Personaggi Precari 2008

witchcraft-131.jpg di Vanni Santoni

Orazio

Ogni azione può, a grandi linee, essere offensiva o difensiva. L’ozio portentoso di Orazio, apparentemente fuori da questa dicotomia, ne è invece compreso: con abilità sorprendente, egli usa l’inazione come scudo o pugnale, a seconda delle necessità.

Renzo

Renzo dice sempre “buonanotte” prima di chiudere gli occhi. Anche in questa camerata di ostello da dodici letti:
– Buonanotte!

Tosca

Se sei bellissima, sarà sufficiente essere anche bizzarra – bastano due accessorini e un guardaroba strambo, eh – per venire considerata una persona eccezionale.

Imelda

– Il punto è che abbiamo avuto te solo per dimostrare che Giorgio non era stato un errore…
– Mamma!
– … sai, nato così, dopo neanche un anno di matrimonio, da noi che facevamo tanto gli intellettuali indipendenti. Dimostrarlo a noi stessi, anche, eh!
– Non puoi parlare così!
– Sono vecchia e malata, posso parlare come mi pare.
– E Nanni? Anche lui serviva a dimostrare qualcosa? Che potevate fare i genitori anche a una certa età?
– No. Lui fu un errore, come Giorgio.

Enzo

Parla di “milioni di euro” al telefono, in treno, a voce altissima.

Gianna

Oggi: gli tarpa le ali, così non la lascia.
Domani: gli spacca le palle perché non ha avuto successo.

Gastone

Eccolo, il grande giornalista. Enoteca Pinchiorri, mille euro e mille discorsi per farsela dare da una fica vecchiotta e sciapa, dai Gastone che ce la fai, dai che ha già deciso che ci sta, vecchio imbranato, e poi taxi, un mezzino di viagra – anzi tutto, vai – e via sbuffando (sudando, puzzando, sibilando).

Frediana

“Sono uno spirito libero!” [trad. ho un fidanzato a cui faccio le corna.]
“Adoro l’espressionismo!” [trad. ho notato che l’espressionismo, e altri movimenti artistici che ora non ricordo, piacciono a gente a cui vorrei assomigliare.]
“Il bello dei tatuaggi, alla fine, è che ti ricordano un momento preciso della tua vita” [trad. sto aspettando solo che quella tecnica di rimozione col laser venga perfezionata ancora un po’!]

Dante

– Te l’ho detto. Non devo uscire.
– Che è successo?
– Sabato sono andato fuori, no? Sai che non lo faccio mai, ma ho detto: svaghiamoci, una volta tanto.
– E insomma?
– Insomma mentre passo sul Ponte Santa Trinita si ferma un SUV nero. Così, con due ruote sul marciapiede, e tre imbecilli dentro. Scende un ragazzotto abbronzato con una camicia da finocchio, tira su col naso e mi chiede se so dov’è lo Yab. Gli dico che non lo so, e…
– Ah, perché, ora non lo sai? Che soggetto..!
– Fammi finire. Quello mi fa: ah, occhei, buona serata. Accento tipo romano o, boh, grossetano, al massimo. Vado avanti, no? Faccio quattro passi e sento un rumore tipo scroscio d’acqua.
– E cos’era?
– Cos’era? Era quello là, stava pisciando sul muretto del ponte, così, dal bordo del marciapiede. Li ho volati nell’Arno tutti e tre.
– Ah, eri te quello sul giornale!
– Preciso.

Isabella

La forza che spinge le gemme fuori dai rami ti porta altrove;
quella che asciuga la terra e l’empie di crepe ti farà tornare.
Riflessa nel vetro del treno non vedi che tua madre, e come lei ti spezzi.

