“Per una critica futura” n° 2

E’ on line il N.2 di Per una Critica futura
quaderni di critica letteraria
gennaio 2007
www.cepollaro.it/poesiaitaliana/CRITICA/crit002.pdf
a cura di Andrea Inglese

Interventi
Andrea Inglese, Editoriale.
Biagio Cepollaro, La poesia letta. Cinque incontri
di poesia: Alessandro Broggi, Florinda Fusco, Giuliano Mesa,
Italo Testa, Michele Zaffarano
.
Stelvio di Spigno, Due testi e questioni di trasparenza.
Marco Giovenale, Due letture di Due sequenze. Su Massimo Sannelli.
Andrea Inglese, Come è scarna la lingua della gioia.
Francesco Marotta, Su Lavoro da fare di Biagio Cepollaro

Andrea Inglese
Dall’editoriale del Numero 2 di Per una critica futura
www.cepollaro.it/poesiaitaliana/CRITICA/critica.htm

Alcune cose di cui abbiamo bisogno

Abbiamo bisogno di leggere il testo come una figura di mondo.
Battiamo ancora sullo stesso punto, prima o poi arriveremo a suscitare in noi la modalità più adeguata per muovere da esso, senza dover rimanere fissi su di esso. La singolarità dei testi e lo specifico mondo che essi ci aprono, o isolano, o negano. Provare a descrivere come una certa configurazione di parole, una certa intenzione nei confronti del linguaggio, ci possa indicare qualcosa che in noi è abitualmente, quotidianamente, taciuto, evaso, soffocato, invaso. Se la poesia pretende di dire qualcosa che non è dicibile in altro modo, se essa si pone come enunciato non equivalente, allora dobbiamo dar conto di questa necessaria non equivalenza, di questa sua resistenza all’equivalenza linguistica. Dobbiamo in qualche modo costruire i legami che essa ha distrutto, per portarsi in una zona meno prevedibile, meno vulnerabile, meno mercificata del dire.
Il dire poetico ha a che fare innanzitutto con un’organizzazione sociale e con il posto che in essa un individuo sogna di avere: così è per la poesia che ancora oggi è riconducibile al paradigma fondatore della lirica moderna. Non c’è poesia novecentesca e attuale che non si sia posta in relazione a questo paradigma, e non c’è quindi poesia che non prenda slancio da un’assunzione più o meno consapevole di un modello di organizzazione sociale. Ed è in relazione a tale modello, che si configurano variamente le zone dell’io, della soggettività più o meno composta, o fluida, o dissolta, o spettrale, o scomparsa. È nel mondo, ai margini del lavoro e delle istituzioni, ai margini della propaganda e della pubblicità, che si aprono, attraverso il lavoro sul testo, campi d’individuazione, frammenti di singolarità, di giochi solitari e inappartenenze.

Ora, tale legame, pur essendo per certi aspetti sempre meno evidente, va interrogato ogni volta di nuovo, ad ogni nuovo testo, ricostruendo il modo in cui esso si ritaglia una possibile singolarità all’interno di una figurazione implicita del mondo. Anche il testo più oscuro, più autistico, che si pone nel campo poetico e accetta la sfida delle forme, tenta di prendere congedo da un certo linguaggio e da un certo mondo. Ed è quindi di questo mondo che esso ancora ci parla, allontanandosi da esso.

Abbiamo bisogno di leggere il testo anche come una comunicazione.
Abbiamo bisogno di leggere, in un testo poetico, ogni più remoto, obliquo, contraddittorio, gesto comunicativo, accogliendo di esso sia tutto quanto sollecita la comunicazione sia tutto quanto la nega. Abbiamo bisogno di leggere altro che delle marche stilistiche, dei richiami lessicali, delle segnalazioni interne al campo della poesia attuale o recente, degli esemplari di poetiche, o di correnti, abbiamo bisogno di misurare la necessità dell’enunciato poetico di fronte al flusso massiccio degli enunciati “generalisti”, ossia di quella massa mobile, avvolgente, di enunciati che ribadiscono le esigenze di adeguamento di buona parte della specie umana alle esigenze del mercato e della produzione di merci.

