’avventura metropolitana con la quale, quattro anni prima, avevo congedato la mia giovinezza. Fu un caso fortunato: l’avevo chiamata il sabato sera e mi aveva risposto da Lisbona, dov’era in vacanza con due amiche, dicendomi che il giorno dopo sarebbe arrivata in Italia, da sola, per lavorare una settimana sulle piste da sci. Non sentivo la sua voce da quasi due anni e mezzo.
Uno scrittore non è giovane, è uno scrittore
di Luca Mastrantonio
Dal fantastico mondo dei blog letterari una modesta proposta nichilista. Su www.ilprimoamore.com, Tiziano Scarpa propone di abolire l’etichetta – di cui pure ha goduto quando era in un altro scaffale – di «giovane scrittore», un «espediente escogitato per indebolire la forza della scrittura ficcandola a forza dentro categorie generazionali, completamente astratte, senza nessun rapporto con la realtà. “Giovane scrittore”, “giovane scrittrice” sono marchi paternalistici che svolgono una doppia funzione» di «appetitosità commerciale» e «relegano le parole dei cosiddetti “giovani” in una specie di sacca secondaria, una serie B della letteratura e della società». Ha ragione da vendere, la giovinezza giovinezza primavera di belleeezza non può e non deve essere un valore in sé.
Dentro la gabbia d’uno zoo
di Luciana Sica
(Ricevo da Massimiliano Governi e pubblico questa recensione uscita oggi su “Repubblica”. F.K.)
Isabella Santacroce è una che sa scrivere, anche se i suoi lettori e una buona fetta della critica ne riconoscono il talento mentre per altri – che la detestano, un po´ a prescindere – continuerà in eterno ad essere una mezza calzetta. E invece, la cifra linguistica spiccatamente personale ne fa un´autrice, la sua è una scrittura densa che altalena tra lirismo poetico e violenza espressiva, sempre in bilico tra una dolcezza estenuante e una crudezza che a tratti sconcerta. «Ipnotica, incantatoria, stupefacente», erano non a caso gli aggettivi usati da Cesare Garboli, che non esitava a definirla «una prosatrice di altissima qualità».
Cronache Pavesiane / Che tempo fa?
di
Francesco Forlani
Io sono il numero sei, in famiglia. Se mi dicono “Sei” penso subito a Giacinto Facchetti. Ho sempre trovato l’eleganza di questo giocatore leggendaria insieme a quella del barone, Causio. Insomma il sesto figlio di una famiglia in cui padre e madre erano poco meno che ventenni durante la guerra. Anni settanta. Lavoravano entrambi e allora per tenerci a bada, sin dagli anni cinquanta, ha integrato la famiglia Assunta, detta Susunta, e per noi bambini Susù, come Pelè, Canè, Vavà.
La lingua provvisoria
Di Andrea Inglese
Giacomo Sartori ha pubblicato su NI una risposta a un articolo di Massimo Rizzante, sottolineando i diversi ostacoli contri i quali urta il romanziere italiano, condannato ad una lingua e ad un paesaggio culturale determinati. Vorrei estendere questo dialogo all’ambito della poesia. Ma anche mostrare un particolare approccio a quella lingua sui generis che è la lingua di “traduzione’.
La traduzione come critica della cultura
In un articolo del 1947 apparso su “L’Unità” (1), Pavese ripercorreva le ragioni della propria e della altrui attività di traduttore, svoltasi nel decennio dal Trenta al Quaranta, durante il fascismo. In poche pagine, egli chiarisce non solo l’esperienza circoscritta dell’intellettuale antifascista in lotta sorda contro il regime, ma fornisce una chiave di lettura più ampia per comprendere l’esigenza di tradurre letteratura in circostanze storiche che si possono ripresentare in luoghi e tempi diversi.