Ezechiele

Millenovecentottantasei, oppure duemilaotto; piazzetta losca del centro: due relitti, cinquant’anni il primo, neanche venti il secondo, corrono da una ragazza sciupata, sbrecciata, scossa; portano un cellulare.
– Parlaci te!
E parla. Il cellulare perde il segnale. La tipa digrigna una bestemmia, i due la guardano, derelitti.
– Ha detto qualcosa?
– Dice che arriva.
Sei occhi morti fissano il vuoto. Ma arriva, Ezechiele. Bianco di cencio, spilli per pupille; sorride, quasi geme. La tipa lo abbraccia, i due compari si sorridono. Tutti dietro a Ezechiele di vicolo in vicolo, gli occhi lustri in viva processione.

Virna

Al mondo vi sono persone in grado – non si sa se tramite precisa scienza o istintivamente – di ammantarsi di un’apparenza così infinitamente migliore rispetto alla loro vera essenza, che se per caso ti capitasse di scoprire l’inganno, ti verrebbe il sospetto di esser diventato cattivo tu.

Renzo

L’Italia che lavora (e che stupra la figliola).

Tommaso

Ha visto con i suoi occhi la Sibilla, a Cuma, penzolare in una gabbia; quando le ha urlato “Sibilla, ma che vuoi?” lei gli ha risposto che vuole morire.

Leandro

Ha finto fortunati investimenti all’estero, supportando la finzione con lunghe permanenze in paesi esotici. Ora può finalmente vivere della rendita dei suoi immobili senza troppa vergogna.

Prudenzio

Questo vecchiaccio fiammeggiante gestisce la sua tabaccheria come un podestà un paese di rossi. Suo figlio è uno gnomo brizzolato e ignobile, capace solo di sguardi in tralice.

Ashling

“Drinking water is so boring!”

Ermes

Dalla propria città a quella dei genitori, in ritardo come ogni volta. Perde un treno, poi l’altro. Riesce ad agganciare un pullman, ma con quello non si raggiunge che un paesello a metà strada. Da lì deve attenderne un secondo. È sabato, l’immediato dopocena. L’autostazione sta in mezzo tra un cinema, un discopub e una pizzeria: l’affollarsi di giovanissimi gli ricorda che razza di aborti sono gli adolescenti, e lo mette finalmente di buon umore.

Luciano

– …e viene anche il Piccolo Lord di ‘sto cazzo?
– Non parlare così di tuo figlio!
– Sta con te, no? E io lo chiamo come mi pare. Pettinalo bene, mi raccomando.

Tommaso

L’uomo che ha portato la salsa di noci e pomodori secchi ad Atlanta, senza alcun successo.
L’uomo che ha scritto il più lungo poema dialettale sul vizio del gioco in generale, e su quello delle carte in particolare.
L’uomo che a ventidue anni ha perso una mano cercando di salire al volo su un treno merci di passaggio.

Carolina

È in un momento di disordine (lungo sei anni).

Cosimo

– Non potrai mai capire quanto ti amavo. Avevo anche messo il tuo nome come password in tutte le mie mail e i miei account. Alcuni… Cioè; a dire il vero, tutti… Lo hanno ancora.
– Bè, cambiali. Anche perché potrei leggerti la posta, ora.
– Non ci riuscirò mai.

Savino

“Che pensi?”
“Penso che… No, niente.”
“Dài, dimmelo.”
“Penso che – oh – siccome dopo che ho s… Dopo che – insomma – sono venuto, no? Siccome non mi sdegni – dico – non mi sdegno a averti appiccicata addosso, pensavo che forse – insomma – ti amavo.”

Timoteo

La nonna gli ha regalato un bel pacchettino, fatto con carta di giornale, del cartone e uno spago. Timoteo lo apre felice e ci trova dentro un orrendo feticcio.

Emilio

Davvero per un secondo ha pensato che se lei – per un incidente, da preparare per bene – perdesse magari un occhio, allora non avrebbe altra scelta che rimanere con lui.

