La primavera tarda ad arrivare

  di Gianni Biondillo

Flavio Santi, La primavera tarda ad arrivare, Mondadori, 2016, 306 pagine

Ora che anche un ottimo poeta come Flavio Santi s’è messo a scrivere gialli, le certezze granitiche di una certa critica paludata che ragiona a compartimenti stagni inizieranno a vacillare. Io, ovviamente, non ci trovo nulla di strano che un poeta scriva un romanzo, per lo più “di genere”. Se esiste una peculiarità del “giallo” italiano sta nell’attenzione allo scenario dove muovere i personaggi piuttosto che alla macchina inesorabile della trama. Un’indagine, da noi, è soprattutto una scusa per raccontare un territorio. Santi lo ha fatto con le sue poesie dialettali e, in continuità, lo fa ora con La primavera tarda ad arrivare.

Protagonista del primo capitolo di quella che si prefigura già come una serie, è Drago Furlan. Poliziotto bonario, dall’indole contadina, che passa più tempo in osteria a chiacchierare con gli amici che in commissariato; quarantenne bamboccione, eterno fidanzato che vive ancora con la madre; tifoso accanito dell’Udinese e goloso seriale di frico e polenta. Drago non è esattamente il ritratto del ruvido sbirro contemporaneo. Per lui già andare a Udine è come perdersi in una metropoli. Un ispettore (neppure commissario) che non vede un morto da almeno vent’anni, passati in gran parte a coltivare pomodori. Fino ad oggi, fino al ritrovamento fortuito del cadavere di un anziano, freddato con un colpo di pistola in mezzo alla fronte.

Santi racconta l’indagine, e di conseguenza il Friuli, con una scrittura lieve, scanzonata, a tratti pop. Eppure mai superficiale. In realtà, sotto pelle, non ostante l’apparente leggerezza, tutto il libro appare come un accorato canto d’amore e di nostalgia. Furlan magia e beve di continuo come a stimolarci gusto e olfatto, sensi primari che ricollegano al territorio, ai suoi prodotti, alla sua storia millenaria. È come se Santi volesse farci tornare ad un Friuli che forse non esiste più. E che forse per questo continua ad esistere, nelle sue parole.

(precedentemente pubblicato su Cooperazione numero 9 del 1 marzo 2016)

p.s. questa recensione è dello scorso anno, nel frattempo è uscito un secondo volume dell’Ispettore Furlan: L’estate non perdona.

2 Commenti

  1. E’vero abbiamo idee preconcette sulla letteratura.
    Un poeta è nato poeta e rimane poeta.
    In parte è vero: la poesia nasce dall’infanzia, diventa terra di predilezione.
    Terra e poesia inseparabili dalla lingua.
    Il giallo anche parla da un territorio, lucido e disparato.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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