Cometa Del Giudice

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Daniele Del Giudice, I Racconti, Einaudi Editore, marzo 2016

di Francesca Fiorletta

come cometa non sono niente, se non i nomi e le motivazioni che mi danno al passaggio, non ho volontà, non ho spiegazioni, non ho alcun fine, non ho memoria, ogni volta è una novità, come cometa, mentre mi osservano, me ne sto andando…

Sono esattamente come comete I Racconti di Daniele Del Giudice, raccolti e pubblicati da Einaudi questa primavera, con la prefazione di Tiziano Scarpa.
Come comete conservano e innalzano la forza dirompente dell’immaginazione, trascinano chi sta a guardare in un universo parallelo fatto di gioco e magia, fatto di luci e soprattutto ombre, di apparizioni e soprattutto fughe, di molteplici assenze e, evidentemente, di altrettante presenze umane, ingombranti, corporali.
Corpi provati da disagi mentali o fisici, come il protagonista quasi cieco del primo racconto, Nel museo di Reims, il cui occhio insiste e persevera in una personale e spasmodica ricerca, di colore, di soggetto, sostanzialmente di un senso, un senso ultimo alla vita, forse, trasposto per ironia della sorte in un quadro celeberrimo, La morte di Marat, che prima di essere un rivoluzionario era un medico molto impegnato proprio nella cura dei disturbi della vista.
Corpi per contrasto invece dotati di abilità particolari, molto sviluppate, come l’uomo che incontriamo nel secondo racconto, L’orecchio assoluto, ma che disgraziatamente, perfetto capro espiatorio (involontario?) di un destino che non rispecchia mai ciò che davvero desideriamo, non farà certo una bella fine.
E ancora, corpo che si prova a far tornare dall’aldilà, “solo” per la pruriginosa curiosità di vedere «Com’è adesso!», ma anche corpo liquido, che si cela dietro un nick name, come in Evil Live, in cui dei misteriosi narratori senza volto paiono comporre a più voci la partitura di un combattimento, probabilmente letale, sicuramente – ancora una volta! – molto carnale, materico, più che intimo.

In qualche altro luogo della Terra un’altra persona rastrema come ogni giorno il gruppo di discussione della propria ossessione, mediamente a quell’ora spazza il mare come un incrociatore, spazza e sorveglia lo specchio d’acqua delle manie condivise, ritaglia dal mare grande dell’alternativo e dell’abuso, gorgogliante chissà dove nella Rete, ciò che aspetta e desidera.

È così che Del Giudice descrive il mondo del web, è così che rimedita la virtualità sulla pelle dei suoi personaggi, evanescenti eppure brutalmente comuni, sostanzialmente in cerca di un proprio spazio nel mondo, e soprattutto nel tempo.
Ecco un altro dei temi fondamentali, un fil rouge che percorre e anima l’intera raccolta. La memoria, la storia, il passato. Mai però, espressamente, il futuro.

Così non esisteva profondità e nemmeno superficie, né prima né dopo, o meglio erano la stessa cosa, coesistendo perfettamente nella loro storia.

Questo passaggio del Naufragio con quadro spiega anche bene l’importanza che l’arte figurativa e più in generale le immagini tutte rivestono nella scrittura lucente e meditabonda di Del Giudice, che passa con disinvoltura dall’immedesimarsi in un esploratore perso nell’Antartide (Ritornare al Sud), all’analizzare minuziosamente e quasi con spirito maniacale i tratti somatici che assume il nostro volto nelle diverse occasioni che la vita ci pone davanti («Fitness» delle emozioni nel ritratto).
Sembrerebbe appunto senza tempo lo sguardo vivido di Del Giudice, che attraversa galassie e continenti, si sofferma come farfalla sulle epoche più antiche e subito ronza come moscone sulla sfacciata ultra modernità.
Sembrerebbe, perché la sua scrittura non è mai veramente assertiva: ogni racconto, del resto, si conclude senza una vera fine, ribaltando senza posa le convinzioni che l’avevano tenuto in piedi – pure così bene! – fino a qualche riga più su.
È perciò una ricerca, la sua, inesausta e inesauribile. Di cosa? Ce lo dice bene Tiziano Scarpa:

la cosa indicibile, imprendibile, ineffabile: la più strana di tutte, la più inspiegabile, quella che illumina tutte le altre senza poter essere mai vista: la cosa gratuita, indisponibile, irreparabile: il tempo.

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3 Commenti

  1. Ciao Riccardo, sì esatto, alcuni racconti sono già stati pubblicati, in Mania (97), Nel museo di Reims (88-2010), e Mercanti del Tempo (2010); altri 5 sono inediti, o comunque non pubblicati in volume.

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