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La responsabilità dell’autore: Sebastiano Vassalli

[ricevo da Vassalli, a cui a nome di NI avevo chiesto se voleva rispondere al nostro questionario sulla responsabilità dell’autore, la lettera (cartacea) che segue; ne riporto il testo con il suo consenso]

Caro Sartori,

ho ricevuto le domande. Mi piacciono. Cioè: mi piace che qualcuno, nel 2010, torni a porle. Non credo di dover essere io a rispondere: sarebbe una faccenda troppo lunga. La mia generazione, in mezzo a domande simili a queste (a parte il web e dintorni), ci è cresciuta, e non tutte le cose che si dicevano allora (anni Sessanta) erano da buttare: bisognerebbe ripartire da lì. Un’impresa. Erano anni, quelli, di bassa marea. Poi è arrivata l’alta marea. È arrivato il brodo primordiale dei generi: il nero, il rosa, il giallo… C’è stato, negli anni Duemila, chi ha scoperto il genere epico. Di fronte a tanta modernità un quasi settantenne come me è muto. Perciò non rispondo, e non perché manchi la simpatia nei confronti vostri e di chi fa riviste. Noi le facevamo di carta; oggi si fanno come le fate voi. Se potrò esservi utile lo sarò volentieri; ma con queste domande no.

Un caro saluto

Sebastiano Vassalli

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21 Commenti

  1. “e non tutte le cose che si dicevano allora (anni Sessanta) erano da buttare: bisognerebbe ripartire da lì”

    caro Sebastiano Vassalli, sarebbe utile che ce le ripetesse, magari spiegandole con il suo inconfondibile stile, quelle cose di tanti anni fa.

    con rispetto

    (un novarese di adozione)

  2. Una delle migliori (la migliore?) “intervista”, se si tiene presente il dato “anagrafico-politico” dell’intervistato. La frattura tra gli anni ’60-’70 e i nostri è abissale, è uno spartiacque definitivo. Niente (politica, economia, finanza, capitalismo, cultura, “”sinistra””) è più come prima. L’unico elemento trasversale è la resistenza. Ma allora era sfociata in ribellione collettiva, oggi sopravvive in nicchie di pochi, e anche un po’ confusi.

  3. un attimo. questa la migliore intervista?

    non fatemi ridere.

    a parte che si tratta di una lettera di vassalli, in risposta.

    poi, che cosa ci racconta? che non ha voglia di rispondere alle domande.

    è una risposta “griffata”, d’accordo. ed è giusto che sia stata pubblicata, proprio perchè viene da sebastiano vassalli.

    ma dire che questa è la migliore intervista è come prendere per i fondelli le decine di scrittori che finora hanno risposto con un (credo) maggiore impegno.

  4. E’ con le risposte che doveva esserci utile.. non con “queste domande”..

    .. va bè passiamo oltre..

  5. E’ un po’ di tempo che comincio a trovare ormai estenuato e anche comodo il richiamo agli anni 60-70 come i migliori e gli unici e che i protagonisti di quegli anni avendoli anche solo vissuti siano poi esonerati da pensare o riflettere come senza un evidente colpo di stato e una deportazione in massa di questi stessi fautori della meravigliosa libertà e delle conquiste di civiltà e modernità siamo la società economice e politica e civile che siamo. sta a noi ripartire da lì? Forse sarebbe lavoro di tutti compreso chi ha anche lavorato bene allora ma qualcosa di quegli anni (e di cose oggettive oltre alcune evidenti conquiste di legalità e modernità ma non sufficienti) ha permesso il presente e in parte creato il presente. A me quegli anni che sempre vengono ricordati sembrano sì ricchi ma molto imperfetti e ci trovo una sorta di arroganza nel ricordare che se ne faceva parte. E’ stato lavoro o fortuna di appartenere ad anni violenti e anche tristi e di cambio di modalità di trasmissione del potere ma pieni di slancio e gioventù anche bella e di idelai? Cosa hanno davvero consolidato o guadagnato o lasciato invece in eredità? Non siamo solo noi nati dopo privi di generosità e sangue.

  6. eh, ma una roba del genere:
    “Erano anni, quelli, di bassa marea. Poi è arrivata l’alta marea. È arrivato il brodo primordiale dei generi: il nero, il rosa, il giallo… C’è stato, negli anni Duemila, chi ha scoperto il genere epico. Di fronte a tanta modernità un quasi settantenne come me è muto”
    merita ammirazione.

    e-

  7. be’, se non si capisce che le non-risposte di vassalli sono risposte storico-politiche (e anche condite con apprezzabile ironia, oltre che con una certa tristezza), non so che dire
    ps.: non si può parlare di tutto magari con toni da maestrini, a prescindere dai contesti, così lontani e diversi come le lune di giove sono da alfa centauri. i maestri di allora oggi non possono (e non: non vogliono) dire alcunché di magistrale (se non continuare a scrivere) perché quel (loro) presente non è più questo. non so cosa sia meglio, mi limito a constatare

  8. inaccettabile che il loro presente non sia più questo: per la semplice ragione che anche loro vivono e lavorano in questo presente e tirarsene fuori a me appare un atto poco comprensibile.

    sono d’accordo con lucia cossu, e aggiungo che quell’epoca di grandi ideali è stata fin troppo idealizzata, insomma allora c’è stata una smisurata campagna di autopromozione. sappiamo com’è finita.

    dobbiamo anche a questi “idealisti” – di buona e cattiva fede se ci troviamo nel pantano. i nostri fratelli maggiori (io sono nato nel 1960) ci hanno dato in eredità i filamenti sporchi dei loro bei discorsi. a volte davvero belli (senza ironia).

    un pezzo di quel periodo l’ho vissuto anch’io, ero molto molto giovane ma si respirava un’aria di piombo. e le città chiudevano la sera, come in un coprifuoco.

    non rispondere alle domande è lecitissimo, capisco bene trovarvi delle giustificazioni. vassalli non aveva voglia di rispondere, tutto qui.

