di Gianni Biondillo
Annalisa mi fa vedere una delle sue fotografie: “sai dov’è?” mi chiede, un po’ per gioco, un po’ per sfida.
Osservo la foto con calma: è pomeriggio inoltrato, il cielo sta imbrunendo. In primo piano un parcheggio asfaltato, più indietro, come una quinta alta un solo piano, l’ingresso luminoso ad un hard discount. Dietro sovrasta un edificio in cemento a vista di, come si dice fra architetti, civile abitazione. Una casa popolare, insomma. Sembra la Torre Velasca dei poveri. Alcune fronde di alberi sulla sinistra rammentano l’esistenza di un giardino o di un parco, fuori dallo scatto fotografico. “Sai dov’è?” ripete, poi aggiunge, per aiutarmi: “è a Milano”.
Io so tutto di Milano. Tutto. Sono il suo cantore, il poeta delle periferie meneghine, il lettore urbano, il peripatetico, il flaneur. Milano è il mio correlativo oggettivo, il mio panorama interiore. Guardo di nuovo la foto. Maledizione, non so dove diavolo sia questo posto!





