di Franz Krauspenhaar
Sono passati trent’anni da quell’unica volta che mi capitò di andare al cinema con i miei genitori, che erano ancora giovani: mio padre aveva ancora tutti i capelli neri e mia madre era bionda ed era ancora una bella donna; andammo a vedere Taxi Driver; l’altra notte non riuscendo a dormire e facendo zapping forsennatamente ho trovato, per un miracolo palinsestico, uno spazio d’interesse vero in quel turbinare in senso spesso contrario di canali inutili, e ho rivisto il film su Retequattro, rimanendo sveglio e fisso davanti al piccolo schermo come l’Alex di Arancia Meccanica, con gli occhi sbarrati, stanchi, brucianti, fino alle due e mezza del mattino; e dopo ho fatto fatica ad addormentarmi; e nel dormiveglia i temi dell’acqua, del sangue, delle luci artificiali, i colori accesi del fotografo Michael Chapman ricorrevano pulsanti nel sottosuolo della mia testa; ed è stato bello ma ancora una volta doloroso rivedere Taxi Driver, per l’ennesima volta; perché ogni volta che lo rivedo scopro qualcosa di tremendo che non ho ancora visto prima; è un pugno da K.O. ogni volta, che si rivela più duro per l’appunto ogni nuova volta.

La sveglia è alle cinque e mezzo. L’incontro alle ore sei in corso Belgio novanta. In corso Belgio novanta per Torino 2006. La torcia non si deve spegnere nemmeno sotto pioggia, neve e vento fino a 120 km/h e il fuoco che sprigiona non deve superare i 10 cm d’altezza con un’autonomia di 15 minuti. Alta 765 mm, 108 mm di diametro e 1,850 kg di peso, è prodotta in 12.000 esemplari numerati. Mitico!! Furlen tedoforo!