Rupert

(sbam!)
– Ahia! Mamma!
– Oddio! Ma è pazzo!?
– Signora, se fa tenere al suo figlioletto i capelli tanto lunghi da sembrare un piccolo selvaggio, non si sorprenda se viene trattato come tale.
– Polizia! Aiuto!
(sbam!)
– Aaah!

Nadia

Lui che seduto sul letto si cambia, e intanto dice una cosa. Nadia che fa finta di dormire.

Solana

Fa con facilità cose che ad altri sembrano impossibili. Si tinge i capelli con l’henné. Invecchia bene.

Anteo

– Anteo! Pensaci te!
E giù cazzotti. Bei tempi.

Niké


– No, Dani, no. No, dai. Va bene tutto, ma il gattino no.
– Ops… Accidenti, mi è scappato! Guarda che carino, va sotto il mobile! Dai, prendiamolo!
– Fuori da casa mia, tutti e due!

Camilla

Davvero ancora pensa che il proibizionismo ci sia perché le droghe fanno male.

Simona

– Scherzi? Lo sai che mi interesso solo a ragazzi appartenenti a paesi con economie competitive.

Hannelore

Si è tatuata i numeri sul polso subito dopo la guerra e da sessant’anni non fa che raccontare di quanto fosse terribile Ravensbrück, con dovizia di particolari (avendoci fatto la kapò per tre anni, si ricorda tutto molto bene).

Pietro

– Allora è deciso: facciamo con i pittori.
– Deciso cosa? Non ne riparliamo da mesi. Lo sai che a me piacevano anche i film.
– No i film no, è da grezzi. Casomai… Non avevi proposto i fiori?
– Dicevo per dire. Animali?
– Già visto troppe volte. Poi, dai, il tavolo “coccodrilli”, il tavolo “gatti”, fa un po’ festa di compleanno.
– Ma dai, i pittori sono pallosi! Raffaello, Leonardo… E poi quanti tavoli sono? Sedici? Non ci sono abbastanza nomi.
– Ora, a parte che nel Rinascimento di pittori famosi ce ne sono almeno trenta, nessuno ha parlato di quel periodo: pensavo infatti che sarebbe più fine con l’arte moderna: Mondrian, Basquiat, Mucha…
– Se si facesse coi personaggi di Walt Disney? Simpatico, no?
– Pietro, faccio finta di non aver sentito solo perché ti devo sposare tra sei giorni.
– Piloti di formula uno! Scherzo, eh.
– Gli impressionisti come li vedi?
– Ho un’idea: numeri. Comodissimo, no?
– …
– Dai, ora non piangere! Scherzavo!
– Arte moderna.
– Dai, va bene, arte moderna…

Gino

Tira il carretto, taglia i giunchi, lega la fascina, bestemmia la Madonna, suda, impreca, rientra, bastona il cane, mena la moglie, mangia, accende la tivvù, sputa, la spegne, va a riparare il tetto (“ma è notte!” “sta’ zitta!”), si fa male a un piede, rientra in casa, mangia quattro mele, ride, esce, guarda il cielo, scuote il capo, rientra, sale le scale, s’infila a letto vestito.

Liborio

La via dell’eccesso conduce al palazzo della saggezza (sempre che prima ci si sia degnati di imparare a camminare).

Claudio

“Certo non l’amo. Neanche la desidero. Mi sdegna, a dirla tutta. Basterà tuttavia un po’ più di vino, e non guardar troppo le forme più frolle, e il mio lo farò.”

Sergio

– Gli anni ’80 erano quel periodo in cui tutti i fratelli maggiori avevano almeno un amico in coma.

Saverio

“Lo so benissimo che c’è: era più o meno dieci anni fa e quel treno, ormai, l’ho perso. Quindi, non mi stressare.”

Ugolino

Oggi, non si sa come, i servi hanno comprato a Ugolino del cioccolato al latte del tipo ripieno. Ugolino odia quel ripieno nougat. Rimarrà di pessimo umore per giorni. In questo momento Ugolino sta scavando via il nougat dall’intorno di cioccolato col manico di un cucchiaio d’argento, gridando insulti irriferibili contro la Svizzera.