Abbiamo bisogno di andare dai testi alle poetiche e non l’inverso.
Certo, abbiamo bisogno di poetiche, di correnti, di profili generazionali, di aree tematiche, di parentele formali, ma abbiamo bisogno anche di evidenze elementari, su cui si basa il variamente articolato edificio della pratica poetica. Uno dei maggiori limiti dell’eccessiva attenzione attribuita alle poetiche è questo: una poetica, in sé, può giustificare i testi più disuguali sul piano dell’efficacia e della riuscita, laddove un testo riuscito ed efficace porta sempre in sé, almeno in forma implicita, la sua propria poetica.

* * *

Biagio Cepollaro
Dall’home page di Per una critica futura
www.cepollaro.it/poesiaitaliana/CRITICA/critica.htm

Anticipo qui , nel Numero 2, oltre ad un frammento dell’introduzione, alcune letture, facenti parte di un nutrito gruppo che uscirà in e-book in aprile 2007 per Poesia italiana E-book . Sono letture che mostrano quanto ho provato ad indicare con Note per una Critica futura www.cepollaro.it/NotCriTe.pdf .

Ho provato qui a leggere come si compie un viaggio. Sapendo più o meno cosa ci si porta dietro – il bagaglio-, sapendo anche cosa del passato si è rifiutato perché superato.
Tempo fa, mi rendo conto, leggendo attendevo delle conferme a ciò che già sapevo, una griglia più o meno definita del gusto, forse anche una serie di automatismi di consenso o di dissenso, di riflessi, di identificazioni, oggi leggo e, se mi va bene, riconosco in un testo ciò che non sapevo ancora di sapere: l’ulteriore, l’imprevisto, la prospettiva insolita…La ricchezza di questo movimento paradossale, che la poesia quando è buona stimola, sta in quest’emergere di esperienze non in luce ma fin qui latenti, la ricchezza della latenza.

Le parole che raccontano l’esperienza della lettura della poesia (le parole della critica) sono inevitabilmente parole delicate. Si muovono su di un terreno in gran parte improprio, residuale, non fondante..
L’aver spostato con Note per una Critica futura l’asse dalla poetiche all’esperienza della lettura, mi ha insegnato uno stile di questo racconto che non ammette riassunzioni né semplificazioni.
Se ci si concentrasse sull’atto di lettura, sullo spessore esperienziale di esso (non poetico-normativo, non sociologico, non di fruizione o ricezione) si aprirebbe un campo di ricerca dove l’importanza delle supposte intenzioni – dell’autore- e delle proposte interpretazioni -del critico- si armonizzerebbero ai risultati, agli effetti, della lettura concreta del testo, a ciò che davvero ci è accaduto, è accaduto proprio a noi, leggendo…

Risultati sempre provvisori ma anche sempre prossimi alla cosa-esperienza di cui si parla. Le isolate intenzioni, invece, facilmente s’irrigidiscono in ideologie o ipostasi: spesso schizzano via dando vita anche a polemiche, fino alla paradossale indifferenza per il testo da cui teoricamente si era partiti, o meglio, da quella poesia da cui si era partiti.
Non sempre la poesia è stata accompagnata da uno spirito simile, purtroppo non poche volte la fortuna di un testo o di un autore è stata condizionata e, talvolta compromessa, da posizioni teoriche aggiunte se non dall’autore, da altri, dai critici che, in buona fede, credevano di supportare con apparati concettuali, i testi. Ciò oggettivamente ha confuso le cose ma soprattutto ha negato l’esperienza della poesia, la finalità essenziale di partenza.
In questa fase del mio lavoro vorrei dare un contributo a preparare il terreno per campi di discorso che si lascino alle spalle le sterili polemiche e i vicoli ciechi dell’ormai concluso Novecento, la cui ricchezza creativa e teorica, peraltro, non cessa di affascinarmi e di stimolarmi ad andare avanti, appunto, oltre.
Ma occorre distinguere ciò che è morto da ciò che è vivo.
E qui di veramente vivo c’è la poesia, quella che concretamente si legge, quella che continua ad essere per tutti noi, la festa del suono e del senso, l’oggetto d’amore.

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andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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