di Giovanni Catelli

31 gennaio 2005
Il viaggiatore occasionale e’ portato a volte ad illudersi: la novita’ dei luoghi, degli eventi, la contiguita’ dell’apparenza con le categorie note, induce sottilmenteall’errore, alla sopravvalutazione, al rifugio nell’acquisito, nel dato piu’ evidente: all’Est, come notava Paolo Rumiz nel suo magistrale “Maschere per un massacro”, e come ha dimostrato l’apparente “rivoluzione” romena dell’ottantanove, nulla e’ mai mutato senza l’impulso di un potere, senza la spinta decisiva di un apparato; ancora non conosciamo i dettagli precisi e le forze che si sono mosse nel lungo braccio di ferro ucraino, forse non le conosceremo davvero mai, nonostante il tessuto di voci popolari e giornalistiche intente a ricostruire il complicato meccanismo, certo e’ che Viktor Yushenko, insediatosi ieri come Presidente, non sarebbe arrivato cosi’ lontano, forte del solo appoggio popolare, e neppure sarebbe riuscito a richiamare in modo cosi’ massiccio e plateale i media d’occidente, oggi curiosamente quasi latitanti, una volta compreso che la vera partita del potere si e’ gia’ conclusa.