Giuliana

C’è chi, scendendo a Termini dopo un lungo viaggio, e vedendo i tamarri, gli sbirri, gli zingari, i tassisti abusivi, i tassisti non abusivi abbrutiti peggio di quelli abusivi, i turisti con la guida in mano e le infradito, le zorre in rosa col piercing al labbro superiore, le paste rancide dietro il vetro dei bar, i preti, i gatti, gli abusivi, le cospirazioni, i palazzi, le auto blu, i ristoranti, le palme marce, i sampietrini, tira un respiro, e, sentendosi finalmente a casa, s’empie il cuore di quest’Italia benedetta da Dio. C’è chi invece, come Giuliana, si versa addosso un flacone d’alcool etilico e si dà fuoco, salvo essere spenta quasi subito dalla polfer e cavarsela con sei ore al pronto soccorso e un segno in faccia come di pelle più lucida.

Claudia

Tutta scena (ma un grande show).

Fernando

– Ha detto condilomi?
– Ho detto sarcomi.
[Fernando afferra il fermacarte dalla scrivania e tenta di colpire il dott. Gava, ma va a vuoto. Il fermacarte, una semisfera di ossidiana levigata, gli sfugge di mano andando a fracassare la vetrina dei libri sulla sinistra.]

Zeno

– oi Zeno!
– oi.
– buste?
– zero.
– che hai fatto ai capelli?
– li ho tinti.
– ah. cia.
– cia.

Iacopo

Capita, a volte – magari le volte che esci da solo di notte, per il cibo, e sei stanco e nervoso – di scoprire un lembo di cielo nuovo da un vicolo, uno di quegli angolini da cui puoi sbirciare una punta di Santa Croce, una curva di Santo Spirito, un’idea di cupola, e allora davvero ti piacerebbe scoprire che Firenze è infinita, girare con la certezza che di Sante Croci ce ne sono almeno novanta (e di vicoli da cui guardarla, mille!) e chissà quanti di là d’arni ancora da scoprire.

Ornella

Da una dozzina d’anni, Ornella ha preso a comporre un bizzarro presepe senza Gesù, e con Giuseppe e Maria che si danno le spalle l’un l’altra. Dopo che sua sorella le ha fatto notare che era stupido e inquietante Ornella ha continuato a farlo, ma lo tiene in cucina invece che in salotto.

Francesco

Francesco incontra la sua prima fidanzata “vera” in un bar. “Com’eri bella!” vorrebbe gridarle, ripensando a una volta che fecero l’amore di giugno, ma poi si pianta a pensare come di quegli anni neanche lontani gli resti solo una nebbiaccia confusa, con due, tre squarci di luce, e non la ascolta mentre gli parla, e prendono un caffè e si salutano e vanno a lavorare, e Francesco ripensa che forse si dicevano che in una città così grande lavorano vicini, e non s’erano mai visti, e pensa un po’ te.

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31 Commenti

  1. *Ho un idea: numeri* – Pietro, l’apostrofo!

    vorrei sapere da Vanni l’accezione (penso toscana) di *sdegnare*, e se con *zorre* intende zarre o altro.

    da anni per me Vanni è il polso d’Italia: ora lo riscopro sondaggista (da qui infatti si può desumere l’andamento delle prossime elezioni, alla virgola).

  2. [db passò la fatina degli apostrofi&refusi da lei evocata – grazie]

    piccoli grandi foto(di pochi)grammi
    grazie

    ,\\’

  3. A me sembra una variazione letteraria del Quelli che… di Jannacci, ovvero un bel modo di rappresentare l’Italia, per scorci, con ironia e dunque intelligenza. E anche un po’ di sano cinismo.
    Per la questione refusi, *- ah. cia. / – cia.* forse vuole l’apostrofo pure.

