Della materia di cui son fatti i sogni

I capolavori di McCay e la vita onirica del fumetto

nemo21.jpg

di Michele R. Serra

Winsor McCay
DREAM OF THE RAREBIT FIEND, Ulrich Merkl, pagg. 464, € 106
DREAM OF THE RAREBIT FIEND – SOGNO DI UN MANIACO DEI CROSTINI GALLESI, Free Books, pagg. 208, € 50

Ma è vero, che a mangiar pesante poi si fanno gli incubi?
Per molti, le conseguenze di una cena pantagruelica si riducono a un sonno pesante e del tutto privo di sogni, o almeno del loro ricordo cosciente. Zenas Winsor McCay era invece convinto che un piccolo, angoscioso delirio notturno fosse l’inevitabile contrappasso del godimento alimentare: al peccato di gola segue una punizione comminata in forma onirica, che provoca un soprassalto risveglio e un immediato quanto effimero pentimento da parte del reo.
Tale schema (un filo moralista, a dire il vero) costituisce l’intelaiatura narrativa comune a Dream of the rarebit fiend e Little Nemo in Slumberland, i capolavori di questo cartoonist nato nel 1871 fra i laghi del Michigan. Due fumetti che hanno mostrato all’America dei primi del Novecento – per la precisione fra il luglio 1904 e lo stesso mese del 1914, un decennio esatto di meraviglie – le incredibili potenzialità racchiuse nel medium, tramite tavole stupefacenti per organizzazione del layout, ricchezza immaginifica del disegno, ritmo, colore. Fiumi di inchiostro sono stati versati allo scopo di magnificare questi capolavori: Benoît Peeters, sceneggiatore e grande appassionato di arte sequenziale, è arrivato a dichiarare che McCay ha inventato il fumetto, punto.

Stupisce dunque, che solo negli ultimi anni edizioni degne delle sue opere abbiano fatto capolino fra gli scaffali, se si eccettua una notevole edizione Garzanti risalente al 1969, con corposa introduzione di Oreste Del Buono. Al di là dell’oceano, Little Nemo è stato recentemente glorificato con il gigantesco So many splendid sundays!, curato da Peter Maresca e pubblicato da Sunday Press.
Per quanto riguarda Dream of the rarebit fiend, invece, due volumi imprescindibili. Il primo è stato curato e stampato direttamente da Ulrich Merkl, intellettuale e storico dell’arte tedesco, e viene distribuito a partire dal mese corrente nelle librerie italiane dalla 001 Edizioni di Torino. Si tratta di un’edizione pazzesca: centinaia di tavole riprodotte nel formato originale, corredate di note approfondite; vari saggi brevi sull’opera, due dei quali scritti da Alfredo Castelli; un Dvd che contiene la raccolta integrale degli oltre ottocento episodi conosciuti, più alcuni rari frammenti di Gertie the Dinosaur, creatura animata nata nel 1914 dall’instancabile pennino di McCay. Da ordinare tramite internet, se non volete perdere tempo in caccia fra le librerie, all’indirizzo ordini@001edizioni.it oppure sul sito www.rarebit-fiend-book.com. Per chi ha problemi con l’inglese, è disponibile in italiano Dream of the rarebit fiend – Sogno di un maniaco di crostini gallesi della perugina Free Books, che contiene una selezione di quasi 200 tavole, ben più di un semplice assaggio in una confezione sontuosa. Su www.free-books.it.

nemo1.jpg (cliccateci sopra)

Non è facile parlare dei sogni. Materia oscura e sfuggente per definizione, proprio negli anni a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo si trovava al centro del dibattito scientifico, grazie alla pubblicazione dell’Interpretazione dei sogni di Sigmund Freud. Lo psichiatra francese Serge Tisseron, all’interno del volume Little Nemo – un secolo di sogni (Coconino Press), ha ricordato come McCay abbia fatto costante uso dei quattro processi che compongono il “lavoro onirico” descritto da Freud: nei suoi fumetti c’è lo spiazzamento; la drammatizzazione delle storie messe in scena; la trasformazione di idee astratte in simboli visivi; infine la condensazione, che riunisce in una stessa immagine più idee, ossessioni diverse. Tuttavia Freud sembra giocare – incredibile a dirsi – un ruolo secondario, rispetto alle molteplici influenze narrative e visive che ispirano i sogni disegnati da McCay: classici della letteratura per ragazzi come Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, Il mago di Oz, Peter Pan e Pinocchio, ma anche i romanzi e racconti di Stevenson e H.G. Wells, di cui Winsor sembrava particolarmente innamorato; visto il periodo storico, inevitabile citare anche il cinema di Georges Méliès, nei confronti del quale le influenze sembrano essere reciproche.

L’importanza capitale dell’opera di McCay – forse la luce più splendente dell’ipotetica Santa Trinità del fumetto statunitense, al fianco di George Herriman e Lyonel Feininger – è diventata sempre più evidente con il passare degli anni. Dopo Dream of the rarebit fiend, il tema del sogno (anche ad occhi aperti) è diventato luogo comune, dal Frank King vintage di Bobby make believe (1915) al moderno Bill Watterson di Calvin & Hobbes (1985). Estremo è invece l’esperimento condotto da cartoonist come Rick Veitch (Roarin’ Rick’s rare bit fiends) e Aleksandar Zograf (Ipnagogic review), che hanno tentato di fissare sulla carta i loro deliri notturni, disegnando quotidianamente piccoli diari onirici poi resi pubblici.
Dare sostanza all’inafferrabile rimane un traguardo irraggiungibile per l’uomo. Se mai ci riusciremo, dovremo ringraziare anche Winsor McCay e i suoi numerosi discepoli.

[precedentemente pubblicato su Linus, gennaio 2008]

Cliccate qui di fianco:winsor_mccay_indian_city.png

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9 Commenti

  1. Gianni, a me, cliccando sia sull’immagine che sul link finale, torna il post stesso senza alcuna modifica. How come?
    Comunque molto interessante per i fumettomani, e non solo. Quell’accenno ai trambusti di inizio Novecento è per me interessantissimo (tutta la vita e la prassi culturale – e quindi anche scientifica – europea fu sconvolta in quegli anni).

  2. …una volta tanto ma tanto tempo fa Oreste Del Buono scrisse su Linus un’articolo del genere su Little Nemo e il novecento…grande ODB peccato che nessuno lo ricordi mai…

  3. Questa tavola di Little Nemo vista da bambina su di un bellissimo libri di fumetti antichi, insieme alla giudiziosa ed un po’ oca Becassine, si impresse a tal punto nel mio inconscio, che ogni volta che spegnevo la luce, prima di addormentarmi, non potevo non immaginare e sperare che anche al mio lettino, assai simile a quello di Nemo, si allungassero le gambe e cominciassimo a “camminare” per la citta buia ed addormentata, evitando i tram e le, un tempo rare, macchine.

    ,\\’

  4. @Sdrmn:
    è vero, la cultura si è un po’ dimenticata di ODB, pure qui a Milano.
    Io son troppo giovane e non ho mai avuto occasione di conoscere personalmente lui, Gandini, Cavallone e tutti i ragazzi di Linus che se ne sono andati a breve distanza l’uno dall’altro, tre-quattro anni fa.
    Però, in qualche modo, per interposta persona o pagina scritta, me li ricordo. Credo di non essere l’unico. Spero.

  5. grazie per questo articolo: pur essendo un’amante del fumetto e del graphic novel di McCay, conoscevo solo la fama legata a Little Nemo. Penso che mi procurerò i testi originali che Michele qui suggerisce. E mi auguro che sempre di più il fumetto sia riconosciuto come arte.
    (Sui sogni – sono molto affini ai bambini e poco agli adulti (credo). Forse perché da bambino non cerchi a tutti i costi il traguardo. Nei sogni ci si perde, sono trasversali, una trama di rimandi ed intrecci senza soluzione. Mentre nella vita siamo abituati sempre a pensare in termini finalistici).

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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