di Sergio Nelli
Lo stralcio diaristico di Giulio Mozzi, reintitolato da Tiziano Scarpa Gli Stati del romanzo e proposto sulle pagine di Nazione Indiana, smuove in più direzioni. Esso contiene come nucleo centrale uno schema sul quale Mozzi ci chiede di indugiare, presentandocelo come un’immaginazione. Lo schema, lo ricordo, è il seguente: letteratura mitopoietica (americana, capace di produrre miti e ragioni di vita, fortemente comunicativa); letteratura mitoclastica (nostrana, valorosa quando valorosa, ma fragile, anche perché incapace di produrre miti e ragioni di vita). Ciò che farebbe da punto d’appoggio alla mitopoiesi americana, è un’altra immaginazione: quella di essere quello statunitense l’attuale popolo eletto.

Massimiliano Governi: …Marta è stata colpita alla nuca e noi siamo stati colpiti in fronte, nella elaborazione del pensiero della sua morte…
Ancora sullo Stivale al lavoro. E qui vorrei cominciare dal maiale, immagine-fulcro della ricerca intorno al «nostro tempo sulla nostra pelle» del denso volume 
Per parlare di un libro bellissimo e anomalo come
A proposito di Giorgio Caproni e del suo Il franco cacciatore (1982), Luigi Baldacci ha scritto che «la poesia che non consola è anche quella che potrebbe renderci più responsabili», sottolineando come l’Apocalisse si addica al nostro tempo: «Nessun tribunale. / Niente. // Assassino o innocente, / agli occhi di nessuno un cranio / varrà l’altro, come / varrà l’altro un sasso o un nome / perso fra l’erba. // La morte / (il dopo) non privilegia / nessuno» (Dies illa).
1. Leggo un articolo di giornale (“La Repubblica”, 5 maggio 2004) sulle sevizie compiute dai militari americani in Iraq.
Tarantino non è il primo a dirci che la vendetta è un fuoco che arde senza mai spegnersi. Che non si ferma di fronte a nulla, non ascolta nessun refolo di vento e nemmeno l’umido delle lacrime. Questo ce l’ha insegnato il cinema prima di lui e ancor prima la letteratura.
Ieri pomeriggio ho partecipato a una conversazione con Michele Mari e Valeria Montaldi all’Università Statale di Milano, facoltà di Scienze delle Comunicazioni, in un corso sull’uso della lingua nella narrativa italiana degli ultimi vent’anni. Il corso è tenuto dalla professoressa Ilaria Bonomi. Ho trascritto molte delle frasi pronunciate da Michele Mari. I titoli dei paragrafi sono miei, benché a volte siano perifrasi di ciò che ha detto Mari. In qualche caso riprendono le domande e i temi di discussione proposti dalla professoressa Bonomi. (T.S.)
Aspetta un attimo prima di compierlo. Non credo di aver capito bene la questione della probabilità. Mi stai dicendo che c’è una contraddizione nella descrizione degli stati macroscopici come equiprobabili? Puoi spiegarmi meglio? Sono Simplicio, qui dentro!

Le poesie di Nero Luci sono poesie gnostico-punk. Gnostico-punk nel senso assoluto che emerge dal mescolare profetismo biblico e street culture con percussiva volontà, con un ritmo che affonda nella carne e nella storia dell’uomo. Poesie perché sono un canto che produce incantamento, incantesimo per l’abisso e la resurrezione. Stringhe di parole evocative ed evocattive, e cioè presenti e lucide al proprio tempo in misura sempre maggiore al papa e agli ufo.