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RADIOBAHIA: racconti per canzoni [005]

di Marco Ciriello

Popular Electronic 1955

RADIOBAHIA: suona

“Why not smile” dei R.E.M

5.
Il Sopravvissuto, artista della riproduzione, uscì a testa alta dal disastro raggiungendo la suite fra due ali di folla. Le sue mani da pianista non salutarono nessuno, i suoi occhietti miopi, che erano stati nel vago incidente, non videro altro che sfumature: gente che s’assomigliava, pensando: è la solita carogna. Le telecamere ripresero il suo viso glabro mentre sbadigliava. Annoiato dal tributo si lasciò ingoiare dall’ombra lunga delle cose, cadde nella cronaca giornaliera. La prosa delle disgrazie è sempre urlata. Provò a tapparsi le orecchie, poi si arrese e ascoltò l’assurdo nome del buio e la fredda influenza che aveva sul pubblico. «Riempirò la vita con l’aria dello scampato pericolo» annunciò. «Lo dice ogni volta», commentò la voce fuori campo.

Radiobahia suona ogni venerdi all’alba sul quotidiano IL MATTINO

[ R.E.M., “Why not smile”, track 10, UP, Warner Bros. Records, 26 ottobre 1998 ]

RADIOBAHIA: [ 001 ] [ 002 ] [ 003 ] [ 004 ]

[ immagine da: http://www.antiqueradio.org
©1995-2008 Philip I. Nelson, all rights reserved ]

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4 Commenti

  1. Udì Simkin ridere piano e di continuo tra sé e sé, tenendosi, probabilmente, una di quelle sue manine sul toracione grasso per frenare il tremito, con piccole rughe di gioconda ironia che gli giostravano intorno agli occhi cespugliosi e alle orecchie pelose. “L’emancipazione che porta alla follia. Libertà illimitata di scegliere e impersonare una varietà infinita di ruoli con una quantità immensa di energia rudimentale”.
    “Io non ho mai visto in nessun film un uomo versarsi il vino sull’uccello – ”
    disse Simkin.

  2. Aspettato inutilmente un commento che, svelandolo, svelasse a me un socio in un doppio entusiasmo: RADIOBAHIA, il primo, svelo io il secondo: il perenne HERZOG, di Saul Bellow, che, alla musica di Radiobahia, danza un capoverso della sua pagina duecentottantuno.

  3. Ciao Marco! Un saluto al nibbio dall’elleciccio di una “radio” che non c’è più…

  4. La prosa delle disgrazie è sempre urlata. Cambiando tono ci riuscirò, pensò. E allora forse qualcosa di me si percepirà, della mia esperienza di quello che ho vissuto e delle migliaia di persone insieme a me, di come sono sopravvissuto, poco fra i tanti. Pensò agli amici, a quelli che ci sono ancora. Sussurrò i loro nomi. Rimasero lì fra le sue labbra.
    g

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