Il segreto

studiolo

di Marco Belpoliti

“Il segreto sta nel nucleo più interno del potere”, scrive Elias Canetti in Massa e potere. I detentori del potere cercano sempre di vedere a fondo, di scandagliare le intenzioni altrui, senza tuttavia mai lasciare intravedere le proprie. Il segreto è la fonte stessa del potere: c’è chi sa e chi invece ignora. Il potente cerca di conoscere i segreti degli altri, li persegue, li ascolta, li registra, li scheda. Questo è il “segreto offensivo”, contrapposto al “segreto difensivo”, che consiste nel semplice atto di non far conoscere i propri segreti agli altri. Il potente esercita entrambi, mentre gli uomini comuni hanno a disposizione solo quello difensivo o passivo.
Oggi nella società della comunicazione i segreti non sembrano esistere più: tutto è esposto, tutto è visibile, tutto è ascoltabile. Da Facebook a You Tube ogni cosa – sentimenti, antipatie, simpatie, amicizie, frequentazioni, immagini di sé e dei propri cari, viaggi, preferenze, passioni, trasgressioni – è messa continuamente in mostra in una società fondata sulla trasparenza. Non c’è privacy che non possa essere violata, dal conto bancario all’e-mail, dalla scheda sanitaria alla bolletta elettrica. Una società di guardoni e superguardoni, in cui noi tutti finiamo inevitabilmente per essere gli scrutatori degli altri, in cui tutti guardano tutti, e subito registrano. L’unica cosa che sembra far paura è l’anonimato: essere “qualcuno” è una necessità sociale primaria.
Il potere mediatico, informatico, economico, statale, spionistico è sempre alla caccia dei segreti dei singoli, trattati, di volta in volta, come “dati sensibili” della massa, oppure trascelti caso per caso secondo le necessità pratiche del potere medesimo. Nessuno sembra più poter custodire un segreto. Eppure il potere moderno cela gelosamente il proprio segreto: trae la propria legittimità solo da se stesso. Come mostra lo studiolo del Duca di Urbino, posto all’interno del palazzo dei Montefeltro, in un luogo appartato, lontano dallo sguardo dei sudditi, le forme del potere, i suoi strumenti non sono altro che oggetti raffigurati in trompe l’oeil, intarsi lignei su muri senza finestre, ovvero pura virtualità. Questo segreto, che potrebbe erodere la forza stessa del potere, non può essere urlato sopra i tetti, mentre oggetto quotidiano del suo esercizio sono invece i nostri minuti segreti.
Georg Simmel ha scritto che il segreto è una delle grandi conquiste dell’umanità, poiché “tramite il segreto si ottiene un infinito ampliamento della vita”. E questo, ovviamente, vale solo per i singoli. In bel libro dedicato al pudore, il filosofo Andrea Tagliapietra ha proposto come eroe del segreto di noi individui Bartleby lo scrivano, il personaggio del racconto di Melville, che risponde alle richieste a lui rivolte con la frase: “avrei preferenza di no” (come traduce Gianni Celati). Lui, impiegato che trascrive sentenze per un avvocato di New York, è il silente e umile profeta che si sottrae alla glasnost dei moderni apparati ispettivi e conoscitivi. Oltre al dovere di rispondere, Bartleby propone il diritto alla non risposta, il diritto al segreto dell’individuo singolo, inerme e indifeso – e non certo il diritto di non risposta del Potere, che di per sé non risponde ma solo interroga.
Di fronte a un sistema planetario dell’informazione, che vuole sapere sempre di più, ognuno di noi ha dunque il diritto al segreto, al proprio segreto, quello che il potere non tollera e vorrebbe invece estorcerci. Solo se l’individuo è segreto a se stesso, se resiste alle lusinghe della trasparenza – ideale utopico e insieme strumento del potere –, può infatti sperare di salvarsi da questa inesausta e terribile volontà di sapere.

[pubblicato su La Stampa il 03.09.2009]

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9 Commenti

  1. Questo ragionamento andava bene forse una cinquantina o cent’anni fa. Oggi il potere non si basa più sul segreto (sull’occutamento della sua natura di mera violenza fisica e sopraffazione, sulla menzogna ideologica), ma al contrario sulla palese, arrogante e cinica esposizione di se stesso. L’effetto di obbedienza prima ottenuto con l’inganno (e quindi con il segreto), viene oggi ottenuto mettendo in mostra minacciosamente l’immane potenza economico politica, di fronte alla quale i singoli si ritraggono giustamente spaventati.

  2. @e.h… eheheheheh °-° .. no,no.. l’ostentazione, come sempre, serve per coprire pecche maggiori, per occultarle, nasconderle, per renderle non conoscibili.

    click ^__^

  3. 2. *“Il segreto sta nel nucleo più interno del potere”, scrive Elias Canetti in Massa e potere.* e non posso non ricordare la maschera nella muta di cambiamento e lo sciamanesimo che della maschera fa un oggetto rituale e dei riti e del viaggio nel regno dei morti et cetera.
    1. scrive belpoliti di facebook e youtube e credo (per esperienza im-personale) che moltiplicare i propri punti di vista come tante epifanie del sé e agire diverse personae e fare ‘come se’ fossi uno schizofrenico digitale, potrebbe preservare il nucleo del segreto (?)
    0. ma se 1. sia una domanda o un’affermazione, resta un segreto e d’altra parte 2. se sia una riflessione su canetti o su belpoliti non so.
    -1. non avere segreti è un modo per nasconderli meglio e allora internet è come l’eroina nel senso che ‘fa sembrare’ tutto logico e chiaro e l’apparente iper-logo (dialogo esteso e globalizzato) in realtà è una trappola per topi e i pochi (prima militari) sanno ciò che noi (io) utilizziamo?
    -2. mi fermo perché mi sto diventando troppo chiaro.

  4. Il segreto di Pulcinella.

    Nell’universale comunicazione si sa tutto di tutti. I ricchi sanno dei poveri e questi di quelli. Il potere è nudo come l’impotenza. Dunque non è questione di scoprire, ma solo di cambiare.

  5. Questo pezzo è molto seducente se lo si confronta all’attualità politica, ma sovrappone ciò che nell’interesse pubblico non vi è motivo che sia conosciuto, che è riservato, con ciò che è nell’interesse pubblico conoscere, ma è celato cioé segreto.

    Il dato riservato, privato, è quello che molti divulgano sulle reti sociali nella misura che ritengono opportuno. Il dato segreto è quello afferente alla sfera del potere, legato al ricatto ed all’intimidazione.

    La rete è uno strumento di comunicazione, di scambio di idee. La società della comunicazione non è un mondo di guardoni e di esibizionisti. Il pericolo sono gli operatori (ad esempio gestori di social network, società di pubblicità) che possono creare accurati profili degli utenti e seguire le attività online di ciascuno, abbastanza indipendentemente dai dati divulgati da ciascuno.

    Al contrario, nel mondo del segreto si manifesta il potere della forza, che nega ai cittadini la verità sui loro governanti e minaccia chi si oppone con il peso di segreti veri o immaginari.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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