Danilo De Marco: LA COMUNE DI OAXACA
Testi di Carlos Montemayor e Erri De Luca
Felipe (rettore dell’università)
L’insurrezione popolare che, nell’anno 2006, visse per vari mesi lo stato di Oaxaca fu particolarmente sorprendente per la massiccia mobilitazione spontanea, per la repressione a livello statale e federale e per l’interesse che meritò da parte di organizzazioni internazionali di difesa dei diritti umani. Pochi movimenti di dissenso sociale sono stati così fulminanti come quello della nascita delle barricate popolari per le strade di Oaxaca. Il vigore del movimento si espresse in molteplici forme: politica, ludica, guerrigliera, organizzativa, senza distinzione generazionale. Ribellione paradossale di radici e libertà; cascata brillante di canto, pietre, incendi, marce, ballate e suoni. In quella lotta, nella sua forza e creatività collettiva, noi messicani abbiamo potuto essere più liberi, più reali, più fortunati. Pochi processi sociali hanno la capacità di essere un’anteprima delle controversie che si presenteranno nel futuro. In questi ritratti, Danilo De Marco riunisce alcuni volti della lotta di Oaxaca e della sua speranza.
Carlos Montemayor
(NB: tutto è cominciato con uno sciopero degli insegnanti)
Isabel (bambina delle barricate)
La differenza tra queste e le foto segnaletiche scattate ai detenuti sta negli occhi.
In queste guardano dritto in faccia, in quelle altre il prigioniero ha gli occhi prigionieri, nella messa a fuoco a vuoto delle bestie rinchiuse allo zoo. Gli occhi dei prigionieri guardano l’aldilà delle sbarre, staccati dal presente in cui sono finiti. Qui gli occhi stanno nella più dritta e schietta messa a fuoco. Sono occhi usciti allo scoperto, di chi si è esposto a viso aperto alle intemperie di natura e a quelle dell’ oppressione. Questi occhi hanno smesso di abbassarsi per umiliazione o a sollevarsi al cielo per aiuto. Sono gli occhi di chi l’aiuto ha deciso di darselo da solo. Eccoli dritti in faccia a chi li guarda,pupille scure senza ombra, nessun riparo tra loro e chi sta dirimpetto.
Vengo pure io da barricate, sbarramenti, linee che non cedono di un passo, si fanno sbaragliare ma non si spostano. Vedo in queste facce il prossimo mio senza me stesso. Amo la sua lotta che alza di un centimetro la schiena piegata dei miseri del mondo. Amo l’anziano che si batte con la stessa precisione con cui pianta un olivo: non per vederne i frutti ma per lasciare agli altri un’ombra e un esempio.
Erri De Luca
La lotta di un popolo per la dignità e per la libertà, in qualsiasi parte del mondo avvenga, in realtà arrichisce la vita di tutti gli uomini. Perché la dignità del passato non è quella del presente. La dignità umana e la libertà che conquistarono i nostri nonni o i padri dei nostri nonni, non assicurano la nostra libertà e la nostra dignità. Ogni generazione deve lottare per la sua propria libertà.
Carlos Montemayor
complimenti, Giacomo, bellissimo.
[…] …..prosegue su Nazione Indiana […]
Conosco bene Oaxaca, da trent’anni. Ci sono stato anche due mesi fa. Conosco i visi indios onesti e semplici che hanno visto e sopportato tutto. L’arroganza del potere priista, la violenza dei teppisti del potere. Il loro carattere indomito che sembra sempre lì che sta per cedere ed invece pronto a guardare negli occhi e a non arrendersi, anche semplicemente facendo figli a vent’anni. Loro resteranno nei secoli quei piccoli-grandi criminali vivranno solo una vita.