Articolo precedente
Articolo successivo

Questioni e generazioni: alcuni autori nati negli anni 1968-77

Parte prima: Corpo, gelo, tempo, oggetti

di Marco Giovenale

Il secondo termine del titolo scelto per questa piccola antologia di voci poetiche, ossia il termine indistinto e plurale “generazioni”, riceve da tempo e da più parti critiche severe. Sono giustificate, a parere di chi scrive. Si parlerà qui di una generazione, meglio: quella dei nati nel decennio chiuso tra il 1968 e il 1977. Per due motivi: in primo luogo, perché alcune delle voci che ad essa appartengono, pur lette e studiate, meritano ulteriore approfondimento, attenzione e riscontro critico. E in secondo luogo perché può esser bene che il riscontro si svolga – da parte dei critici che vorranno accogliere le proposte di lettura – intorno ad alcune questioni precise e ricorrenti che i nati in quell’arco di tempo sembrano porre senza mezzi termini ai lettori. Si viene così alla prima parte del titolo.

Se parlando della poesia scritta e letta dagli anni Settanta in avanti non sono rari gli accenni a una polverizzazione delle tematiche e delle forme, tale da non permettere di ricondurre i poeti pubblicati nell’ultimo quarto di secolo a contorni troppo minutamente precisabili, è altrettanto vero che per gli autori giovani, ossia per chi giusto in anni di polverizzazione nasceva, si può ora – con esattezza difendibile – parlare di elementi di identità, coesivi di temi e stili. Si possono intravedere anzi vedere somiglianze, tracciare isoipse nel paesaggio variabilissimo delle scritture.
Tanto i poeti chiamati in causa quanto i due campi tematici attorno a cui vengono raggruppati meriteranno poi approfondimenti, che qui si sollecitano: anche per ampliare la serie dei nomi in gioco; e per una – del tutto sperabile – estensione dei temi e delle categorie di riferimento.

L’ipotesi avanzata consiste nell’individuare, nel/dal complesso delle voci, alcuni nodi tematici e formali comuni, tra i quali due possono essere per il momento evidenziati: quello relativo a una nuova scrittura antirealistica fredda; e quello di una poesia della visibilità e dicibilità del mondo (senza neorealismo, e senza astrazione).
In questa prima sezione antologica si presentano alcuni testi degli autori del nodo che potrebbe essere intitolato Corpo, gelo, tempo, oggetti (come per l’occasione di RomaPoesia 2005 suggerivo). I poeti sono Gian Maria Annovi, Elisa Biagini, Alessandro Broggi, Giovanna Frene, Florinda Fusco, Vincenzo Ostuni, Laura Pugno, Massimo Sannelli.
L’indicazione relativa al corpo, alla percezione del tempo e alla presenza (enigmatica) di oggetti e ambienti ‘raggelanti’ (dal lessico di nitore araldico dei testi di Sannelli, all’arredamento postmoderno ma severo nei versi di Biagini), circoscrive una parte consistente del lavoro degli autori. Senza dare ai termini “freddezza” o “gelo” un connotato negativo. Al contrario. Una costellazione di non pochi nomi solidi fa da radice: pensiamo alla scrittura metaforica-metamorfica di Valerio Magrelli; alle intermittenze di autoanalisi e riferimenti ipercolti di un autore come Giuliano Gramigna; al controllo assoluto del testo – anche nel muovere dichiarazioni ‘politiche’ e civili – attuato da Franco Buffoni; allo sguardo distaccato e tutto-denotativo che viene dai ritratti a penna di Valentino Zeichen, o dalla semplificazione del paesaggio in Giampiero Neri; ma pensiamo al vasto laboratorio di Amelia Rosselli, Nanni Cagnone, Giuliano Mesa (specie nei Quattro quaderni).