  9. @robugliani
    ‘magari con toni da maestrini,’
    credo ti riferissi a me, e lo dico con rammarico che da qualche anno ho o quel tono o una foga o chi dice si legga altro, ma per motivi privatissimi e che nulla hanno a che vedere con il pensiero e spero sempre si cerchi di leggere il mio pensiero e si sorvoli sul tono (ripeto spesso non dipendente dal mio stato in quel momento ma da pura meccanica alterata)

  10. lucia, a costo di deluderti ma no, non ce l’avevo con te nel modo più assoluto
    pensavo ai maestrini di oggi tenitori di blog spesso chiusi, dove puoi solo leggere i maestrini, per l’appunto
    prima c’erano i maestri malgré eux e, anche, i cattivi maestri, media docent, oggi le dimensioni si sono rimpicciolite, quelle giuste per entrare nel virtuale

  11. @lucia cossu

    Condivido Lucia,c’ero anch’io in quegli anni tanto oggetto di nostalgia,forse solo perchè si era più giovani.
    Per il resto è la solita storia,vecchia come il mondo,dei laudatores temporis acti.
    Si rinnova ad ogni generazione e si tende sempre a ricordare le cose positive e dimenticare quelle negative.
    Non so se sia il caso di Vassalli,ma certamente di molti altri,che magari nemmeno c’erano.
    Robugliani dice che tutto (oggi) non è più come prima (meglio dire anni ’60 più che ’70),e ci mancherebbe! Son passati cinquant’anni!
    Il mondo è cambiato e tante cose possibili allora non lo sono ora.
    Vedi cosa comporta oggi la globalizzazione,allora assente,per dirne una.

    Per Robugliani , mi par di capire,oggi è peggio di allora,ma la storia non procede mai in linea retta,ci son flussi e riflussi temporanei,e non si può oggi trarre una conclusione storica di questi anni come si può far per quegli anni.
    Se si facesse,molta parte degli anni ’70,giudicati allora,in tempo reale, sarebbero anni dei morti ammazzati dai vari terrorismi,delle copertine di Der Spiegel e di una crisi economica altrettanto seria.

    La grande spinta mondiale del’68,in Italia ha riguardato più il costume che politica (che è rimasta tale e quale a prima) e se quegli anni si ricordano con nostalgia è perchè i vantaggi della modernizzazione erano di gran lunga maggiori degli scarti,dei costi che comportava,cosa oggi rovesciata.
    C’è stato in quegl’anni un perfetto equilibrio tra i vantaggi di un nuovo mondo e quelli del vecchio,mai più verificatosi.

  12. @ johnny doe,
    più che la differenza data dai flussi e riflussi, vedrei la differenza in termini di scarto o frattura irreversibili. Neanch’io concepisco la storia come successione lineare di un continuum, piuttosto la vedo come movimento a spirale, ma il fatto che tutto oggi non sia più come prima lo intendo a livello di trasformazione epocale che impedisce qualsiasi paragone. Per dirne una, allora il mondo era bipolare, e tutto, specialmente in Italia – data la sua eccezionale importanza geostrategica -, ruotava attorno a quelle coordinate politiche. Dopo l’89-’91, il mondo è divenuto monopolare, e ciò ha comportato un radicale cambiamento di strategie geopolitiche, con diversi e nuovi aspetti di asservimento e dominazione. Ma il monopolarismo oggi sta scricchiolando, e l’emergenza di nuovi paesi a vocazione dominante comporta nuove e differenti strategie politiche a livello globale. E, di conseguenza, anche nuove analisi della realtà, che poco a che vedere hanno con quelle degli anni 60 e 70 (tra i due decenni io vedo più corrispondenze che differenze, queste vennero sul finire dei 70 e soprattutto negli 80). Anche per questo, non mi pare un caso che Vassalli abbia concluso il suo intervento ponendo la pregiudiziale “anagrafica”, che io leggo come pregiudiziale in realtà storico-politica.

  13. Io la storia la intendo ,più che a spirale,a linea spezzata,con anche bruschi movimenti all’indietro per certi temi,come è già successo,ma è solo un dettaglio.
    Il continuum è l’illusione illuminista di un costante progresso senza fine delle cose umane,previsione smentita in mille occasioni.
    Nel corso della storia si son verificate sempre trasformazioni epocali,e sotto un certo aspetto,guai se non fosse così,è insito nel divenire storico.
    Meglio o peggio,è altro discorso e sempre difficile da stabilire finchè tutto non è storicizzato.
    Mi viene in mente la solita mutazione antropologica pasoliniana,
    E’ anche vero che non si posson fare paragoni,come dice lei,oggi la situazione è molto diversa,senza paragone appunto,da quegli anni.

    Detto questo,non so che intendesse Vassalli,forse quel che dice lei,forse non gliene frega nulla di sto discorso,forse digerisce male,forse stava meglio allora…non saprei se non si degna di rispondere,e sono anche un po’ stanco di interpretare varie sibille.
    saluti

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giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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