Articolo precedente
Articolo successivo

Il ritorno della munnezza

Questo video che documenta il primo carico di rifiuti tal quale finito nell’inceneritore di Acerra, mi è stato segnalato da Maurizio Braucci. Il movimento campano Rifiuti Zero da appuntamento per il 25 e 26 marzo affinché la truffa non si consumi in silenzio. hj

Print Friendly, PDF & Email

4 Commenti

  1. Già troppe volte la nostra gente ha subìto la repressione feroce di chi pretende di usare le nostre vite per i suoi sporchi affari. Abbiamo resistito sempre, e le nostre sommosse sono state gli scoppi di rabbia che salgono dalla dignità schiacciata impossibile da far tacere. Abbiamo agito per vie legali, per vie democratiche, col dialogo e la richiesta, sperando che la legge imparziale fosse semplicemente applicata. Delusi dal vuoto in cui hanno ricacciato le nostre giuste richieste, siamo straripati nelle strade. E lì ad attenderci c’era solo la repressione organizzata del braccio armato dello Stato. Adesso è troppo. Dobbiamo dimostrare a chi verrà nelle nostre terre per conferirsi meriti e glorie guadagnati sul nostro sangue che siamo ancora vivi e sappiamo ancora cos’è la dignità. Dobbiamo urlare e urtare contro la forza che ha segnato il destino di morte della nostra terra, con una forza altrettanto implacabile e feroce. Dobbiamo scoprire dentro noi stessi l’inestinguibile volontà di vivere in un luogo salubre, prospero, felice, dove il futuro ha la forma che NOI gli daremo. Dobbiamo far capire allo Stato, all’Italia, alla gente comune e ai potenti che il nostro destino non può essere segnato con un tratto di penna sul piano gestione rifiuti. Dobbiamo portare all’attenzione di tutti che le discariche abusive e gli scarichi tossici della Montefibre hanno già avvelenato le fonti primarie dell’esistere, e che è venuto il momento di bonificare e pulire, di rendere vivibile e BELLO il nostro paese, degno del sorriso di un bambino. Dobbiamo rifiutare l’ennesimo atto di stupro della nostra terra e dei nostri corpi. Per tutto ciò, il 26 marzo lotteremo. Per riavere ciò di cui ci stanno rapinando. La nostra vita.

    CHI NON AMA LA PROPRIA TERRA È FIGLIO DI NESSUNO

  2. Salvatore,

    Il mio cuore è con te. Ho l’immagine del film Gomorra, le mele rosse portando il veleno dentro. Paesaggio sradicato.

  3. @salvatore
    “…dove il futuro ha la forma che NOI gli daremo…”.
    temo che già il presente abbia la forma che VOI gli avete dato.
    e anche il passato.

  4. Troppo umili o troppo arroganti, troppo servi o troppo autonomi, troppo VOI o troppo NOI.

    Critiche prive di costruttività come un terreno intossicato, da cui germina solo sottrazione.

    Quando il senso civico e di appartenenza è secco e morto la chiamata all’azione deve ridare un posto nel mondo troppo a lungo obliato. Essere di nuovo fautori della storia equivale a percepirla come cosa propria. E dà forza. Infine, si agisca o no, la storia travolge chiunque, anche chi dal basso della sua ignavia era troppo occupato a fare distinguo.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Di quale “cancel culture” si parla in Italia?

di Bruno Montesano e Jacopo Pallagrosi
Negli Stati Uniti, a un anno da Capitol Hill, si continua a parlare di guerra civile. Questa è la dimensione materiale della cosiddetta...

L’orso di Calarsi

di Claudio Conti
«Da una parte l’Impero ottomano, dall’altra la Valacchia. In mezzo il Danubio, nero e immenso». Lara è sul fianco e ruota la testa all’indietro, verso Adrian. Rimane così per un po’, con la reminiscenza del suo profilo a sfumare sul cuscino.

Amicizia, ricerca, trauma: leggere Elena Ferrante nel contesto globale

L'opera dell'autrice che ha messo al centro l'amicizia femminile è stata anche veicolo di amicizia tra le studiose. Tiziana de Rogatis, Stiliana Milkova e Kathrin Wehling-Giorgi, le curatrici del volume speciale Elena Ferrante in A Global Context ...

Dentro o fuori

di Daniele Muriano
Un uomo faticava a sollevarsi dal letto. Un amico gli suggerì di dimenticarsi la stanza, la finestra, anche il letto – tutti gli oggetti che si trovavano lì intorno.

Un selvaggio che sa diventare uomo

di Domenico Talia Mico, Leo e Dominic Arcàdi, la storia di tre uomini. Tre vite difficili. Una vicenda che intreccia...

Soglie/ Le gemelle della Valle dei Molini

di Antonella Bragagna La più felice di tutte le vite è una solitudine affollata (Voltaire) Isabella Salerno è una mia vicina di...
helena janeczek
helena janeczek
Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: