Tre poesie di Rudian Zekthi

(traduzione di Julian Zhara)

Mangiare le uova

Ho scoperto che posso mangiare le uova.
Come cervello di pioppo mi trascino sul muro mentre
Il dorso delle farfalle attorno alla luce, cerca di toccarmi con la lingua.
Si trascinano su questo bordo, sotto l’arsura del sole
Le persone e il loro sudore. La notte. Cerchi di mercurio
Siccome illuminano l’inferno significa che l’inferno esiste. Il cuore
Si posiziona in modo che se lo osservi orizzontalmente
Sotto l’unghia, si differenzia il cuore dal petrolio quanto la barba.
Dall’uovo sgorga grasso uguale alle falene da ingrasso
Il mare si ingrossa per merito loro.
Appena l’uovo si è spaccato, la stanza si è abbellita bisogna
Mangiare fuori. Ma la stanza non si mangia,
Dentro c’è un campo di grano
E i cerchi di mercurio che si alzano, abbassano, dal rumore
In verità solo dentro. Come seconda cosa vediamo nuvole scoperte
È più chiara la metà che la parte intera. Ho scoperto che la stanza
Non si mangia ma cresce ritmicamente in punti diversi
Dell’uovo. La notte. Notte come buco di petrolio sul camino della terra.
Nella forma di mezzo uovo ogni dito dell’uomo
Circondato dalla finestra dentale della barba. L’uovo
Come una freccia, fissa il mio cervello dove ingiallisce.
In questo cielo meccanicizzato dagli spiriti
Escluso il singhiozzo degli esseri a me simili.

 

 

Ngrënia e vezëve

Zbulova që mund të ha vezë.
Si tru plepash zvarritem në mure duke më prekur
Mua me gjuhë pllaja e fluturave përreth dritës.
Zvarriten në këtë pllajë nën zhuritjen e diellit
Njerëzit dhe djersa e tyre. Natën. Rrathë merkuri meqë
E ndriçojnë ferrin do të thotë se ka ferr. Zemra
Vendoset në atë pozicion që duke e parë horizontalisht
Poshtë thoit ta shquash zemrën si naftë sa mjekra.
Nga veza rrjedh yndyrë e barabartë me majmërinë
E fluturave të natës deti trashet prej tyre.
Sa u ça veza dhoma u zbukurua dhe jashtë
Saj duhet ngrënë. Por dhoma nuk hahet
Një arë me luledielli ka brenda saj
Dhe rrathë merkuri që ulen ngrihen përgjatë zhurmës
Së faktit brenda. Për së dyti shohim re të pambuluara
Nga qartësia më e madhe e gjysmës se e së tërës. Zbulova që Dhoma
Nuk hahet por po rritet ritmikisht në pika të ndryshme
Të vezës. Natën. Nata vrimë nafte në oxhakun e dheut.
Në formë gjysmëveze çdo gisht i njeriut
Rrethuar nga dritarja dhëmbore e mjekrës. Veza
Si shigjetë e ngul trurin tim aty ku zverdhet.
Nën këtë qiell të mekanizuar nga shpirtrat
Veç nga rrënqethja e qenieve të ngjashme me mua

 

 

 

Orizzontalmente

Mentre mi toglievo le mutande ho visto
Negli abeti azzurri strati grandi di
Gemiti. Gli asini saltavano come molle
Perché non puoi guardare
Asini saltare come molle e non venirti
In mente che la rivoltella si poteva
Inventare quando volevi
Dal principio. Gemiti freddi
Come ferri che tocchi in ritardo
Contro-risposta del sole alle nuvole
Dove un po’ prima c’era la polvere.

 

 

Horizontalisht

Duke hequr brekët pashë
Në bredhat e kaltër shtresa të gjera
Gjëmimesh. Gomerët hidheshin si susta
Sepse nuk mund të shohësh
Gomerë që hidhen si susta e t’mos të shkojë
Ndërmend që revolen mund ta kishe
Shpikur kur të doje
Nga e para. Gjëmime të ftohta
Si hekura që i prek me vonesë
Kundërpërgjigje ndaj reve
Ku pak më parë s’kishte pluhur.

 

 

 

La sparizione della contentezza

Era passata un’ora che vivevo lontano dai miei vestiti
Quando hanno iniziato a perdere sangue. Uno strappo
Di questo tipo, per sentirsi disprezzati
Non lo puoi affrontare –
Questa possibilità di mischiare il sangue con l’olio scivoloso.
Sulle mie ossa la primavera si sentiva vuota
Fin quando sono cadute le foglie così presto
Sono finiti i vestiti da togliere ma la carne
L’ho data in pegno all’omicidio da una canzone
Con una superficie intoccabile. Ora solo il mio sangue
È visibile invece percepisco un disprezzo
Non affrontabile nel finire della canzone.

 

 

Zhdukja e kënaqësisë

Kisha një orë që jetoja larg rrobave të mia
Kur nga ato filloi të rridhte gjak. Një grishje
Të tillë për ta ndjerë veten të përbuzur
Nuk mund ta përballosh –
Këtë mundësi të përzierjes së gjakut me vajin e rrëshqitshëm.
Në kockat e mia pranvera e ndjente veten bosh
Gjerkur kaq shpejt ranë gjethet
U mbaruan rrobat e zhveshura kurse mishin
Ia dhashë hua vrasjes nga një këngë
Me sipërfaqe të paprekshme. Tani i dukshëm
Është vetëm gjaku im teksa ndjej një përbuzje
Të papërballueshme për mbarimin e këngës.

 

*

 

Rudian Zekthi (1970) è stato degli autori di punta e dei più grandi innovatori della Nuova Poesia Albanese postcomunista, assieme a Ervin Hatibi, Agron Tufa e Virion Graçi. Molto attivo a inizio anni Novanta, si distacca dalla creazione poetica per un decennio, dedicandosi agli studi letterari e filosofici. Ritorna nel 2011 con la raccolta di tutte le sue poesie “Panair” [Fiera]. Insegna Teoria della Letteratura e Filosofia dell’Arte all’Università di Elbasan.

 

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