Negli autori che leggeremo qui, la scrittura si dimostra capace di semantizzare le aree fredde della sintassi, a volte le singole unità grammaticali, l’inusualità delle situazioni ‘fotografiche’ catturate. Da un lato un’impazienza o anarchia di fondo mette fra parentesi o abroga canali strettamente psicoanalitici come vie di lettura del disagio e della sofferenza. Dall’altro si direbbe che comunque a una modalità più latamente ma non ingenuamente analitica si debba una costante ossessione dell’osservazione: referto, scatto b/n da morgue, o accensione cromatica improvvisa, segmento di pellicola, frame, campo fisso. Ossessione che può nascere tanto da scelte e studio rigorosi, al limite dell’ascesi, quanto – per ossimoro – dall’incandescenza di storie individuali, oppressione, lutto. Dalle linee della misura (Ponge, Beckett, gli autori del segno) e da quelle indiscutibilmente debordanti (beat, Burroughs, Artaud): questo, dovendo elencare sommariamente filiazioni solo letterarie.

Ma è un errore: si dovrebbe semmai – o in parallelo – indagare in direzione di molta musica elettronica, della fotografia e degli oltraggi di Matthew Barney, di Nan Goldin, fino al gelo puro di Boltanski, agli interni ostili di Luisa Lambri, di Alessandra Tesi, ai set di David Lynch. C’è una prossimità spiccata fra le pagine di Biagini e quelle di Pugno e Fusco. È del tutto legittimo leggere L’ospite, di Biagini, il poemetto Spostamento, di Frene, o i racconti di Sleepwalking, di Pugno, avvertendo il medesimo ronzio albino ostile sottile e penetrante (necessario come un nuovo set di suoni, alte frequenze), che viene dagli spazi cavi limpidi – o ‘sparati’ in cybachrome – di Lambri e Tesi, aree modulate per inquietare, non per accogliere.

E ancora. I corpi e brani di corpi esposti nel freddo/bianco autoptico della pagina, come compaiono nella poesia di Annovi (“il cancro luminoso del tuo volto”), o le “marionette maltirate” di Ostuni, possono sì in un primo momento – e superficialmente – indurre il lettore a intravedere calchi espressionisti (Benn? Cervelli, o Morgue, certo). È però proprio avendo in mente intere costanti artistiche del Novecento – specie di area postmoderna – che si osserva come un nesso simile non possa funzionare del tutto, non sia esaustivo. (Nella stessa serie di testi compare in Annovi un “angelo nero di gommapiuma / … / miracolo forse in tuta / di latex”: la vita degli oggetti è del tardo Novecento, decisamente – come il verso conclusivo della poesia dimostra, con un sottile rimando alle “parole-trattino” di Magrelli). (E, in tema di espressionismo, cfr. l’introduzione di A.Cortellessa a Elisa Biagini, in Parola plurale. Sessantaquattro poeti italiani fra due secoli, Roma, Luca Sossella, 2005, p.1029)

Parlare di ossessione dell’osservazione non deve d’altro canto far perdere di vista una evidenza, legata alla qualità antirealistica e non (interamente) rappresentazionale delle opere. Il gelo deforma in vario modo le immagini: è una curvatura razionale ogni volta delusa e reimpostata, entro i parametri di una filosofia del linguaggio discussa pagina dopo pagina, in Ostuni; è una costruzione o percorso onirico di giustapposizioni e iterazioni di figure (vocaboli e animali e sfingi) in colori acidi da fumetto o clip post-human, in Laura Pugno; è uno spostamento di sguardo e desiderio e disgusto violentemente significato per “la datità, l’essenza delle cose, il sorso / bevuto all’orlo della sepoltura” in Frene (Datità); è una segmentazione e nuova formulazione dello spazio visto in minimi riquadri e gruppi sillabici, in Biagini; è al contrario, in Florinda Fusco, una corrente ampia interamente estroflessa di linee grafico-ritmiche sovraccariche delle immagini del corpo, all’incontro di voci di autori come Artaud, Rosselli, Pizarnik (di cui Fusco è traduttrice).

E ancora altro ma analogo tipo di freddo interviene nelle pagine di Sannelli e Broggi: razionale, non post-umano. (Simili i lavori di Paola Zallio, o di Giulio Marzaioli, entrambi pubblicati da Anterem, di Alessandro Di Prima, specie in Atlante del padre, edito da Book; o di Renata Morresi, riconducibile però all’area di scritture – tra impegno e ipercodifica/magma linguistico – di cui Rosaria Lo Russo è asse di riferimento).

