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VISIONI in TRALICE [III] … e abito sempre nel mio sogno…

.

da Fanny e Alexander INGMAR BERGMAN [ 1982 ]

di Orsola Puecher

 
In realtà io vivo continuamente nella mia infanzia: giro negli appartamenti nella penombra, passeggio per le vie silenziose di Uppsala, e mi fermo davanti alla Sommarhuset ad ascoltare l’enorme betulla a due tronchi, mi sposto con la velocità a secondi, e abito sempre nel mio sogno: di tanto in tanto, faccio una piccola visita alla realtà.

I. BERGMAN Lanterna magica Garzanti [ 2008 ]

 

    
    


 

lavanda
spezie
frutti
grasso
fumo
di legna
muffa
di cantina

 
pianoforte
scordato
campane
treno
Ogni cosa nota e intatta nel suo quieto declino. Casa. Odore che tutto il tempo ha respirato [ lavanda e stoffe stirate negli armadi – in cucina frutti – spezie e grasso – fumo di legna e muffa di cantina – suoni e rumori di buio e luce – il pianoforte scordato – le campane – il treno nella notte che non ci si ricorda di sentire di giorno e le stanze ferme nel dimesso disuso ] e un cappello di paglia appeso di traverso sul pomolo di un letto. Fiori seccati che nessuno ha mai più tolto da un vaso, sul cristallo un anello verdastro di calcare.

 

Credo di sentire l’eco di una musica, di una parola. Di vedere una bambina che corre. E’ solo uno specchio. E’ solo la solitudine. Il vento. Sono i topi in soffitta con i loro passetti rapidi. I tonfi. Sagome di oggetti nella penombra, che allo scatto dell’interruttore della luce, si rivelano per quel che sono: [ nihil ] nulla. Nulla. Non c’è nessuno. Solo porte che fuggono le prospettive in un fiato di cantina. Mobili e mobili immobili e quadri bui, giornali ingialliti di titoli remoti, di cose lontane e dimenticate, poltrone coperte di teli e bauli di vecchi stracci, una racchetta in un angolo, un volano con le piume scarduffate e rade. Un retino per le farfalle. Le tende ingrigite. I passi lasciano impronte sul pavimento. Il viso s’inciampa nei fili delle ragnatele [ oh – casa – regno di ragni laboriosi – dei tarli che con un ronzio fino scavano nel legno una città segreta di gallerie – instancabili ].

Nessuno. Niente. Solo i piccoli avvenimenti comuni che paiono insostenibili e sono invece le cose che capitano a tutti. Nessuno ne è salvo. Nessuno e nulla [ nihil ]. Nascita, crescita, morte. Le cose di tutti i vivipari. I viventi. Uguali alla zecca che si gonfia di sangue sul collo del cane. Alla foglia che marcisce nell’acqua ferma di uno stagno.


 
nihil

 
 

 
 
ni hilum

 
 
[ non un filo – solo aghi ]

 
_____________ ,\\’ _____________

 

VISIONI in TRALICE

 
VISIONI in TRALICE I can’t hide you the rock cried out
VISIONI in TRALICE [II] But doth suffer a sea-change…
VISIONI in TRALICE [III] … e abito sempre nel mio sogno…
VISIONI in TRALICE [IV] Cum dederit dilectis suis somnum

 
 
 

4 Commenti

  1. Lanterna magica su un fiume, quando a notte, senti lo sfiorare dell’infanzia.
    Faccio parte dei fortunati che vivono in infanzia, non l’ho mai abbandonata: con la sua meraviglia, le sue paure, la sensibilità del corpo di fronte al mondo, senza distanza- tutto entra nella pelle come di prima- il sole scivola sotto la palpebre come alla nascita.

    Tanti odori ti facciano scorta: un mondo di colori, di profumi, di brusio.Mi è accaduto di attraversare qualche giorno fa la strada della mia infanzia e ho tutto ritrovato dopo anni: avevo tutto chiuso in me, e ho ritrovato la città, il cipresso della mia infanzia, l’aria profumato, la breccia verso il mare, tutta questa bellezza era in me, dalla margina, è venuta qui, l’infanzia solare.
    Per dire che ho letto il testo di Orsola come l’orologio contrario di quello che ho vissuto: la bambina l’ho vista, ho camminato nei suoi passi, ma è vero, la solitudine erà li, non erano le sorrelle, i genitori: ero sola con il mio fantasma di bambina. Nel vento che si intrufolava, le parole erano partite, erano solo nella memoria.Non ho voluto passare davanti alla scuola e alla casa d’infanzia, perché credo avrei pianto…

  2. già che ci siamo:

    Ugiadina(di Giancarlo Consonni)

    Me piàss vedett parlà
    de là d’una vedrina
    induvinà i paròj
    i mòss prima de faj
    e specià n’ugiadina
    cum’al teater
    fra i bagàj
    che sòn gemò la storia

    (Occhiatina

    mi piace vederti parlare
    di là da una vetrina
    indovinare le parole
    i gesti prima di farli,
    e aspettare un’occhiatina come a teatro
    fra i bambini
    che sanno già la storia)

    http://penguincape.org/downloads/smo/Selah%20Sue%20-%20Selah%20Sue%20(2011)/03%20-%20Selah%20Sue%20-%20Raggamuffin.mp3

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,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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