  4. [la suddetta fatina nel caso *cia/cia’* si asterrebbe – la traslitterazione delle forme gergali e/o dialettali del parlato è soggetiva – grazie]

  5. a me in queste scritture scritte davvero bene, anche se dire davvero bene non basta, mancano un po’ le radici. come un punto a cui tornare, fermarmi e ripartire. sono come una cascata.
    e non ho ancora capito se è un bene così. se ormai le piante vivono senza appoggio e queste piccole storie devono sfidare il vento e andare dove gli pare.

  6. Lo stile di Personaggi Precari è ormai un certezza.
    Per la cronaca, mi identifico in parte con Simona in parte con Anteo.

  7. Amo la parola misteriosa di Gianna

    Oggi: gli tarpa le ali, cosi non la lascia
    Domani: gli spacca le palle perché non ha avuto successo

    Non so perché vedo l’autore dietro le parole

    La prima anche mi piace (Renzo) una parola sistematica que rassicura anche se la realtà fa della notte un incubo
    una parola che smente la realtà, la parola che si dà al bambino.
    Ironia? ottimismo?

    Quella d’Isabella mi sembrare propio la mia anima
    La forza che spinge le gemme fuori dai rami ti porta altrove
    quella che asciuga la terra e l’empie di crepe ti farà tornare,

    Questa persona che non puo partire fa un ritorno nel ventre della madre e ha paura di uscire, non puo affrontare il monde nella sua primavera.

  8. io qualcuno dei tuoi personaggi ho l’impressione di incontrarlo tutti giorni. complimenti davvero vanni!

  9. @db:

    *Ho un idea: numeri* – Pietro, l’apostrofo!*

    Hai ragione. Prego Raos di correggere.

    *vorrei sapere da Vanni l’accezione (penso toscana) di *sdegnare*, e se con *zorre* intende zarre o altro.*

    “Mi sdegna” nel senso di “mi fa schifo, mi fa orrore.”
    Zorre è, si, una specie di toscanizzazione di zore. Ragazzone tamarre, griffate e dal look sessualmente aggressivo.

    *da anni per me Vanni è il polso d’Italia*

    troppo buono.

  10. Essenziali e disincantati, consapevoli e rassegnati, alcune volte difficili da masticare, crudi, vivi, a tinte forti. Sono già famosi questi personaggi precari.
    Terrificante Gianna, un mito Dante.

  11. Frediana mi ricorda più di una giovane residente del quartiere dedicato all’omonimo santo (ma parlo da uomo ferito), sarà l’aria d’oltr’arno!

  12. Come già detto su la poesia e lo spirito, sul brevissimo sei il migliore d’Italia e competi a livello globale :). Scrittura con cosi’ tante virtu’ che non si riesce mai ad elencarle tutte. Però il brevissimo non e’ il breve, e il breve non e’ il lungo. Aspettiamo di vederti alla prova del romanzo.

  13. Bello come un gioco. Perciò giochiamo:

    “Vanni

    Scriveva di lavori precari e non ha mai lavorato.
    Scriveva di esistenze precarie e non è mai esistito”.

  14. @elena: l’assenza di radici (e ancora di più il non incontrarsi mai tra loro) è una delle caratteristiche base del progetto personaggi precari.

    @sabot: come già sai bene, a metà maggio mi vedrai alla prova del romanzo (“Gli interessi in comune,” Vanni Santoni – 288p. – Feltrinelli 2008). Tra l’altro è il mio secondo romanzo: il primo, che fu tra i vincitori del concorso per esordienti “Fuoriclasse” della Vallecchi, non vide mai le librerie.

    @tutti: grazie per i complimenti, quasi tutti esagerati.

    @niki: è vero, non esisto ^_^ Però ho fatto i lavori più disparati.

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andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010), lettere nere (milano, effigie, 2013), le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017) e o!h (pavia, blonk, 2020). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.
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