Alessandro Broggi opera con riporti e cut-up, assemblaggi in prosa come in poesia, combinando stringhe di frasi limpide, addirittura comuni, fino a stagliare microracconti, o situazioni e installazioni anche solo linguistiche che funzionano, girano, proprio nel momento in cui paradossalmente sottraggono contesto e piena decodificabilità agli enunciati che le impalcano, o quando ne denunciano il vuoto. È una tecnica vicina a quella di altri tre autori che di molta sperimentazione degli anni Sessanta e Settanta sanno fare accortissimo uso: Carlo Dentali, Michele Zaffarano e Gherardo Bortolotti.

Della poesia di Massimo Sannelli sono fortemente percettibili le scansioni brevi, il ricorso a tutte le tecniche della spezzatura e dell’interruzione, laddove una figura di flusso sembrerebbe dominare invece tutto il suo lavoro: la sequenza (anche in accezione mistica). Il clic esplicativo sarà allora da rintracciare in un amore e pietas fontale che getta il linguaggio nell’umiltà di una nominazione mai intera del mondo: oscura, clus, per eccesso di luce (sia pure una luce – appunto – fredda per via di assoluta vigilanza e presenza di una lunga tradizione lirica: di radici mediolatine e romanze).

*

Questioni e generazioni: alcuni autori nati negli anni 1968-77. Parte prima: Corpo, gelo, tempo, oggetti, saggio e antologia di autori in «Poesia», a. XIX, n. 202, febb. 2006, pp. 49-58

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Autenticità e poesia contemporanea # 3

di Marilena Renda
...Personalmente trovo molta più verità poetica nei saggi e nei romanzi che nella poesia, e più ancora nella forma del saggio narrativo; ci trovo spesso una verità al grado zero, non inquinata dagli sfarfallii e dalle sovrastrutture estetiche che spesso usiamo per raccontare la verità con il risultato a volte di evitarla, di nasconderla.

Il contenitore è il suo contenuto: su “Stellare nero” di Alessandra Greco

di Antonio Devicienti
...tale caleidociclo si [chiama] "Stellare nero" (Benway Series, Colorno, Tielleci 2023), autrice Alessandra Greco, solido geometrico complesso, ma di pochi grammi di peso, capace di caricarsi, nello sguardo e nella mente di chi guarda e legge, d'una densità concettuale ed estetica particolarmente suggestiva...

Il voto francese che interessa tutta l’Europa

di Andrea Inglese
A sentire qualche amico italiano, la situazione francese è davvero preoccupante, perché l’estrema destra francese non è come quella italiana, in fondo moderata e “bonacciona”, come il nostro popolo che sembrerebbe intrinsecamente inefficace anche nel fare il male.

Su “Scritture verticali. Pizzuto, D’Arrigo, Consolo, Bufalino”

di Mariano Baino
Riguarda la prosa di quattro grandi “irregolari” della letteratura italiana contemporanea questo studio di Gualberto Alvino: quattro autori «d’eccezionale competenza linguistica e consapevolezza estetica», i quali «lavorano al trivio fra prosa, poesia e speculazione lato sensu filosofica...

L’antologia di RicercaBO

di Leo Canella
E' in uscita l'Antologia di RicercaBO (2007-2023) da Manni Editore a cura di Renato Barilli e Leonardo Canella. Che io Barilli so chi è ma l'altro? Canella c'ha due sopracciglia pelose due bruchi bellissimi che vatteli a vedere su Google. Metti Canella.

La caduta

di Walter Nardon
E così arrivò anche la caduta. Del tutto inattesa, simile a una perdita d’attenzione che non si può recuperare e che poi, vista da vicino, si mostra spaventosa. Una messa in minoranza nel consiglio di amministrazione del Comitato Promotore di Sviluppo lo aveva indotto a presentare le dimissioni.
andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: